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“Nel paese della bugia, la verità è una malattia”, si chiama omogenitorialità

Ora che sempre più persone ritengono che non ci siano prove scientifiche per considerare l'omosessualità come “malattia”, c'è chi sostiene che ad essere malati siano i figli nati sotto il tetto dell'omogenitorialità. Perché è ovvio, se i problemi riusciamo a chiuderli fuori dalla porta, questi rientrano, un po' modificati, dalla finestra.

Da oltreoceano arriva, infatti, lo studio di un docente di economia, Douglas W. Allen, il quale ha elaborato una comparazione su larga scala circa il rendimento scolastico di bambini figli di famiglie omogenitoriali e di famiglie tradizionali, raggruppate per somiglianza di reddito e di istruzione. Il luogo di indagine prescelto è stato il Canada, ritenuto in assoluto il paese americano più gay-friendly. I dati sosterrebbero che i figli di coppie gay avrebbero solo il 65% di probabilità di conseguire il diploma rispetto ai figli di famiglie eterosessuali.

Nonostante questa analisi sia stata duramente smentita da uno studio di Michael Rosenfeld il quale, effettuando la stessa ricerca nelle scuole degli Stati Uniti, non aveva riscontrato alcuna differenza di rendimento, ecco giungere l'eco di difesa italiano nei confronti del professor Allen.

Si tratta di Pietro Zocconali, presidente dell'ANS (Associazione Nazionale Sociologi), che spiega come dal punto di vista sociologico “Il bambino riconosce se stesso relazionandosi al maschile e al femminile di una madre e di un padre. In assenza di questa diversità sessuale il benessere del bambino è a rischio, come dimostra la maggioranza dei dati raccolti dalla letteratura psico-sociale e non da sofismi privi di riconoscimento scientifico”.

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