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Nazioni Unite, 120 stati a favore della moratoria sulle esecuzioni

Il 17 novembre una schiacciante maggioranza di stati membri delle Nazioni Unite ha approvato la proposta di risoluzione, sottoposta al Terzo comitato dell’Assemblea generale, per una moratoria sull’uso della pena di morte. Il testo è stato presentato da Messico e Svizzera a nome di una Task force interregionale di stati membri e sponsorizzato da 77 stati. Il voto finale, nella sessione plenaria, avrà luogo a metà dicembre.

Centoventi stati hanno votato a favore del testo, 39 hanno espresso voto contrario e 24 si sono astenuti.

Per la prima volta Gibuti, Libano e Corea del Sud hanno detto sì alla proposta di risoluzione. Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Eswatini, Guinea, Nauru, Filippine e Sierra Leone sono tornati a votare a favore, cosa che non avevano fatto nel 2018, così come lo Zimbabwe è tornato ad astenersi dopo che nel 2018 aveva votato contro.

Nove stati hanno fatto marcia indietro: Dominica, Libia e Pakistan hanno mutato il voto favorevole in contrario, Niger e Isole Salomone sono passati dal sì all’astensione, Antigua e Barbuda, Sud Sudan, Isole Tonga e Uganda dall’astensione al voto contrario.

Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Gabon, Palau, Somalia e Vanuatu, che nel 2018 avevano votato a favore, non hanno preso parte alla votazione.

Dal 2007, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato sette risoluzioni per l’istituzione di una moratoria sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena capitale, ottenendo un crescente sostegno interregionale.

Le risoluzioni dell’Assemblea generale godono di un notevole peso politico e morale e la continua approvazione di queste risoluzioni ha fatto diventare la pena di morte una priorità in tema di diritti umani per la comunità internazionale.

I voti a favore sono saliti da 104 nel 2007 a 121 nel 2018, coerentemente con la tendenza globale sull’uso della pena di morte. Il numero degli stati totalmente abolizionisti è cresciuto dal 90 nel 2007 a 106 nel 2020. Nel 2019 vi sono state esecuzioni in una minoranza di stati, 20 in tutto. Di questi, 13 possono essere definiti “esecutori costanti”, avendo eseguito condanne a morte negli ultimi cinque anni consecutivi.

Dall’ultima approvazione, nel 2018, di una risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni, progressi verso l’abolizione sono stati registrati in tutte le parti del mondo: il Ciad ha cancellato la pena di morte nel giugno 2020; negli Usa, New Hampshire e Colorado sono diventati rispettivamente il 21° e il 22° stato abolizionista e il governatore della California (lo stato col più grande braccio della morte) ha dichiarato una moratoria sulle esecuzioni.

Kazakistan, Federazione Russa, Tagikistan, Malaysia e Gambia hanno continuato a rispettare la moratoria sulle esecuzioni; Barbados ha rinunciato all’obbligatorietà della condanna a morte per il reato di omicidio; Angola e Stato di Palestina hanno presentato richiesta di accessione al Secondo protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici che ha per obiettivo l’abolizione della pena di morte, mentre Armenia e Kazakistan l’hanno sottoscritto.

 

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