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Napoli, suicida operaio di 50 anni. La notizia durante incontro della CISL

Tutti noi conosciamo l'articolo 1 della Costituzione che recita: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Tutti, quindi, riconosciamo il diritto al lavoro come qualcosa di fondamentale per la crescita e la valorizzazione della dignità umana; ma quando questo viene meno, ci siamo chiesti cosa scatta nel profondo e nell'orgoglio di una persona?

La risposta è nell'ennesimo caso di suicidio: un lavoratore si è tolto la vita, questa volta a Napoli.
Si tratta di Francesco Assante, 50 anni operaio originario del Vomero, trovato ieri sera senza vita poco dopo le 21:30 nella sua abitazione in via Ruoppolo, zona collinare del capoluogo campano.

A fare la scoperta suo fratello, che cercava di contattarlo già da qualche giorno e che si era quindi recato sul posto per accertarsi che non fosse successo qualcosa. L'uomo era stato licenziato più di un anno fa da un centro privato di Napoli di Fiosioterapia, per natura disciplinare e la Cisl, alla quale era iscritto, lo aveva assistito nella presentazione del ricorso contestando gli addebiti disciplinari.


L'evento ha scosso tutti: "Sono notizie che non dovrebbero mai arrivare", così interviene Lina Lucci, segretario regionale della Cisl Campania, spezzando con voce commossa l'incontro organizzato oggi a Napoli dal sindacato. Un invito alla riflessione e all'unità, senza strumentalizzazioni, aggiunge poi.

Alla riunione presente anche Raffaele Bonanni, segretario generale, che si unisce allo sconforto dichiarando: "Siamo dispiaciutissimi, attoniti, di fronte a un caso che in Italia purtroppo si ripete, di persone che gettano la spugna".

E sì, perché Francesco Assante non è il primo ad aver perso le speranze davanti alla sua condizione di disoccupato, ma ce ne sono tanti altri, un esempio tra tutti, Giuseppe Burgarella di Trapani. La notizia, apparsa sui giornali poco più di un mese fa, riportava la lista scritta dallo stesso Giuseppe, di tutti i deceduti per causa "lavoro-disoccupazione", in fondo a questa, appuntava il suo nome.

È quindi una condizione precaria, intesa anche mentalmente, quella di chi vive il disagio della disoccupazione con profondo dolore. Decidono di togliersi la vita, uscendo così dalla condizione che ha lo stesso sapore amaro di un enorme abbandono. E questo amaro resta a noi, che continuamo a sperare che questo caso sia l'ultimo, ricredendoci poi ogni volta che la lista si allunga.

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