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Napoli ancora emergenza rifiuti: ora che la mia Spazzy è tornata

Napoli ancora emergenza rifiuti: ora che la mia Spazzy è tornata

Mi mancava. Con i suoi nauseabondi mausolei. Con i suoi mille culure.
 
Qualcuno mi ha giurato stamane di aver visto una coppia di cinesi fotografare la Monnezza invece che il Maschio Angioino. Un oltraggio al pubblico pudore che in una foto racconterà una città.
 
Ehi nessuno tocchi la mia Spazzy! Vorrei tradurlo in 10, 100, 1000 lingue. Questa volta è tornata senza propaganda, senza Bertolaso, senza emergenza. A quanto pare oggi la Monnezza è in silenzio. Il diapason dello scandalo non vibra più.
 
La verità è che la mia Napoli vive in un’ inconcepibile e perenne sensazione di sporco, che un cittadino di Malta piuttosto che della Nuova Zelanda non potrebbe mai concepire. Una sensazione che supera l’efficienza o l’inefficienza della politica, quella dei termovalorizzatori, delle energie rinnovabili o della raccolta differenziata.
 
Immaginate un meccanico che si sporca ogni giorno le mani di grasso, tra marmitte, ganasce e motori, e che ogni sera torna a casa e già sa che è inutile lavarsi le mani per bene ed a fondo. Sa bene, chi decide di fare questo mestiere, che le unghie e gli spazi interdigitali resteranno neri per sempre. Ed il giorno dopo lo saranno ancora di più.
 
Che sia aria o che sia smog, che sia cioccolata o che sia merda non conta. Ed è così che un sacchetto o diecimila fuori questi maledetti contenitori nei miei posti non fanno più rumore. Giacciono tra il traffico nel caldo, tra il sudore dei passanti, tra le macchinone fotografiche dei turisti. Così come giacciono ancora nelle foto dei 3x6 pubblicitari del politico di turno, per indicare la cattiva amministrazione precedente.
 
E giacciono a Napoli come a Palermo. Tra le mafie e le ecomafie. Tra le discariche abusive, i traffici illegali, le terre dei fuochi e fatturati a nove zeri. Tra la diossina che viene spacciata più della coca, e che viene spacciata per ossigeno, tra indici di cancerogenicità che svettano in Europa ma anche nel Mondo.

Fino a qualche anno fa avevo un’amica singaporese che si chiamava Cheryl, e che ora ho perso di vista. Questa mia amica un giorno mi diede una notizia a dir poco assurda.
 
A quanto pare nella sua città è vietato masticare chewing-gum: la Repubblica di Singapore, uno degli stati più igienisti del mondo, presta un’ attenzione quasi ossessiva alla pulizia delle sue infrastrutture pubbliche, e già da un bel pò si è accanita contro le cicche lasciate sui marciapiedi e sulle maniglie delle portiere dei mezzi pubblici.
 
E sapete da quanto esiste questo divieto? Da quest’articolo del corriere ho appreso che esiste da ben 18 anni, dal 1992. L’importazione americana di chewing-gum all’epoca ammontava a circa 6 miliardi di lire: chi ne avrebbe importati in Singapore abusivamente, avrebbe rischiato una multa fino a 6100 dollari.

Ogni giorno mi chiedo quanti costi cambiare. Ma non tanto in termini di euro, parlo in termini di valori, di etica, di coscienza, di sensibilità al senso civico.
 
Mi fa male sapere che in un altro posto del mondo da 18 anni non masticano per non sporcare: chi vive a Napoli ha imparato a masticare un pò di tutto, anzi quasi si mastica per sopravvivere.

L’eterna monnezza è la metafora del nostro stato d’animo, è la voce stridula di una coscienza assopita da sempre. E’ un meccanico con le mani perennemente sporche, che a fine giornata ignora l’uso dello sgrassatore, e che domani si sveglierà senza ancora sapere che hanno inventato i guanti.

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