• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > Napoli Teatro Festival Italia: l’immortalità, in un modo o nell’altro

Napoli Teatro Festival Italia: l’immortalità, in un modo o nell’altro

L’angelo della casa + The Makropulos Case, Napoli Teatro Festival 2012

Qui viene raccontata la storia di due donne che vollero farsi immortali, una con la poesia e l’altra col canto. Una donna vestiva sempre di bianco, l’altra sempre di nero. Una aveva paura di vivere, l’altra di morire. Accomunate anche nel nome, queste due donne avranno un destino simile, forse. Anche se apparentemente così diversi, a partire dall’ambientazione (un orto botanico l’uno, un teatro classico l’altro), gli spettacoli L’angelo della casa di Giorgia Palombi/Antonella Cilento e The Makropulos Case di Bob Wilson/Karel Čapek presentano infatti molte affinità. In tutte e due troviamo protagonista una donna che, per scelta più o meno consapevole, ha deciso di vivere per sempre, in un modo o nell’altro, con tutte le (dolorose) conseguenze del caso.

 
Nel primo spettacolo, l’angelo della casa è la poetessa Emily Dickinson, donna bruttina dallo scrivere maschile, come a un certo punto viene definita (im)pietosamente da un critico. Donna di cera immobilizzata, e allo stesso tempo resa libera, dalla sua poesia. A che serve scrivere così tanto, se non si riesce nemmeno a uscire di casa, quelle porte sono così enormi da aprire, questa è una di quelle domande che probabilmente non avrà mai risposta. Infatti Emily passerà quasi tutta la sua vita segregata in casa, per tutti diventerà il Mito, ma che c’è di sbagliato in questo; le uniche sue aperture al mondo saranno lettere scritte in forma di versi, ma chi sarà disposto a leggerle? Molti saranno gli uomini che la ameranno, ma una cosa è amare, altro è vivere con. All’inizio dello spettacolo vediamo un’Emily giovane, quasi civettuola, che cerca di intromettersi incestuosamente tra il fratello e la cognata, gelosa; verso la fine quella che sentiamo, vediamo, è un Emily sempre più fragile, uno scricciolo, gli occhi perennemente lucidi, in un giardino (incantato?) sempre più privato, privatissimo, incapace ormai di qualsiasi contatto esterno. Eppure, commossa, si offrirà infine proprio allo spettatore, sconosciuto tra gli sconosciuti. Ma si può vivere di sola poesia, ci si può accontentare di una vertigine così personale? Un soldato nella guerra della creazione, è questo che dice di sé Emily, e una guerra porta sempre ferite. L’immortalità è la cura? Difficile rispondere, ma esaudiamo il desiderio di Emily, almeno: giudichiamola teneramente.
 
 
Tutt’altro tipo di donna è Emilia Marty, molteplice e misteriosa protagonista del caso Makropulos. Donna forte e volitiva, affascinante, amata da tutti, eppure anche lei ferita. Emilia ha cercato di allontanare da sé la morte e rendersi immortale attraverso il canto, ma non solo. Ha infatti bevuto una pozione magica da bambina, ed è giunta ormai all’incredibile età di 337 anni, a dispetto di qualsiasi legge logica e fisica. Svanito l’effetto, la vecchiaia ha cominciato a fare il suo corso, e così Emilia ha deciso di rientrare in possesso di quella formula magica. Intorno a lei tanti pallidi e stralunati personaggi che sembrano usciti da un carillon, quasi tutti compaiono abilmente dal sottosuolo: forse che siano già tutti morti? Il confine tra vita e morte è assai labile, questo si sa, e qui il confine è così visibile, e allo stesso tempo così sfuggente. Tutti ci rendiamo conto di quanto breve sia la vita, quando siamo prossimi alla fine, una consapevolezza di cui si rende partecipe anche Emilia alfine, quasi felice di poter porre fine a una complicata e, in un certo qual modo, menzognera esistenza: perché quando si vive così a lungo è l’anima, poi, a morire. Ma allora perché cercare così disperatamente di rientrare in possesso della formula dell’immortalità? È l’avvocato a chiederlo, dimostrando – come se ce ne fosse ancora bisogno – che oggigiorno sono gli avvocati ad aver preso il posto dei filosofi. Perché tutti hanno paura di morire, sentenzia debole e triste Emilia, prima che cali il sipario.
 
Paura di morire, o paura di vivere, forse è lo stesso. La risposta è nell’immortalità? O nella poesia, nel canto… nel teatro, nell’arte? Fosse così semplice, Emily/Emilia non sarebbe così triste. L’unica verità forse è nell’amore, che però non è certo fatto della materia dei sogni, ma è desiderio piuttosto, e il desiderio è sempre crudele. 
 

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares