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Messico. 11 morti negli scontri Oaxaca e la protesta degli insegnanti

Intervista con Luis Hernández Navarro, direttore della sezione "Opinioni" del quotidiano messicano La Jornada, per capire la protesta degli insegnanti in Messico. 

[A 10 anni dal movimento dei professori e dall’esperienza di lotta della APPO, la Assemblea Popolare dei popoli di Oaxaca, lo stato di Oaxaca è di nuovo in fiamme e vive, insieme a vari altri stati, l’escalation della battaglia contro la riforma educativa del governo di Enrique Peña Nieto, che in realtà è una riforma amministrativa e del lavoro che decapita diritti, sindacati e libertà nella professione docente. Domenica 19 giugno undici persone sono state uccise da colpi di arma da fuoco, probabilmente sparati dalla polizia federale, intervenuta nella comunità di Nochixtlán per sgomberare una strada e un accampamento costruito dai docenti della CNTE (Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación, Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione), cioè la corrente più combattiva del sindacato nazionale dei lavoratori dell’istruzione, il SNTE. Il primo incontro tra la CNTE e il governo ha stabilito un’agenda di lavori per la settimana prossima, ma nel frattempo gli insegnanti hanno deciso di non sospendere le azioni di protesta in tutto il Paese.]

Parliamo dei dettagli del conflitto, delle prospettive future e del quadro politico e storico in questa intervista con Luis Hernández Navarro, direttore della Sezione Opinioni del quotidiano messicano La Jornada e autore del libro Zero in condotta. Cronache della resistenza degli insegnanti, Messico, Fundación Rosa Luxemburg, Brigadas para leer en libertad (download gratuito link).

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Domenica 19 giugno c’è stata una mattanza a Nochixtlán, nella zona mixteca del meridionale stato messicano di Oaxaca. La polizia federale ha attaccato gruppi di manifestanti, abitanti della cittadina e professori della CNTE (Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación, Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione) e sono rimasti uccise 10 persone. Il 22 giugno è stato aperto un tavolo negoziale e di dialogo tra il Coordinamento, cioè la CNTE, e il Ministero degli Interni. E’ possibile che deve avvenire una strage o repressione per poter aprire un dialogo in Messico? 

Bisogna dare il contesto. E’ passato un anno dall’ultimo dialogo tra la CNTE e il governo federale. L’ultimo s’era chiuso il 4 giugno 2015 e in quell’occasione vari dei leader e dirigente sindacali sono stati portati a Città del Messico su un aereo militare per una riunione nel Campo Militare numero uno con il Ministro degli Interni. Questi segnalò che i maestri dovevano accettare i loro punti chiave, altrimenti sarebbe intervenuta la polizia federale nello stato del Oaxaca. Erano imminenti le elezioni intermedie parlamentari del 2015.

Da allora non c’era stato nessun dialogo formale, e gli accordi presi in quelli precedenti erano stati disattesi dal governo. Allora ecco che arriva un’offensiva più o meno generalizzata del governo contro i docenti che stavano opponendo resistenza alla riforma educativa approvata nel 2013. A Oaxaca è stato soppresso l’Istituto dell’Educazione Statale, sono stati congelati i conti in banca dei dirigenti del sindacato, anche quelli personali, e quelli del sindacato stesso. Si è smesso di pagare i rappresentanti sindacali e dopo c’è stata un’ondata di arresti contro i dirigenti. Prima quello regionale, poi quello di sezione, al punto che oggi sono imprigionati in istituti di massima sicurezza otto dirigenti, incluso il Segretario Generale, quello organizzativo e quello delle finanze.

Infatti, il recente arresto del Segretario Generale, Rubén Núñez, e di quello organizzativo di Oaxaca, Francisco Villalobos, nel quadro dell’offensiva di lotta della Coordinadora, iniziata lo scorso 15 maggio con uno sciopero a oltranza, è stata la scintilla che ha provocato una serie di blocchi stradali in praticamente tutto lo stato di Oaxaca, ma soprattutto nella zona dell’istmo di Tehuantepec, vicino al Chiapas. Proteste che arrivano addirittura a bloccare le forniture di gasolio dalla raffineria di Salina Cruz.

Nella notte di venerdì 17 giugno cominciano le operazioni di sgombero prima nella zona dell’istmo e poi in altre durante la giornata di sabato. Lì non ci sono state vittime o danni gravi, c’è stata un’attitudine piuttosto flessibile da parte dei manifestanti, dei maestri e dei genitori che li accompagnano nei blocchi stradali. Quando passa la polizia ci sono scontri, lancio di molotov, scaramucce, ma poi la polizia si ritira e si risistemano i blocchi stradali.

Ciononostante, a Nochixtlán, tra Tlaxiaco e Huajuapan, nella regione mixteca, la situazione era diversa. Nochixtlán è una comunità indígena, è stata molto importante nei secoli XVIII e XIX, il suo nome significa “luogo della cochinilla” (insetto che si riproduce sulle piante di fico d’india e da cui si ricava un colorante naturale), con la quale si elaborava la tinta rossa e buona parte della ricchezza oaxaqueña viene da lì, dallo sfruttamento di questo colorante. Quel giorno era di mercato, il che significa che era un giorno in cui arrivano più di duemila venditori e compratori, si fa il baratto ed è una giornata chiave per l’economia locale.

C’era un accampamento e un picchetto dei docenti che s’era insediato e avevano fatto dei blocchi stradali durissimi: come popolo i mixtechi sono molto agguerriti e combattivi. Nella prima operazione di sgombero della polizia la gente ha resistito ma poi ha ceduto. Era ancora abbastanza presto la mattina, ma i poliziotti hanno finito per aggredire le persone della comunità che erano lì per il mercato e allora gli abitanti e la gente del mercato sono stati circondati. Gli altri del villaggio hanno iniziato a suonare le campane: per convocare la gente e chiamarla, farla uscire per le strade. Gli accorsi hanno lanciato petardi e la polizia ha risposto sparando e il saldo è quello che abbiamo oggi: 11 morti, uno dei quali non era di questa zona, ma è rimasto ucciso in un altro sgombero vicino alla città di Oaxaca.

Dopo gli scontri c’erano feriti delle comunità e la polizia ha dato istruzioni affinché non venisse prestato loro alcun soccorso negli ospedali. Il presidente municipale (sindaco), un cacicco del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale, principale forza di governo e partito del presidente Peña Nieto), ha impedito l’uso dell’ambulanza che era stata acquistata con le risorse inviate dai migranti espatriati dalla comunità di Nochixtlán. La gente ha dunque preso a dar fuoco al palazzo municipale e a uno dei ranchos di uno dei parenti più stretti del sindaco che, tra l’altro, è dovuto scappare.

Il governo centrale ha cercato subito di negare i fatti. Prima ha detto che i poliziotti non erano armati, ma dopo, viste le prove video e fotografiche, ed anche grazie alla stampa internazionale, ha dovuto fare marcia indietro e dire che chi ha sparato faceva parte di gruppo di incappucciati e di cecchini, ma questo non è vero, non c’è nessuna testimonianza che lo possa confermare. Tutti i morti sono tra i manifestanti, nel popolo, e non c’è nient’altro da aggiungere.

A partire da quel momento sono continuati gli sgomberi ma anche altri blocchi, per esempio a Hacienda Blanca o a Piedras, ed è andata avanti la situazione di tensione, ma lo scandalo che è venuto fuori ha obbligato in effetti il governo a cambiare idea e negoziare, ad aprire un dialogo.

Sul dialogo che inizia il 22 giugno, tra la Comisión Nacional Única de Negociación, stabilita dalla Assemblea Nazionale della CNTE, e il Ministro degli Interni, Miguel Ángel Osorio Chong, che possibilità o margini vedi per la CNTE in un dialogo che, secondo le parole del Ministro dell’Istruzione, Aurelio Nuño, sarà su questioni politiche e non sulla riforma educativa?

Mettere a sedere il governo e farlo negoziare è già un trionfo di per sé perché era da un anno che non succedeva. Il punto di partenza sono gli accordi che c’erano già dal 4 giugno 2015. Questo è sicuramente un punto che verrà fuori. La CNTE sta proponendo la discussione sul progetto educativo per il Paese, il Ministro dell’Istruzione può dire quel che vuole, ma non può condizionare e decidere su cosa sarà il dialogo, no? In altre parole in quest’occasione la Coordinadora propone i suoi punti di vista con vari punti chiave: per prima cosa, il problema della repressione, dei prigionieri politici, della giustizia per le persone assassinate e il reintegro dei docenti licenziati in queste settimane di rappresaglie governative, e poi l’altra cosa è che si dovrà trovare un’uscita per la discussione sulla trasformazione dell’educazione in Messico. Questa resistenza della CNTE dura da più di tre anni e non hanno potuto fermarla. E’ iniziata nel 2013, anche se la CNTE è nata nel 1979 e ha una lunga tradizione di lotte. In questi ultimi tre anni e mezzo ci sono stati scioperi nazionali, proteste, convegni e c’è dunque una persistenza della protesta con cui alla fine si deve negoziare. Il governo ha scommesso durante un anno sul debilitamento delle manifestazioni e i risultati sono davanti ai nostri occhi: non c’è un debilitamento.

Ultimamente la CNTE ha guadagnato più legittimazione a livello nazionale e anche internazionale. Da maggio ha ripreso l’iniziativa di lotta dura e un certo protagonismo, con una crescente approvazione di parte dell’opinione pubblica, nonostante un accerchiamento mediatico ostile. C’è stata una certa presenza “ciclica” a partire dall’accampata che la CNTE ha realizzato nella piazza centrale di Città del Messico nel 2013 e ci sono momenti di maggiore forza negoziale e presenza mediatica. Che ne pensi?

Sì, ci sono state proteste, dopo lo sgombero dell’accampamento del 2013, praticamente tutte le settimane in tutto il Paese. Sono proteste di vario tipo, alcune sono di massa e altre no, ma stiamo parlando di mobilitazioni generalizzate, anche se con momenti di acme e altri di relativa stanca, e sono di carattere nazionale, per quanto i media stranieri non vogliano vederle o parlarne.

Considerando la lettera in solidarietà alla CNTE, di cui sei firmatario, e il sostegno ai docenti da parte dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, del Consiglio Nazionale Indigeno, del vescovo di Saltillo, Raul Vera, di Padre Solalinde e tante altre personalità, organizzazioni e collettivi in queste settimane, credi siano possibili la costituzione di un movimento nazionale più ampio di opposizione e l’opzione di rivedere la riforma educativa?

Il movimento degli insegnanti CNTE in particolare, quello dei docenti più in generale, così come l’istruzione pubblica, sono sotto attacco, non da ora, ma almeno dal 2010, anno in cui l’organizzazione di imprenditori Mexico Primero (Il Messico per primo), diretta da Claudio X. González, ha intrapreso un’offensiva su tutta la linea nei mezzi di comunicazione e con la creazione di un film che si chiama “De Panzazo”, che non è altro che una copia di un altro film fatto dalla destra statunitense, “Waiting for Superman”. C’è un attacco in corso con una serie di stigmatizzazioni selvagge contro i docenti a cui contribuiscono i mass media e funzionari statali, tra gli altri. E questo ha limitato molto le espressioni di solidarietà e sostegno verso i professori. Credo che oggi questa situazione cominci a cambiare e il movimento trova alleati fuori dalla suo orbita naturale. Dico “alleati” naturali del movimento riferendomi, per esempio, ai genitori degli alunni, specialmente in stati come il Chiapas, Guerrero, Oaxaca e Michoacán, dove gli insegnanti sono gli intellettuali organici delle comunità e dei villaggi rurali. Questa convergenza sociale o alleanza non è mai stata messa in dubbio e non deve essere necessariamente espressa da sigle di partito. Vi partecipano anche movimenti sociali e altri settori sociali.

Ma questo movimento ha avuto grosse difficoltà per fare un salto oltre quest’ambito dei settori, diciamo, “subalterni”, e oggi sta ottenendo risultati nella costruzione di relazioni più importanti con i settori intellettuali, accademici e di altro tipo.

Fino a dove può arrivare un’alleanza di questo è da vedere. In questo paese questo genere di convergenze ha mostrato fragilità, per così dire. Ma ciò che oggi s’è ottenuto è molto importante. Si riuscirà a creare una convergenza nazionale che abbia negli insegnanti la sua colonna vertebrale? Credo di no. A intermittenza la CNTE ci ha provato dalla sua nascita. Nel 1983-84 ha convocato alla creazione un Fronte Nazionale contro l’Austerità e la Carestia e ha creato il Comitato per la Difesa Popolare, cercando di affrontare i primi cicli di riforme neoliberiste e organizzando uno sciopero civico, ma senza successo. Da allora ha provato a costruire un gran fronte nazionale, è un aspetto che fa parte della sua visione del mondo e della politica. Ma s’è scontrata con vari problema per la stessa natura del suo movimento e anche con gli altri movimenti.

CNTE por que protestaCome inquadri il sostegno che recentemente ha offerto alla CNTE il leader di Morena (il partito politico di sinistra Movimento di Rigenerazione Nazionale), l’ex candidato presidenziale Andrés Manuel López Obrador?

E’ un fatto nuovo. La CNTE dalla sua nascita s’è dichiarata come una forza indipendente, chiaramente differenziata dallo Stato, dalle Chiese e da tutti i partiti politici. Come tale non realizza compromessi elettorali di nessun tipo. Non è attraversata dalla dinamica elettorale, ma nelle elezioni scorse per il parlamento e il governo dello stato di Oaxaca c’è stato un orientamento della Sezione 22 della CNTE a favore di un voto di castigo contro i partiti che hanno votato la riforma educativa nell’accordo noto come Patto per il Messico, cioè il PRI, il Verde, il PAN e il PRD. Dunque senza dirlo esplicitamente s’è deciso di sostenere Morena e López Obrador, che si sono opposti alle politiche neoliberiste. In questo contesto varie correnti del movimento degli insegnanti hanno fatto un’alleanza elettorale con Morena per il voto del 5 giugno 2016. Pure in altri stati ci sono stati questi accordi e López Obrador ne ha parlato pubblicamente, ma si tratta di compromessi che si fanno a titolo personale o come corrente, non come movimento degli insegnanti in toto.

Puoi riassumere le differenze tra il coordinamento CNTE (Coordinadora Nacional Trabajadores de la Educación) e il sindacato SNTE (Sindicato Nacional Trabajadores de la Educación) e i punti più controversi della reforma “educativa”?

La CNTE (con C) forma parte del SNTE (con S), è una tendenza sindacale dentro il sindacato che punta alla sua democratizzazione. Dalla sua nascita la Coordinadora ha avuto tre grandi obiettivi: democratizzare il sindacato, l’istruzione e il Paese. Ciononostante come corrente agisce all’interno di un sindacato corporativo come il SNTE, il quale mantiene stretti vincoli con il potere, soprattutto la sua dirigenza. La CNTE controlla una parte del sindacato e non la totalità della sua struttura, ma è differente rispetto ai leader istituzionali. E’ una corrente o tendenza di classe all’interno del sindacato in cui i docenti si riconoscono e rivendicano come lavoratori dell’istruzione e non come “classe media”.

La riforma educativa è in realtà una riforma del lavoro e amministrativa, non ha contenuti pedagogici sostanziali, non tocca i grandi problemi nazionali. Quali sono?

Da una parte il ritardo educativo. Per legge è obbligatorio che le persone maggiori di 15 anni abbiano frequentato 10 anni di scuola dell’obbligo. Solo lo ha fatto il 60% della popolazione, ossia almeno 4 messicani su 10 non hanno finito la scuola secondaria di primo livello. Quasi 7 milioni di messicani maggiori di 15 anni vivono nell’analfabetismo, mentre ci sono paesi con molte meno risorse del Messico, come la Bolivia, Cuba o il Venezuela, che sono stati dichiarati dalla UNESCO (ONU) “territori liberi dall’analfabetismo”. Quindi questo problema non viene trattato e nemmeno quello delle disuguaglianze educative. La maggior parte delle risorse si concentra nei grandi centri urbani di modo che il 40% delle scuole in Messico sono del tipo conosciuto come “unitario”. Le scuole unitarie prevedono che nella stessa aula il maestro debba fare lezione simultaneamente a bambini del primo, del secondo e del terzo anno. In queste scuole non ci sono di solito i bagni o l’acqua potabile, il mobilio, le strutture d’accoglienza, eccetera. C’è un’enorme disuguaglianza e la riforma non tocca quest’aspetto che, tra l’altro, è riflesso in modo più profondo dalle grandi differenze socioeconomiche e culturali imperanti nel Paese. Questi elementi non sono incorporati nella riforma.

Ma allora, che obiettivi ha la riforma? Due. Uno, dicono, è che lo Stato recuperi la gestione dell’educazione. Fino ad ora, si dice, l’educazione è stata nelle mani del sindacato, il SNTE, e della CNTE, e adesso lo Stato dice di volerla recupere. Secondo, sostengono, va spinta un’istruzione di qualità. Ma al momento di definire la “qualità” non sanno definirla. Nell’articolo terzo della Costituzione e nelle leggi secondarie ci sono definizioni diverse e tutto diventa un vero discorso da azzeccagarbugli. E’ un concetto che viene dal mondo dell’impresa, non dalla pedagogia, ma va beh, è un concetto che è di moda…

E allora qual è lo strumento per recuperare la “qualità” e la “gestione” dell’educazione secondo la riforma? La valutazione degli insegnanti. Una valutazione che, dicono gli imprenditori, deve avere conseguenze. E’ intesa come una misurazione basata su un esame standard per tutto il Paese, la stessa prova per le regioni ricche e quelle povere, costruito con risposte a scelta multipla, multiple choice, in cui si devono riempire spazi e risposte e basta. Non è una valutazione per vedere che cosa funziona e cosa no e magari risolvere i problemi, ma è per sanzionare e vigilare i docenti.

Inoltre, per prima cosa va detto che di fatto la riforma crea un regime lavorativo d’eccezione per i docenti, mettendo fine alla certezza del posto di lavoro. Tu prima, quando vincevi un concorso, sapevi che, salvo che vi fossero gravi mancanze, potevi continuare a lavorare come insegnante fino alla pensione. Questo è finito a partire dalla riforma del 2013.

Secondo. L’istruzione di base in Messico è un obbligo per lo Stato. Lo Stato aveva creato un sistema di formazione degli insegnanti a tal fine: sono le “scuole normali”, magistrali, per la formazione docente, un termine che viene dalla Rivoluzione Francese ed è legato alla costruzione “dell’uomo nuovo”. Comunque sia il “nomalismo” prevedeva che coloro che davano lezione fossero diplomati in quelle istituzioni e avessero conoscenze di didattica e della realtà in cui andavano a lavorare. Questo oggi è abolito dalla riforma e qualunque ragioniere, un dentista o un veterinario potranno entrare nel mondo della scuola e fare lezioni in una primaria o elementare, per esempio. E’ la condanna a morte delle scuole normali o magistrali.

Terzo. La riforma procede a privatizzare l’istruzione pubblica nel senso che all’interno del concetto di “autonomia scolastica” si cela la responsabilità per le scuole di procurarsi le risorse per il loro funzionamento e si apre la strada, quindi, all’insediamento in Messico di scuole dell’obbligo “charter” e semiprivate. In questo modo l’educazione pubblica, che secondo la Costituzione deve essere gratuita, va perdendo la gratuità e questo spiega perché c’è un forte sostegno dei genitori degli alunni alle proteste dei maestri.

Praticamente esiste già un sistema semiprivato con rette da pagare.

Sì, se i genitori non possono pagare, vengono sanzionati, i loro figli possono essere esclusi, e questo già succede nei fatti anche se formalmente non si riconosce. I genitori devono pagare quote per la manutenzione delle strutture o per la luce e le spese in modo sempre più preoccupante. E’ come un sistema di rette, quote da pagare, nascosto perché dicono che non è così, ma col concetto di autonomia scolastica si va in quella direzione.

Perché adesso è più facile licenziare gli insegnanti? Per esempio con solo tre assenze ingiustificate…

La regola secondo cui si poteva essere licenziati dopo tre assenze ingiustificate c’era anche prima, ma ora la cosa nuova è piuttosto che il maestro ha una spada di Damocle sulla testa, che sia un ottimo professore o no. Perché deve farsi valutare continuamente e se non passa un esame standardizzato, che valuta allo stesso modo un docente che fa lezione nelle montagne dello stato del Guerrero e uno che sta in una zona di classe media della opulenta città di Monterrey, è rimosso dal posto di lavoro.

Allora, non è che gli insegnanti non vogliano essere valutati, come invece si sente ripetere fino alla nausea dalla stampa (che trasforma una bugia ripetuta mille volte in una verità)?

No, infatti, i docenti dicono che la valutazione è necessaria. Valutano i loro alunni sempre e anche loro stessi sono valutati in quello che era il sistema delle carriere degli insegnanti che c’era prima ed è stato eliminato dalla riforma. Ma quello che dicono è che manca una valutazione per vedere che cosa non funziona e risolvere il problema, per vedere cosa va bene e applicarlo. Manca una valutazione in cui si includano dei pari, dunque dei maestri come loro che conoscono il lavoro, e rappresentanti dei genitori. La valutazione va contestualizzata: un insegnante che deve camminare tre ore per arrivare a scuola perché non esistono i trasporti pubblici non può essere valutato come un prof che ha la sua macchina per andare a lezione. Valutazione sì, ma non punitiva.

La CNTE come corrente e movimento ha delle proposte articolate su queste questioni?

Sì, le puoi trovare su internet in un documento chiamato “Hacia la educación que necesitamos los mexicanos” (Verso l’istruzione di cui abbiamo bisogno noi messicani) ed è stato presentato al Ministero dell’Istruzione e degli Interni nel 2013 senza ottenere risposte.

Anche nel 2006, come in questi giorni, ci sono stati massacri e repressioni di un grande movimento di insegnanti e popolare che diede origine alla APPO (Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca) durante il mandato del governatore del PRI Ulises Ruiz. Nel 2010 era nata un’alleanza tra l’allora neogovernatore di Oaxaca, Gabino Cué, eletto coi voti di destre e sinistre insieme, senza il PRI, e gli insegnanti per cambiare la direzione dell’educazione per lo meno in quella regione. Che somiglianze vedi col 2006 e che cosa è accaduto al patto e all’esperimento educativo che si stava iniziando a Oaxaca?

L’offensiva contro gli insegnanti cominciata nel 2010 a livello nazionale non è stata molto forte a Oaxaca, anzi, lì c’è stata una convergenza tra il governatore Cué e il movimento dei professori che, però, è stata rotta, anche in seguito a minacce d’incarcerazione contro il governatore rivoltegli dal governo federale. Un anno fa quindi è stata spezzata in modo definitivo l’alleanza e Gabino ha tradito i patti che c’erano facendo marcia indietro. Quindi s’è aperta la possibilità che si ripetesse quanto successo a Oaxaca nel 2006 [repressione del movimento dei docenti e quello popolare della APPO con un bilancio di 25 morti e decine di desaparecidos, n.d.t] e credo che sia quello che stiamo vedendo in questi giorni. Il movimento della APPO nel 2006 si concentrò soprattutto nella capitale della regione e adesso le proteste sono più diffuse tra varie zone e questo rende difficile il processo di repressione. Per esempio dopo la strage di Nochixtlán restano in marcia oltre 20 blocchi stradali.

Oltre al gruppo Mexicanos Primero ci sono altri think tanks o agenzie, anche straniere, che promuovono ideologicamente e con finanziamenti la riforma educativa?

C’è un doppio sostegno. Da una parte c’è la OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che ha spinto un’agenda di riforme educative in tutto il mondo, non solo in Messico, e in tutti paesi sviluppati. Dal Brasile al Cile e alla Grecia c’è una politica con linee generali di trasformazione dell’educazione che coincidono con quelle che vediamo qui. La OCSE è diretta da un messicano, l’ex ministro delle finanze José Ángel Gurría, un personaggio dalla sinistra traiettoria qui in Messico.

Ma non possiamo scordare che la riforma educativa in Messico è la copia di quella statunitense, promossa da donazioni di multimilionari come Wharton o Bille Gates, tra gli altri, per cui è stato iniettato molto denaro là per fomentarla e tante linee di azione e convincimento in Messico sono imitazioni dirette del modello americano. Ho citato il film messicano “De Panzazo” che si propone di lottare contro l’istruzione pubblica, i maestri e i sindacati ed è copia dell’americano “Waiting for Superman”…

La accusa comune contro gli insegnanti è che sono “dei corrotti”, che vendono o trasferiscono i loro posti di lavoro, che i loro leader si arricchiscono illecitamente e manipolano le basi. E proprio adesso, nel mezzo del conflitto, ecco che vengono arrestati e chiusi in prigioni di massima sicurezza, come fossero dei pericolosi narcotrafficanti, vari dirigenti sindacali con accuse dubbiose legate a illeciti di tipo economico. C’è una tendenza o un timing del potere giudiziario messicano legato alla congiuntura e alla politica nazionale?

E’ una cosa molto interessante… Perché li si accusa di vendere cattedre o arricchirsi, ma è più un tema di opinione pubblica e media, cioè non esiste nessuna denuncia o condanna penale per questo. Le denunce arrivano per altri presunti reati… Per esempio il Segretario Generale della CNTE, Ruben Nuñez, è accusato di riciclaggio di denaro e le prove di ciò sarebbe fondamentalmente due. Il denaro delle quote sindacali che i maestri danno. Il governo ha bloccato i conti bancari del sindacato e allora gli insegnanti hanno organizzato una cooperazione straordinaria per avere risorse. Questi soldi dei prof sarebbero le “risorse di provenienza illecita” di cui si parla.

La seconda prova sarebbe legata a un accorda stabilito molti anni fa all’interno dell’intero sindacato nazionale, per cui si fanno accordi o contratti con imprese che vendono assicurazioni sulla vita o pure enciclopedie, per esempio. I docenti li ratificano o contrattano individualmente, non è il sindacato che lo fa. La spesa viene loro tolta all’origine dal Ministero dell’Istruzione, si fa un contratto che non firma il sindacato, ma il Ministero, il maestro, l’istituto statale per l’educazione e infine l’impresa fornitrice del servizio. Funziona così in tutto il Paese, già prima dell’arrivo di Rubén Núñez come Segretario della CNTE, ma lui ora è accusato di aver gestito quei soldi, anche se in realtà non passano dalle sue mani perché c’è una commissione a parte che se ne occupa.

Villalobos e altri dirigente sono accusati di aver rubato libri di testo ed è interessante perché è un’accusa del 2014 e la fa una fazione rivale della CNTE che sostiene che in una casa c’era un migliaio di scatole di libri gratuiti destinati alle scuole. In teoria in ogni scatola ci sono 40-50 libri. La domanda è: ma che ci facevano lì in una casa da cui sarebbero poi stati rubati dai dirigenti sindacali? Si suppone che Villalobos e altri hanno dunque rubato libri gratuiti da una casa in cui quei libri non dovevano stare. Queste sono le accuse della magistratura…

 

Da CarmillaOnLine

 

Foto: http://radiozapatista.org/?p=16937

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