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“Mascherina ti conosco”: tutto merito dei neuroni

Un articolo pubblicato su "Le Scienze" di aprile fa il punto della situazione sui meccanismi alla base dei nostri ricordi e ci consente di spiegare come fa Bersani a dire di Berlusconi "Mascherina ti conosco". 

I neuroni sono, almeno a mio modo di vedere, l’oggetto più affascinante della scienza moderna. A partire dalla struttura, che li fa assomigliare a piccole stelle che si stirano le braccia, a ragnetti intenti a tessere la tela o a lumache che strisciano fuori dal guscio. 

Le loro lunghe e sottili propaggini servono a emettere e ricevere gli impulsi nervosi: l’assone è un unico, lungo ramo che porta i segnali elettrici dal corpo della cellula (il soma) verso un altro neurone; i dendriti sono invece quei rami, che ricevono il segnale dall’esterno e lo conducono verso l’interno.

Fondamentali in questo scambio di informazioni sono le sinapsi, che, situate sulle terminazioni di assoni e dendriti, consentono la trasmissione elettrica, tramite il rilascio di neurotrasmettitori. Grazie a questo -apparentemente semplice - meccanismo, noi siamo in grado di apprendere, muoverci, reagire agli stimoli esterni, comprendere ciò che ci comunicano gli altri (difatti, una delle linee di ricerca è il ruolo che i neuroni specchio potrebbero avere nella patologia dell’autismo), imparare, interagire con il mondo esterno e, non ultimo d’importanza, ricordare.

Trasmissione dell'impulso elettrico da un neurone all'altro.

Trasmissione dell’impulso elettrico da un neurone all’altro.



Un articolo, pubblicato su “Le Scienze” del mese di aprile, fa il punto sullo studio dei meccanismi della memoria. Ad oggi, sono due le teorie di riferimento: o ogni ricordo ha sede in un singolo neurone, o un’ampia rete di neuroni codifica uno stesso ricordo. Quest’ultima ipotesi è quella attualmente più accreditata: sostenuta a partire dal 1940 dal premio Nobel Charles Sherrington, mostra come l’attività di una singola cellula nervosa sia sostanzialmente priva di senso e acquisti significato solo all’interno della collaborazione con gruppi di altre cellule.

Quello che non è ancora chiaro è se si stia parlando di milioni di neuroni distribuiti in zone diverse o di piccoli insiemi situati in una regione specifica. Gli studi degli scienziati Rodrigo Quian Quiroga, Itzhak Fried e Christof Koch propendono per quest’alternativa, che, sottoposta a prove su modelli, appare ben più verosimile, soprattutto per la sua economicità e efficacia nella costruzione di un ricordo e di correlazioni tra più ricordi (tra un luogo e una persona, per esempio).

Se, infatti, milioni di neuroni codificassero ogni caratteristica infinitesimale di persone o luoghi e fosse distribuiti in aree distanti tra loro nel lobo temporale mediano, al momento di creare associazioni tra l’amico Paolo e il bar in cui lo abbiamo incontrato l’ultima volta, ci troveremmo davanti a un processo molto lento e dispersivo. Molto più semplice sembra immaginare di avere davanti un numero ridotto di neuroni, che codificano gli aspetti essenziali del nostro amico e del locale e che vanno a formare, organizzati in ristretti gruppi sparsi, il concetto di “amico Paolo” o di “Bar Sport”. All’occorrenza, solo alcuni neuroni di ogni gruppo si attiveranno, creando il collegamento. 

Al di là dei complicati aspetti tecnici, ciò che è più intrigante è che i nostri neuroni sarebbero in grado di ricondurre un’immagine o una qualsivoglia rappresentazione al concetto di riferimento (all’idea in sé, direbbe Platone). Questo significa che, vedendo il nostro amico Paolo, siamo sempre capaci di riconoscerlo nonostante a volte lo vediamo in piedi, altre seduto, a volte coperto da sciarpa cuffia e guanti, altre in costume, a volte in un ristorante affollato, altre durante una cena intima. La nostra mente scarica tutte le informazioni contingenti e trattiene quelle essenziali, ossia tralascia le qualità secondarie e mette a fuoco quelle primarie, intrinseche all’oggetto.

Insomma, se Bersani può dire di Berlusconi “Mascherina ti conosco” è proprio grazie al modo in cui lavorano le sue cellule nervose, che hanno incamerato il concetto “Berlusconi” e gli eventi a lui relativi, al di là di ogni contesto o apparenza, riconoscendolo così in tutte le occorrenze - anche in quelle mascherate.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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