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Marc Ribot allo spazio aereo

Situato accanto al Parco Scientifico e tecnologico di Venezia – il VEGA – a Marghera in via delle industrie, lo Spazio Aereo ha messo a segno davvero un bel colpo, ospitando il nuovo progetto di Marc Ribot. Il chitarrista e compositore americano ha ideato nuove musiche per il film muto “The Docks of New York”, girato nel 1928 da Josef von Sternberg, tradotto in italiano, ahimè, “I dannati dell’oceano”. Prima della proiezione, Ribot si è intrattenuto con il pubblico, stimolato a raccontare sia di come è nato il progetto, sia della sua concezione sulla musica, da Claudio Donà, direttore artistico del Circolo Caligola e dell’etichetta Caligola Records, e da Tommaso Zanini di Spazio Aereo, impegnato anche in un lavoro di traduzione simultanea. Il lungometraggio dura poco più di 75 minuti e fa parte di cinque titoli, suggeriti a Ribot dal New York Guitar Festival.

L’artista ha preferito il melodramma di von Sternberg, poiché mostra un paesaggio industriale vicino all’area in cui lui è nato (nel 1954) e per la bellezza della recitazione, soprattutto femminile. Ha creato temi musicali molto facili ed ha improvvisato guardando più volte il film, il cui linguaggio lo ha ispirato a comporre sonorità vicine al concretismo. Ha tenuto a sottolineare, inoltre, che ad ogni proiezione si rinnova il modo in cui lo interpreta, altrimenti lo registrerebbe una volta per tutte e sarebbe finita lì. Quanto alla strumentazione, ha utilizzato una chitarra particolare, usata per i tour da solo, che suona bene come acustica pur essendo elettrificata.

Nella lunga chiacchierata, Ribot ha inoltre riflettuto su diversi stereotipi, difficili da scardinare per ogni tipo di musica, sia essa Jazz, Rock o Country e in quale modo certi suoni vengano percepiti se associati a certe immagini. Il film segna uno dei punti più alti della carriera del regista, maestro stilisticamente nell’uso della luce. Ribot ne coglie le differenti sfumature, combinando suoni acustici ed elettronici, momenti delicati e veementi, attraverso una limpidezza sonora degna di un vero artista. La trama in breve. Il fuochista Bill Roberts (l’attore George Bancroft), nella sua serata di permesso a terra salva dal suicidio in mare una disperata Mae (l’attrice Betty Compson), che poi sposa, forse per scherzo, sotto i fumi dell’alcool. Al mattino Mae piange, perché non riesce a trattenere Bill che torna ad imbarcarsi, anche se una volta a bordo si accorgerà di amare davvero la sua sposa. Abbandonata la nave a nuoto, scoprirà che la moglie è accusata del furto di alcuni vestiti. Senza pensarci nemmeno un secondo, Bill si autoaccusa : Mae è libera ma lui viene condannato a due mesi di carcere. La pellicola si conclude con poche, ma romantiche frasi : “Sessanta giorni non sono una crociera molto lunga, Baby. E sarà la mia ultima, se mi aspetterai”. “Credo che ti aspetterò per sempre, Bill”. Applausi ripetuti, non hanno indotto Ribot a concedere bis, forse per non spezzare la magia che si era creata tra i suoni e le immagini di uno splendido bianco e nero.

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