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Malpensa? Sfruttamento, danni ambientali e… ’ndrangheta

Intervista a Gianfredo Ruggiero, presidente del Circolo culturale Excalibur di Lonate Pozzolo (Varese), che si batte contro i vecchi e i nuovi guasti ecologici, civili e sociali dell’aeroporto lombardo 

A cavallo tra Piemonte e Lombardia, sorge il più antico parco regionale d’Italia (1974): il Parco naturale della Valle del Ticino, zona ricca di laghi, canali, boschi e tanto verde spontaneo, classificata dall’Unesco «riserva naturale della biosfera». Tutto questo rischia di scomparire per sempre, se si dovesse costruire una terza pista per l’aeroporto di Malpensa, che cancellerebbe l’Area del Gaggio: 330 ettari di brughiera, di verde incontaminato, di testimonianze storiche del secondo conflitto mondiale.

Una delle associazioni che si oppone con più forza a tale progetto è Excalibur di Lonate Pozzolo, 12.000 abitanti in provincia di Varese, e il cui territorio comunale è in parte già occupato dal mega aeroporto. Si legge nel suo sito ufficiale: «Siamo di DESTRA perché sosteniamo la libertà d’impresa e la proprietà privata; siamo di SINISTRA perché vogliamo la giustizia sociale; siamo AMBIENTALISTI perché rispettiamo la natura e amiamo gli animali». Tra le proprie iniziative, ad esempio, un volantino (aprile 2011) che invitava i cristiani a Pasqua e i mussulmani in genere a pregare di più e a uccidere meno agnelli, vari interventi sulla “storia scritta dai vincitori”, non ultima quella dell’Unità d’Italia, sulla falsa democrazia vigente oggi in Occidente, sulla bontà della scelta vegetariana, sullo sfruttamento degli immigrati, con ricadute negative anche sui lavoratori italiani.

Abbiamo intervistato il leader storico del gruppo, Gianfredo Ruggiero, nelle recenti amministrative candidato sindaco al comune del Varesotto per Alternativa verde.

Il vostro nome-logo, unito al “no” a Malpensa, potrebbe far pensare a re Artù, a nostalgici di un Medioevo preindustriale o al mondo di Tolkien…

Preciso subito: la nostra opposizione a Malpensa non è di natura preconcetta, non siamo contro gli aeroplani e non auspichiamo un ritorno al calesse o alla società bucolica (anche se le civiltà contadine erano molto più sagge di quelle attuali). Siamo semplicemente contrari alle devastazioni ambientali perpetrate in nome di un supposto progresso e non accettiamo il principio del cosiddetto “prezzo da pagare per…”. Il progresso o rispetta la natura, la qualità della vita e la dignità del lavoro o è, come in questo caso, solo speculazione più o meno mascherata. Il problema non sono le infrastrutture, strade, ferrovie e aeroporti che, se necessarie, vanno fatte, il problema è come sono realizzate e quali sono le vere finalità.

Vale a dire?

Su Malpensa si sono concentrate le attenzioni di speculatori di ogni sorta e nazionalità che stanno facendo tabula rasa di ciò che resta del Parco del Ticino e della nostra Brughiera. Tutto questo grazie a una legge regionale del 2000, il Piano d’Area Malpensa, che ha permesso ad alcuni imprenditori locali e a varie multinazionali di aggirare i vincoli ambientali per costruirvi di tutto: capannoni industriali, grandi alberghi, mega parcheggi e gli immancabili centri commerciali, grazie anche al placet delle amministrazioni locali (più alberghi, più denari nelle casse comunali).

Ma non pensate alla benefica ricaduta sull’occupazione, specie in tempi come quelli odierni?

I sostenitori e, soprattutto, i beneficiari della grande Malpensa affermano che il nuovo aeroporto è indispensabile per la ripresa economica del nostro Paese e per rilanciare l’occupazione: niente di più falso.

Partiamo dal lavoro: è vero, Malpensa porta lavoro, ma quale lavoro e a quali condizioni i sostenitori di Malpensa si guardano bene dal dirlo.

A parte le funzioni impiegatizie riservate agli italiani, il grosso della manodopera proviene dal settore dei servizi e dal cosiddetto indotto e vede l’utilizzo quasi esclusivo di extracomunitari. Non perché i lombardi siano improvvisamente diventati un popolo di lazzaroni e di scansafatiche, ma perché le (pseudo) cooperative, alle quali sono appaltate le attività di supporto a Malpensa, per mantenere bassi i prezzi e alti i guadagni, trovano più conveniente usare gli immigrati invece dei nostri operai disoccupati. Immigrati che, stando peggio di noi, sono disposti ad accettare condizioni di lavoro e di retribuzione al limite, spesso superato, dello sfruttamento. Condizioni indegne di un Paese che si ritiene civile.

E i lavoratori della zona?

Nella nostra provincia, tra aziende che chiudono e altre che si trasferiscono altrove, la disoccupazione ha raggiunto livelli record. Le famiglie sono in crisi e i giovani senza speranza, eppure vi sono oltre 52 mila extracomunitari stabilmente occupati a cui si aggiungono le migliaia di immigrati in nero, soprattutto nell’edilizia. Il rischio è quello di una guerra tra poveri che vede disoccupati italiani contro immigrati sfruttati. Se aggiungiamo la perdita di professionalità che ha portato negli anni scorsi tantissimi giovani ad abbandonare la loro occupazione stabile in laboratori artigianali e piccole officine meccaniche per un posto alla Sea, la società di gestione aeroportuale; giovani che ora si ritrovano, nelle migliori condizioni, con un contratto a termine, il quadro si completa.

Malpensa, però, non resta, comunque, un volano per l’economia?

Altra bufala! Trent’anni fa il nuovo aeroporto è stato pensato come strumento di supporto alle nostre esportazioni ma ora, tra la delocalizzazione delle aziende che chiudono in Italia per riaprirle all’estero e l’affacciarsi di nuovi Paesi produttori che si apprestano a invadere i nostri mercati con i loro articoli a basso costo, la situazione si è letteralmente ribaltata.

Malpensa sarà utilizzata non tanto per esportare le nostre merci, quanto per agevolare le importazioni dall’estero. Infatti il vero business di Malpensa non è, come molti credono, il traffico passeggeri, bensì il trasporto merci (Cargo City) che sarà ulteriormente potenziato a latere della terza pista. È sufficiente visitare i capannoni e i centri logistici sorti negli ultimi anni lungo la strada provinciale 52 per scoprire che le merci ivi stoccate sono quasi esclusivamente di provenienza orientale.

Sulla terza pista si è inoltre recentemente espressa l’associazione nazionale dei vettori e operatori del trasporto aereo che, attraverso un comunicato stampa diramato l’1 giugno 2011, parla esplicitamente di inopportunità di una nuova pista per Malpensa ed esprime preoccupazione “per l’aumento dei costi previsti sugli scali milanesi, che andranno inevitabilmente a gravare sulle compagnie aeree e sui passeggeri”. Motivazione, questa, che non si esclude abbia contribuito alla decisione di Lufthansa di abbandonare Malpensa dopo appena tre anni (novembre 2008) dall’avvio del nuovo brand “Lufthansa Italia”. 

È vero che, come ormai denunciato da articoli, libri e inchieste televisive, la criminalità calabrese è divenuta potentissima nella vostra area?

L’indotto di Malpensa passa anche attraverso organizzazioni criminali, come dimostra il processo in corso alla ’ndrangheta lonatese che vede alla sbarra 41 imputati per vari reati di estorsioni, spaccio di droga e rapine e l’indagine tuttora aperta sul caso “Pirellino”, la costruzione di un edificio di 13 piani nella frazione di Sant’Antonino a Lonate Pozzolo, la cui autorizzazione edilizia è stata concessa in virtù del Piano d’Area Malpensa. Con il suo corollario di attentati all’assessore al territorio Danilo Rivolta e auto bruciate che hanno portato la responsabile del settore lavori pubblici a chiedere e ottenere il trasferimento ad altro Comune.

Malpensa è diventata anche il crocevia della droga: non passa giorno che non siano fermati passeggeri carichi di sostanze stupefacenti destinate al mercato europeo e a quello locale, come confermato dalla recente retata delle forze dell’ordine sempre a Lonate Pozzolo.

Vi è dunque anche un degrado civile e sociale?

La terza pista comporta altresì un ulteriore processo di delocalizzazione a carico dei residenti della frazione di Tornavento. Oltre seicento famiglie sono destinate ad abbandonare la propria casa, i propri affetti e i propri vincoli di amicizia per fare posto a Malpensa. A questi si aggiungono i nuovi residenti: nonostante la spada di Damocle della terza pista, Tornavento ha conosciuto in questi ultimi anni un incredibile sviluppo di edilizia residenziale con la costruzione di nuove case e condomini, soprattutto sul lato sud di via Goldoni e lungo via Sant’Anna. Di questo la “Valutazione d’impatto ambientale”, la cui impostazione risale a dieci anni fa, non tiene conto. Sarebbe opportuno che essa fosse riformulata in virtù dei nuovi scenari abitativi e dei conseguenti costi, economici a carico della collettività e sociali a carico dei residenti.

Conseguenze su ambiente e salute?

Salute: sulle ali di Malpensa sono giunte a noi nuove specie infestanti come la Diabrotica virgifera, un insetto di origine americana che infesta le coltivazioni di mais, rivenuto inizialmente nei pressi dell’aeroporto Marco Polo di Venezia e successivamente nell’intorno di Malpensa; l’Anoplophora chinensis malasiaca (tarlo asiatico), un parassita che distrugge gli alberi, comparso per la prima volta nel Comune di Parabiago vicino a Malpensa; la più conosciuta Ambrosia, diffusasi in Europa come conseguenza della contaminazione di sementi importate dal Nordamerica; per quanto riguarda il Nord Italia, il focolaio iniziale si è sviluppato nelle vicinanze dell’aeroporto della Malpensa.

Quando nel 2003 ci fu l’epidemia di polmonite atipica (Sars) proveniente dalla Cina, uno dei primi casi sospetti su individuato, e non a caso, proprio a Malpensa.

In conclusione?

Un’ultima riflessione, sui falsi miti di Malpensa e sugli aspetti poco dibattuti del nuovo aeroporto, riguarda il presunto benessere arrecato da Malpensa. Se è vero che Malpensa porta benessere, bisogna chiedersi a chi? Ai residenti e a tutti coloro che ne subiscono i disagi? No, i benefici finiscono nei bilanci della Sea, i cui maggiori azionisti sono il Comune di Milano e la Provincia di Varese, di alcune multinazionali come l’olandese Avioport e la catena Jolly Hotel e ai quei quattro imprenditori locali che hanno fatto man bassa di terreni una volta vincolati e protetti. A noi cosa rimane? A noi rimane l’inquinamento e il rumore degli aerei, il cemento al posto del verde, un aumento impressionate della delinquenza e l’illusione che Malpensa un giorno ci farà… tutti ricchi.

Rino Tripodi

(LucidaMente, anno VI, n. 68, agosto 2011)

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