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Mafia e dintorni

Leggo da Micromega on-line, un interessante articolo a firma di Angelo Cannata', che espone a chiare lettere, facendo leva sul libro del Magistrato Nino Di Matteo "Collusi"l'atteggiamento riservato, per non dire omertoso, di certa stampa compiacente che se non evita, sorvola appena su tutte le vicende che hanno stretti riferimenti con la mafia. Sarei d'accordo, seguendo teoremi fino ad oggi quasi dimostrati completamente. Ma sento anche il dovere di difendere tutti i giornalisti che, con sprezzo del pericolo, affrontano quotidianamente le problematiche mafiose del nostro paese, citando qualche nome, come Saviano, Abbate, Bolzoni e mi scuso per non poterli citare tutti, i quali, alla luce delle minacce e delle scorte predisposte a loro protezione, superano di gran lunga le centinaia di unita'. Capisco le remore di un Magistrato, che offre il suo impegno, condizionando non poco la sua vita e quella dei suoi familiari, verso una delle colonne fondanti della democrazia, la stampa. Ma ho anche maturato appieno la convinzione che l'Italia, in primis, seguita da tanti altri paesi, vive una realta' sconfortante per la massiccia presenza di elementi mafiosi, al punto tale che il senso di appartenenza del popolo, ad un'organizzazione cosi' vasta e capillare, e' divenuto a poco a poco l'anticultura per eccellenza, ponendo a serio rischio l'intero impianto democratico. Sia ben chiaro che non si tratta della mafia sanguinaria degli anni 70, 80 e 90, bensi' di un coacervo di poteri che si scambiano favori in barba alla legalita', mirando all'unico tornaconto possibile, che consiste in vantaggi materiali o profitti veri e propri. La questione riveste davvero un'importanza profonda, che porrebbe quale soluzione possibile, l'intero coinvolgimento di tutte le risorse disponibili al fine di espiantare detta anticultura, che trova riscontro in migliaia di manifestazioni negative che ogni giorno popolano le cronache, dal femminicidio all'educazione scolastica, sino alle baby gang e quant'altro ancora.

Progetto che, per il poderoso impegno richiesto, vedrebbe impiegati anni di riforme e soprattutto, la partecipazione unanime, senza alcuna esclusione. Si direbbe utopia pura, anche perche', non risulterebbe per nulla pensabile operare in tale progetto nel solo nostro paese. In definitiva, uno sforzo collettivo che varchi i confini geografici, in piena sinergia fra ogni singolo settore interessato, dalle forze dell'ordine al settore giudiziario, dall'imprenditoria al settore bancario, dalle scuole medie inferiori alle universita' e cosi' via dicendo, in via da creare un blocco compatto a difesa dei valori che assicurano, nel corso del tempo presente e futuro, un'economia sana e florida, una societa' in armonia con le istituzioni e un'alternanza politica non conflittuale, critica, ma operosa e costruttiva. Finche' il potere mafioso non verra' picconato mattone per mattone, le lagnanze di Di Matteo e tanti altri magistrati in trincea come lui, avranno giusto motivo di diffusione, ma poco riscontro generale. Lunedi' 12 febbraio, e' andato in onda un nuovo episodio del Commissario Montalbano, nei cui dialoghi, si evidenzia palesemente, senza ipocrisia alcuna, l'effettiva impotenza delle forze dell'ordine di fronte al fenomeno mafioso.

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