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 Home page > Attualità > Politica > Ma perché la polizia non riesce a comportarsi in modo civile?

Ma perché la polizia non riesce a comportarsi in modo civile?

Ci risiamo: cariche indiscriminate della polizia, violenze sui manifestanti, episodi disgustosi ripresi da videocamere e telefonini, come nel caso della ragazza calpestata sabato scorso, a Roma, nel corso degli incidenti durante la manifestazione per il diritto alla casa. Lasciamo da parte come sono iniziati gli scontri o altre questioni e concentriamoci su un punto: ma che senso ha il gesto del poliziotto che calpesta una ragazza già a terra? Lui si è difeso dicendo che si è trattato di un errore, avendola scambiata per uno zaino. Difficile da credere, anche se, nella concitazione della carica, magari può anche essere vero, ma lui ha precedenti documentati di violenze analoghe: altri scambi? Comunque non è il singolo caso che ci interessa, ma un tipo comportamento che emerge abbastanza regolarmente durante le manifestazioni: le violenze gratuite della polizia.

Certo: le cariche non sono in sé cose gentili e possono comportare anche violenze non volute, per effetto della confusione del momento. Anche se ora viene fuori che ci sono altri filmati di poliziotti che pestano i manifestanti.

Ma questi potrebbero essere incidenti, mentre noi siamo di fronte ad una regolarità, così come sono un po’ troppo frequenti i casi di brutalità nei confronti di arrestati, per le quali, di tanto in tanto, ci scappa il morto. Ed è il confronto con gli altri paesi che conferma il carattere patologico di questi modi d’agire.

 Non che condotte del genere manchino in Francia, Germania o (soprattutto) Usa, ma l’Italia spicca in testa alla graduatoria. Ci siamo così assuefatti a questa prassi da ritenerla quasi inevitabile. E a dare la sensazione della fatalità di questi episodi viene anche il fatto che non si osserva nessuna differenza fra i periodi in cui è al governo la destra e quelli in cui è al governo al sinistra. La differenza si risolve in un’accentuazione nei periodi di destra (vedi Genova), ma nulla di più e la polizia ha continuato a pestare quando al Viminale sedevano Napolitano o la Iervolino.

Allora, intanto cominciamo a prendere atto che questo modo di fare non è affatto normale e non è tollerabile. Per stroncarlo bisogna individuarne le cause e i responsabili. Le cause sono nella storia stessa dei nostri corpi repressivi, mai veramente disintossicati dal ventennio fascista che a sua volta, aveva trovato il precedente dell’epoca liberale che di liberale ebbe assai poco. E poi, anche la feroce rivalità fra carabinieri e polizia agisce da moltiplicatore di questa propensione alla violenza. Ma, per non farla troppo lunga, credo che il punto sia quello di individuare i responsabili maggiori di questa situazione:

-i politici che, pur di far tacere la piazza, danno carta bianca al loro braccio armato (salvo far finta di scandalizzarsi quando proprio non si può far finta di niente);

-i vertici della polizia che usano cinicamente i propri uomini per rafforzare il loro potere contrattuale nei confronti dei politici, salvo scaricare in due minuti il malcapitato agente ripreso da un telefonino;

-i quadri intermedi della polizia, che aizzano gli agenti, che li formano nello spirito del mazzieraggio irresponsabile, che li educano al disprezzo del cittadino;

-i magistrati, che non hanno mai il coraggio di fare luce anche sui casi più gravi e che mandano regolarmente assolti poliziotti a carabinieri anche nel caso di omicidi, per la collusione fra le due corporazioni;

-i giornalisti, che seguono distrattamente i casi, tenendoli in pagina solo per pochi giorni, che non sono capaci di una inchiesta sistematica su quello che accade nella polizia, quando non sono quelli che difendono l’indifendibile.

Ma abbiamo cognizione delle condizioni in cui gli agenti della celere arrivano in piazza? Abbiamo idea di come vengano “caricati” dai loro ufficiali contro i manifestanti presentati come il nemico da cui difendersi? Siamo sicuri che non si faccia uso di sostanze eccitanti come caffeina, alcool o magari peggio, molto peggio? E quando gli agenti si scatenano, come mai i responsabili di piazza non intervengono? Ci ricordiamo nomi come quelli del capitano Margherito o del commissario De Francesco e di cosa dissero?

Un encomio a chi ricorda di che sto parlando. Nei (rarissimi!) casi in cui qualche poliziotto finisce sotto processo per un caso del genere, non ho mai visto al suo fianco l’ufficiale che comandava il suo reparto. Figuriamoci se si trova un magistrato che abbia il coraggio di andare al di sopra di qualche brigadiere!

Ed il Parlamento avrà mai il coraggio di una commissione parlamentare di inchiesta sui casi Uva, Aldovrandi, Spaccarorella ecc? Ed allora, occorre svegliare l’opinione pubblica, magari con una proposta shock, magari proponendo lo scioglimento della celere, lontana eredità del periodo scelbiano.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Luca Troiano (---.---.---.219) 22 aprile 2014 12:47

    ..perché non viviamo in un Paese civile. Semplice :)

  • Di (---.---.---.234) 23 aprile 2014 13:44

    Perché da noi le mele marce non si isolano, a tutti i livelli. Mancando il senso civico, vige il "tana libera tutti". Se lo fa lui, posso anche io. Se il politico ruba, posso anche io. Se il delinquente che commette un reato la fa franca, posso anche io.


    E infatti la gente si incavola con la casta non perché ruba, ma perché la torta è finita (o forse non è mai stata davvero disponibile per tutti e non si era capito, illusi di aver diritto ad una fetta) e oggi sono i soli a rubare. Accusa continuamente ripetuta, a prescindere dall’attività del politico di turno, il quale è accusato di essere un ladro per il solo motivo di far parte della categoria.

    Fino a che le mani in pasta potevano metterle tutti, nessuno vedeva, nessuno si era accorto di niente.
  • Di David Asìni (---.---.---.172) 27 aprile 2014 11:09
    David Asìni

    Il problema del comportamento delle forze dell’ordine nelle manifestazioni di piazza si pone in tutto il mondo. Molti agenti ci arrivano impreparati, altri manifestamente sentendosi "scudati " dalla mancanza di riconoscibilita’. E’ pero’ doveroso immaginare lo stato d’animo di chi si trova "sotto assedio" per colpe sicuramente non sue. Una soluzione di civilta’ sarebbe numerare i caschi, ma rivelare l’identita deli agenti solo nei casi di rinvio a giudizio, qualora un magistrato ritenga i loro comportamenti meritevoli di processo. 

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