• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Ma a Renzi non converrebbe andare a votare a ottobre?

Ma a Renzi non converrebbe andare a votare a ottobre?

Breve la vita felice del giullare fiorentino.

Siamo all’alba del nuovo anno politico e sul cielo di Firenze si addensano nubi nerissime: i rapporti con l’”Europa” non promettono nulla di buono, incombe la ripresa della crisi finanziaria globale, la situazione in Medio Oriente ed Ucraina si fa sempre più drammatica e mette il nostro fragile paese di fronte a scelte molto difficili, i sondaggi dicono che il momento migliore è passato e, anche se il Pd resta su valori ancora molto alti, la soglia del 40 non sembra raggiungibile, le elezioni regionali emiliane incombono e il Pd è tutt’altro che unito, come, d’altronde nelle regioni in cui si voterà in Primavera, infine l’apertura dell’Expo è vicina, ma lo stato di preparazione è molto in ritardo ed il rischio figuraccia sempre più elevato.

Soprattutto, è chiaro ormai che a novembre occorrerà fare una finanziaria che rischia di dare il colpo di grazia a decine di migliaia di aziende con conseguenti disoccupati (e potrebbero esserne altri 400.000). Non è difficile prevedere che, ad una finanziaria “di lacrime e sangue” seguirebbe un crollo dei consensi elettorali del Pd già nelle regionali di marzo.

E qualche segnale potrebbe venire già dalle regionali di novembre in Emilia e Calabria. Va da sé che se iniziassero a piovere risultati negativi o comunque inferiori alle europee, i dissensi interni al partito riprenderebbero ed i gruppi parlamentari potrebbero mostrarsi ancor più riottosi dei mesi scorsi.

In questo poco idilliaco quadro, occorre portare a termine le riforme del Senato (altre tre letture fra Camera e Senato e se ci fossero emendamenti potrebbero diventare quattro o cinque) e della legge elettorale (deve passare al Senato dove c’è rischio ostruzionismo e, se dovessero esserci emendamenti, come lo stesso governo assicura, dovrebbe poi tornare alla Camera per l’approvazione definitiva).

Di qui a fine febbraio ci sono 110 giornate di lavoro parlamentare (espandibili a 120-30 se si ricorresse a sedute continuate in caso di ostruzionismo), in queste 120 giornate, oltre che l’ordinaria amministrazione, si deve:

-eleggere due giudici costituzionali
-eleggere gli 8 membri laici del Csm
-fare la legge finanziaria
-approvare i decreti legge in pendenza
-quasi certamente, dedicare almeno un paio di sedute in aula sulle crisi internazionali in atto.

Senza calcolare il completamento dell’iter di altre riforme in corso approvate da un solo ramo del Parlamento ed il tutto mentre Draghi batte il pugno sul tavolo per dire che la priorità va assegnata alla flessibilità sul lavoro e alle privatizzazioni.

Sembra piuttosto difficile che la riforma del Senato possa arrivare in porto prima di Primavera inoltrata, quando, però, ci saranno le elezioni regionali il cui esito potrebbe rendere molto meno malleabili i gruppi parlamentari Pd. Quanto alla legge elettorale, anche lì le cose non sembrano pacifiche, perché c’è da prevedere che il Ncd sarà molto meno docile che sulla riforma istituzionale e bisogna affrontare il Senato che è la bestia nera di Renzi.

Peraltro, lo stesso governo ha manifestato la disponibilità a ridiscutere alcuni aspetti, per cui è prevedibile che si debba poi tornare alla Camera. Insomma, non sarà una passeggiata su un prato fiorito.

Ma soprattutto c’è un problema difficile da aggirare: la finanziaria. Se Renzi cerca di scansare il problema facendo una finanziaria all’acqua di rose, deve vedersela con la Bce e con un prevedibile assedio dello spread. Se accetta il diktat della Bce praticamente è morto perché perde almeno un terzo dei consensi avuti alle europee. Renzi, nel suo braccio di ferro con l’ “Europa” è debole e destinato a perdere perché non una reale strategia: non avendo alcuna intenzione di rimettere in discussione i trattati e l’appartenenza all’Euro (e tantomeno essendo disposto a minacciare il default per indurre a più miti consigli i suoi interlocutori), è di fatto disarmato di fronte ai suoi agguerritissimi antagonisti. L’appoggio di Hollande serve a poco quando le carte le danno Draghi e la Merkel: si può rosicchiare qualcosa grazie alla mediazione di Draghi, ma nel complesso, l’indirizzo rigorista dell’austerity resta in piedi.

E la coppia Renzi-Hollande è un quadro di Breugel: il cieco che si appoggia allo zoppo. Una unione di debolezze. Dunque, se resta in sella può solo scegliere di che morte morire.

E’ sulla base di queste considerazioni che l’unico modo che ha per scansare (anche se solo momentaneamente) questo catastrofico bivio, è quello di andare a votare ad ottobre-novembre. Se è intelligente o anche solo un po’ furbo (la prima cosa non ce la aspettiamo ma la seconda forse si) farà questa scelta, Napolitano permettendo.

Certo, non è una strada agevole nemmeno questa, ma presenta una serie di vantaggi. In primo luogo, il Pd affronterebbe le elezioni con ancora il vento delle europee e, con ogni probabilità, conquisterebbe la maggioranza relativa. In secondo luogo, Renzi avrebbe la possibilità di “epurare” i gruppi parlamentari dai dissidenti ed inzeppandoli di fedelissimi, il che “normalizzerebbe” questa situazione anomala di un segretario che ha gruppi parlamentari non in sintonia.

Ovviamente, si andrebbe a votare con il “Consultellum” perché non ci sarebbero i tempi tecnici per approvare l’Italicum e, tanto meno, per completare la riforma del Senato. Quindi con un sistema elettorale quasi proporzionale alla Camera e con un Parlamento bicamerale.

Però, bisogna considerare che:

a- alla Camera non ci sarebbe il premio di maggioranza, ma sono ancora in piedi le clausole di sbarramento, per cui i seggi dei partiti “sotto quota” andrebbero a quelli oltre il 4% ed in misura proporzionale ai voti di ciascuno di essi. Dunque, il Pd, con un 35-36% di voti potrebbe avere un 40% di seggi.

b- La sentenza della Corte costituzionale riguarda il sistema elettorale alla Camera, ma è molto discutibile che possa essere applicato al Senato dove resterebbe in piedi il “Porcellum”. Con un 35-36% dei voti il Pd raggiungerebbe facilmente la maggioranza assoluta, dato che al Senato la soglia di sbarramento è all’8% e, per la divisione dei voti della destra, potrebbe aggiudicarsi anche la Lombardia.

A quel punto, avremmo una situazione invertita rispetto al presente: il Pd perderebbe la maggioranza assoluta alla Camera (dove, comunque, avrebbe la maggioranza relativa) ma la conquisterebbe al Senato e, nell’impossibilità di qualsiasi coalizione che lo escluda, potrebbe riproporre le “larghe intese” (cioè la maggioranza con Berlusconi) sempre da posizioni di forza. In più, Renzi avrebbe gruppi parlamentari “suoi”.

Certamente si troverebbe di nuovo a fare i conti con le pressioni europee, ma essendosi buttato alle spalle le elezioni politiche, per cui il primo test elettorale da affrontare sarebbero le regionali (che supererebbe facilmente) e poi se ne riparlerebbe cinque anni dopo per le nuove europee. Insomma potrebbe gestirsi meglio il declino dei consensi pur dovendo assumere provvedimenti assai impopolari. Poi nel 2019 se ne riparla e sempre che nel 2019 l’Italia esista ancora.

Certo una mossa azzardata nella quale fare i conti con Napolitano da un lato e con un possibile assedio dello spread dall’altro, ma, una volta ottenuto lo scioglimento del Parlamento, si può tentare di ottenere un qualche sostegno della Bce in attesa dei risultati. In questo senso votare ad ottobre, prima che parta la tempesta, sarebbe meglio che novembre o addirittura dicembre. Ma per farlo, Renzi dovrebbe decidersi a fare la crisi prestissimo, già nei primi di settembre, in modo da votare per il 20-25 ottobre. Poi avrebbe tempo un altro mesetto per votare entro novembre, che già è una scadenza meno semplice da affrontare.

Noi non ci auguriamo che lo faccia, preferendo vedere sprofondare il Pd, e per questo facciamo affidamento sulla scarsa intelligenza dell’uomo che è frenetico ma non tempista.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità