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Lodo Mondadori: le motivazioni della sentenza

Siamo alle solite, i quotidiani di famiglia parlano di scippi e spennate del povero Silvio. Eppure basta leggere la sentenza di appello, per sincerarsi e al contempo inquietarsi.

Nelle 282 pagine della motivazione dei giudici di Milano che ricostruiscono la storia ventennale della Guerra di Segrate, poi Lodo Mondadori, ce n’è davvero per tutti i gusti.

Partiamo dal lontano 1998 quando Silvio Berlusconi decide che la Mondadori deve diventare sua e si allea con la famiglia Formenton, azionari che avevano in precedenza già trattato la vendita a De Benedetti, decidendo di fare dietrofront, in spregio ai patti concordati. Il Caimano, che nell’ombra muoveva le fila del suo protettore politico Craxi, intende spostare l’informazione anticraxiana sull’altra sponda. La sua. S’insedia così alla Presidenza della casa editrice e nasce il contenzioso legale tra gli eredi di Arnoldo e la Cir. I giudici danno ragione a De Benedetti e ordinano la restituzione delle azioni.

Lo scippatore e gli alleati impugnano quindi la sentenza che viene così rovesciata dal giudice Metta, il quale restituisce il gruppo editoriale al Cavaliere che però perde una fetta, obbligato da Andreotti, tramite una transazione di Ciarrapico (guarda un pò chi scappa fuori…) a cedere alla Cir La Repubblica e L’Espresso, per timore di un monopolio completo nelle mani di Silvio e quindi dell’allora Presidente del Consiglio Bettino.

Il ribaltamento, come si legge nella motivazione, è dovuto alla corruzione del giudice Vittorio Metta tramite Previti, l’avvocato degli affari illeciti dell’allora Presidente della Fininvest, che riceve dalla suddetta società una somma ingente di denaro per “comprare il lodo Mondadori”, di cui circa 400 milioni entrano nelle tasche dell'arbitro giudicante. Esborso di cui Berlusconi ha sempre negato di essere a conoscenza, mentre le toghe ritengono innaturale una mancata accettazione del proprietario per un bonifico di 3 miliardi di lire. Non bruscolini. E ancora, scrivono i giudici: A ciò si deve aggiungere che nel 1993 Sabrina, figlia di Metta, iniziò la collaborazione come praticante nello studio Previti. Infine, dopo le dimissioni di Metta dalla Magistratura, risalenti all’autunno 1994, lo stesso accettò la proposta di Previti di collaborare presso il suo studio in qualità di “supervisore” . 

Il tutto viene quindi dimostrato dalle intercettazioni telefoniche (si scopre così un altro dei motivi per cui il Premier vorrebbe tanto eliminarle), dagli spostamenti di denaro e dalle testimonianze chiave come quella dell’Ariosto, la quale racconta di amicizie molto strette tra Previti e la magistratura che nelle pagine esplicative viene definita "un sistema lobbystico finalizzato alla corruzione di magistrati, gestita da Previti". 

Emerge anche l’anomalia di una sentenza del lodo arbitrale truccato che sarebbe stata scritta e depositata in tempo record e che stranamente nessuna cancelliera ricordava di aver dattiloscritto. Risultava inoltre troppo simile al ricorso fatto dai Formenton in precedenza e quindi probabilmente scritto da una mano berlusconiana ancor prima della decisione ufficiale degli arbitri.

Corruttori e corrotti, tranne il Cavaliere che se la sfanga con la prescrizione ma non viene mai dichiarato innocente, sono stati definitivamente condannati. Non solo, ma venne anche rigettato il ricorso di proscioglimento con formula piena che il Presidente del Consiglio aveva presentato. In quest’ultima sentenza è di nuovo ribadita la sua corresponsabilità nell’aver comprato Metta, il giudice che stravolgerà poi la decisione precedente, e che essendo il relatore, riuscì a influenzare anche la decisione degli altri due arbitri del consiglio. Il nocciolo della questione è dunque la manipolazione giudiziaria accertata che cambiò il percorso. Radicalmente.

E’ per questo che la Cir chiede i danni alla Fininvest, accordati in primo grado dal giudice Mesiano in 750 milioni di risarcimento. In secondo grado la sentenza è stata riconfermata con uno sconto. E nonostante l’inconfutabile scippo del Caimano, ancora dobbiamo leggere simili aberranti negazioni dell’evidenza e sentire starnazzare la figlia Marina? A guardare queste prime pagine, a sentire i vari Verdini&Co, come non dare ragione a Travaglio?

E’ proprio il partito degli onesti, anzi dei domestici.

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