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Licenziamenti Gepin: per i lavoratori di Napoli di nuovo il baratro

La vertenza e la conseguente lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Gepin Contact, non è finita. Iniziata lo scorso 26 febbraio, data d'avvio della procedura di licenziamento collettivo, per recessione dal contratto da parte del Gruppo Poste Italiane Spa per i servizi di call center, i lavoratori e le lavoratrici della Gepin hanno risposto con scioperi, manifestazioni di piazza e presidi all'attacco padronale. 

A seguito delle forti pressioni messe in "strada" erano riusciti a scongiurare il licenziamento di 352 lavoratori nella sede di Casavatore (Na) e 132 nella sede di Roma. Ottenendo così una prima vittoria, anche se parziale. Soprattutto, si erano garantiti l’applicazione della cosiddetta clausola sociale, che prevedeva il reintegro e la continuità lavorativa per chi era in mobilità.
A pochi mesi di distanza, purtroppo, a far precipitare la situazione e con essa la convinzione di aver finalmente ottenuto la salvaguardia del posto di lavoro, ci ha pensato un documento redatto congiuntamente dalle aziende partecipanti alla gara d'appalto per l'erogazione di servizi di Customer service del Gruppo Poste Italiane: la Abramo Customer Care, la 3 GS S.p.A e la E-Care S.p.A.

E sfruttar m'è dolce in questo call center

Questa è la "Triade" affidataria della commessa di Poste e tramite l'applicazione della clausola sociale dovrebbe reintegrare i lavoratori della ormai defunta Gepin Contact. 

Il documento portato al tavolo delle trattative il 3 agosto scorso al MISE – presieduto dalla Viceministro dello Sviluppo Economico Tiziana Bellanova e alla presenza del Ministero del Lavoro, delle aziende sopra citate, delle organizzazioni sindacali e delle RSU – risponde chiaramente alle esigenze delle nuove aziende di effettuare un taglio netto del costo del lavoro, cioè dei lavoratoriSi taglia innanzitutto il salario passando per il taglio delle ore di lavoro quotidiane, previsto sia per i full-time che per i part-time. Inoltre, blocco degli scatti di anzianità e negazione dell’applicazione dell'articolo 18, in aderenza al Jobs Act. Insomma, non vengono rispettate le precedenti condizioni lavorative e si prospetta un deciso peggioramento.

 Le aziende, con il beneplacito del governo, hanno messo i lavoratori davanti ad una scelta che qualcuno già definisce ricatto: accettazione delle condizioni proposte oppure a casa.

L'applicazione della clausola sociale a queste condizioni sembra una presa in giro. Gli stessi sindacati confederali non hanno ritenuto possibile accettare tale accordo. I lavoratori non ci stanno e non intendono cedere al ricatto. La soluzione di questa vertenza dipenderà anche dalla loro capacità di resistenza e di unirsi agli altri lavoratori del settore, anch’essi mobilitati in questi ultimi mesi, da Almaviva ad Assist.

 

Fonti

Il Mediano 

Ministero dello Sviluppo Economico 

Clash City Workers 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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