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Libia 2011: quali le (disastrose) conseguenze per l’Italia?

Il crollo del regime di Gheddafi ha avuto severe ripercussioni sull'economia globale, ma soprattutto sull'economia europea, che ne era direttamente dipendente. Questo è andato ad alimentare la già presente crisi verificatasi tra il 2007 e il 2008. Ma le ripercussioni economiche non sono state le conseguenze principali, almeno da una prospettiva diversa.

 

Instabilità e caos politico, nonché terreno fertile per il terrorismo, sono le conseguenze più tangibili e che sembrano prevalere ormai anche nel futuro, almeno nell'immediato. Dal punto di vista squisitamente italiano-europeo, l'immigrazione è il problema più tangibile dell'instabilità politica della Regione. La competizione sul territorio libico tra milizie, Occidente, e attori non statuali diviene sempre più feroce, incontrollata e, anzi, sono numerosi i gruppi armati formati da attori non statuali che sono riusciti a prendere il controllo di porzioni di territorio. L'immigrazione incontrollata è anche frutto di queste instabilità interne e delle relative minacce, che implicano un aumento del tasso di povertà: il welfare sociale è divenuto pressoché assente e, di conseguenza, il popolo tenta naturalmente la fortuna altrove. Nella maggior parte dei casi, i migranti sono ricattati, minacciati e sfruttati. Essi non sono solo libici, ma anche persone provenienti dai Paesi vicini, e che si ritrovano ad attraversare la Libia per raggiungere l'Europa. Non è un caso che chi migra, migra anche dai Paesi al confine con la Libia: il caos si è irradiato anche nelle regioni adiacenti, spesso provocando guerriglie interne per aggiudicarsi il controllo di quella porzione di territorio. Gruppi di attori non statuali sono riusciti difatti ad accumulare un potere notevole, sottraendo allo Stato ampia parte del controllo sia sul territorio che sull'economia, e spesso riescono a frapporsi tra Stato ed altre entità territoriali. Le zone maggiormente distanti dalle zone del Nord della Libia, e dunque dalle aree maggiormente controllate dal Governo, risentono il doppio della problematica in questione e, anzi, non è raro trovare, lontano dal centro sociale, politico ed economico del Paese, porzioni territoriali autogestite da clan tribali o milizie. Numerose sono le violazioni dei diritti umani che hanno continuato ampiamente a persistere anche dopo il crollo del regime di Gheddafi: la Libia si è trovata e tuttora si trova, davanti ad una delle più grandi crisi umanitarie conosciute in epoca contemporanea; negli ultimi anni, si è avuto un picco del fenomeno di migranti minorenni, spesso bambini, soli e non accompagnati. La situazione migratoria è divenuta ingestibile da parte dell'Europa a causa dell'imprevedibilità dei flussi migratori stessi, nonché della speculazione che se ne fa al riguardo: scafisti e malavitosi hanno trovato nel dramma migratorio un'opportunità economica significativa. Gli scontri tra milizie, che contano decine, se non centinaia di vittime, oltre alla povertà, rappresenta una spinta ulteriore a lasciare definitivamente il Paese, specie per i giovani che non trovano in esso più alcuna opportunità lavorativa né di istruzione di buon livello: con Gheddafi, il livello di istruzione aveva conosciuto un miglioramento significativo, ma ora sembra si sia fatto un passo indietro.

Lo stallo politico, sociale e delle istituzioni alimenta la situazione di incertezza di quel che sarà la Libia in futuro: le istituzioni, che con Gheddafi avevano conosciuto un periodo abbastanza florido, sono ora paralizzate e la loro attività è svolta faticosamente; molte sono pressoché assenti. Nel corso di questi anni, numerosi sono stati gli incontri politici a tema Libia, che hanno coinvolto esponenti di diversi Paesi europei, occidentali, nonché della Federazione Russa e del Medio Oriente, ma ancora non sembra essere chiara la possibilità di un compromesso che riesca a garantire la sovranità e l'integrità territoriale del Paese.

Colpa del Medio Oriente e del Nord Africa che ancora non riescono ad implementare Governi affidabili? No, colpa dell'Occidente irresponsabile e perennemente in cerca di nuovi territori da tastare e, a questo punto, da conquistare.

Le aspettative per il futuro, almeno per l'Occidente, non sono per nulla floride: i Paesi dell'Est e l'Oriente hanno saputo guadagnarsi il rispetto attraverso una diplomazia sincera con il territorio Nord Africano e Medio Orientale, e, soprattutto, senza aver mai messo in discussione, o addirittura tradito, la solida amicizia con questi ultimi, a differenza di quanto fatto dall'Occidente, in Libia e non solo. 

Quali sono allora le opportunità che l'Occidente potrebbe cogliere dai contatti con la Libia, e più in generale, con il Medio Oriente e il Nord Africa, se ci sono? Innanzitutto, tali opportunità, i Paesi Occidentali ce l'avevano sotto gli occhi ma che probabilmente "non se n'erano accorti". O, sotto un altro punto di vista decisamente più plausibile, se ne erano accorti ma il concorrente in gioco - il Governo di Gheddafi- stava diventando più potente di quanto si sarebbero mai immaginati, e proprio non riuscivano ad accettarlo.

Il fatto che la Libia sia stata distrutta dalla NATO quando ha voluto, dimostra ancora una volta che la questione coloniale persiste ma ha cambiato denominazione. 

A questo punto, i Paesi in questione devono decidere: o con la NATO o con gli altri. Non possono "servire due padroni", o sarebbe una scelta troppo comoda, ma ipocrita.

Italia, Francia, Gran Bretagna, ed altri Paesi occidentali, si dicevano mortificati per il loro passato coloniale ma quanto continua ad accadere non sembrerebbe essere troppo distante da quella realtà.

Fin quando si continuerà ad agire secondo politiche opportuniste, non ci sarà mai una vera partnership tra Medio Oriente, Nord Africa e Paesi Occidentali, ma solo sporadiche opportunità.

Opportunità che andranno a dipendere, come detto, dalla convenienza economica per i Paesi destinatari, e cioè per i partners che l'Occidente individua. Ma, una vera e propria alleanza, nonché amicizia, a parer di chi scrive, è da escludere. Sarà da escludere almeno fino a quando i Paesi NATO realizzano che la soluzione migliore è prendere le dovute distanze da tutto ciò che verrà deciso e solitamente asetticamente accettato, com'è stato l'intervento in Libia, e, sempre a parer di chi scrive, da una prospettiva del tutto italiana, la soluzione ottimale sarebbe abbandonare la NATO e cominciare a "muoversi con le proprie gambe", nonché a "pensare con la propria testa". 

Se si vuole davvero contribuire alla ripresa del Paese in modo onesto, sincero, e senza secondi fini, se non con l'obiettivo di garantire ai meno fortunati un tenore di vita migliore, è il caso che USA ed UE soprattutto, rivedano quasi completamente le scelte di politica estera. Ma sappiamo già: è molto difficile che gli USA vogliano contribuire in modo sincero alla ripresa del Paese, pertanto è l'UE a dover fare un passo avanti sul Medio Oriente e sul Nord Africa e un passo indietro sulla NATO. Il fatto che l'UE sia evidentemente succube di una potenza maggiore, è una situazione che spesso e volentieri ha giocato a sfavore della stessa UE, incapace di implementare decisioni di politica estera in modo innanzitutto disinteressato, autonomo e indipendente. 

Come l'UE dovrebbe cominciare a muoversi in una situazione del genere? Almeno dal punto di vista di chi scrive, cominciare a prendere le dovute distanze dalle politiche NATO sarebbe per l'UE un buon inizio, almeno per comunicare ai suoi "vicini di casa" di non essere una minaccia, bensì un'amica, e di non essere, soprattutto, più un predatore, come invece a volte si è dimostrata, proprio come quanto avvenne nella guerra civile libica del 2011.

La neutralità militare e politica dell'Unione Europea sarebbe la situazione ideale, ma chi scrive sa che lo scenario è ben distante dall'essere neutrale e, pertanto, almeno nel prossimo futuro, una tale situazione non è neppure contemplata. 

I goffi tentativi, da parte dell'Occidente, si provare a fare da mediatore e/o conciliatore sia nella situazione di instabilità in Libia, sia nel Medio Oriente in senso lato, sono state sporadiche "apparizioni" per marcare ancora la propria presenza negli affari di rilevanza internazionale, senza però concludere granché.

Rafforzare il dialogo politico nella Regione e promuovere diritti umani e libertà individuali sono gli aspetti che la UE dovrebbe tenere maggiormente in considerazione, affiancando, e mai scavalcando, il ruolo dei singoli Governi nell'area Nordafricana e Medio Orientale. 

In questo momento, la sovranità e l'integrità di ambo le Regioni sono due temi più caldi che mai, e che difficilmente possono essere "raffreddati" senza implementare solidi e floridi rapporti, anche commerciali, con i "vicini di casa", in questo caso soprattutto con l'UE, in cui ancora non vi è una totale fiducia per le cause già dibattute.

Fiducia, partnership oneste e reciproco rispetto sono le peculiarità che più di tutte dovrebbero alimentare i rapporti sociali, commerciali e politici, non solo, ovviamente, nella fattispecie in esame, ma in qualsiasi situazione e nei confronti di qualsiasi Paese.

Proprio perché non sono ancora prospettabili, almeno nell'immediato futuro, un Governo ed una leadership solidi come quella di Gheddafi, è compito della comunità internazionale, e non solo della UE, impegnarsi a favorire lo sviluppo economico-sociale del territorio e a favorire la ripresa delle istituzioni; un Paese senza istituzioni in grado di rappresentarlo è un Paese destinato a declinare, destinato ad essere altresì sopraffatto, sfruttato e stressato dalle altre potenze, e questa è una situazione non più ammissibile in una società "civilizzata" come quella in cui attualmente si vive.

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