• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Religione > Libertà pretese e negate a suon di anatemi

Libertà pretese e negate a suon di anatemi

Le religioni, si sa, differiscono tra di loro e da chi non ne segue alcuna per il fatto di dare risposte diverse alle stesse domande e di avere valori diversi. Per le religioni poi entrambe le cose, risposte e valori morali, provengono da una o più entità divine che le hanno riferite a pochi eletti affinché le condividessero in modo più o meno (di solito più) coercitivo con il resto dell’umanità. Chi non crede non può ovviamente basarsi su dettati divini e perciò fa in genere proprie le risposte che la scienza è in grado di fornire, sospendendo di conseguenza tutte le altre, e fondando i propri valori etici sui diritti umani che si assume siano largamente condivisi. Libertà, rispetto, tolleranza, pari opportunità, autodeterminazione, eccetera. Tanto condivisi da non mancare mai nei discorsi dei chierici. Resta da vedere in che accezione.

Recentemente si è svolto in Vaticano un incontro tra gli organismi Ccee e Kek che riuniscono le maggiori chiese cristiane europee. A ricevere i partecipanti il padrone di casa Francesco, com’era lecito aspettarsi, che nel suo discorso di benvenuto ha parlato della «sfida posta da legislazioni che, in nome di un principio di tolleranza male interpretato, finiscono con l’impedire ai cittadini di esprimere liberamente e praticare in modo pacifico e legittimo le proprie convinzioni religiose». Caspita, questo sì che è grave! Questo è tipicamente uno di quei casi in cui anche un non credente non può essere in disaccordo, è grave che una legislazione limiti in qualche i modo i cittadini della sacrosanta (è proprio il caso di dirlo) libertà di culto. Mettiamoci anche quella di non culto sebbene Bergoglio l’abbia tralasciata, magari per semplice disattenzione. Ancora più grave è che questa limitazione derivi da un malinteso principio di tolleranza.

Ma a cosa ci si sta riferendo esattamente? Secondo il cardinale Bagnasco, intervistato dall’agenzia Sir, il riferimento sarebbe a una “dittatura del pensiero unico”; e già qui un po’ viene da ridere pensando che a dirlo è un’organizzazione basata su dogmi incontestabili e principi non negoziabili, nonché retta da un monarca assoluto che si auto dichiara infallibile. Andando avanti Bagnasco parla di una gogna alla quale viene messo chi dice o non dice determinate cose codificate dal pensiero dominante, cose in contrasto con i valori della Chiesa cattolica minati dalle legislazioni introdotte sui temi dell’eutanasia, dell’aborto, delle unioni civili. Eccoci arrivati al fulcro della questione. La minaccia per la libertà di culto sta dunque nel riconoscimento delle libertà individuali. Che le religioni e i diritti umani fossero fondamentalmente incompatibili lo diciamo da sempre, per qualunque religione una società secolare è “sana” solo se disposta a codificare come reato tutto quello che essa considera peccato. Adesso la stessa cosa la dicono a chiare lettere anche i gerarchi cattolici, rendendo arduo se non impossibile riuscire a rigirare la frittata.

È chiaro che le cose stanno esattamente al contrario visto che quelle legislazioni di cui parla Bagnasco, e in generale tutte le norme che introducono libertà individuali, sono pienamente rispettose di qualunque culto per il semplice fatto che non obbligano nessuno ad avvalersene. Le unioni non matrimoniali non minano affatto il matrimonio religioso perché non lo escludono. È semmai chi nega ad altri la possibilità di formarsi una famiglia senza imprimatur religiosi il liberticida. È chi nega agli omosessuali perfino il diritto di esistere l’intollerante, animato quasi sempre da principi religiosi che portano i più integralisti ad azioni come quella intrapresa legalmente negli Usa da Sylvia Ann Driskell contro tutti gli omosessuali, per cui si fatica perfino a trovare un aggettivo che possa definirla in modo appropriato. Tanto per ribadire quanto già detto sopra, Driskell chiede esplicitamente che l’omosessualità sia riconosciuta come peccato da uno Stato di diritto.

Il fine vita, poi. Come si può affermare seriamente che obbligare qualcuno a vivere una non vita contro la sua volontà sia da considerare un modo per affermare il principio della libertà di culto? Nessuno ha il diritto di entrare nel merito di quanto una persona sceglie per sé senza ledere in alcun modo il diritto degli altri, e ciò vale quando la scelta è dettata da motivazioni religiose così come vale per qualunque altra ragione. L’unico obbligo è quello di non obbligare. L’unico diritto negato è quello di privare altri dei loro diritti. Se il medico ha problemi di coscienza a riconoscere i diritti del malato, e quindi ad accettare di sospendere cure che mantengono uno stato di vita intollerabile per il paziente o a mettere in atto pratiche che lo accompagnino verso una morte dignitosa, nessuno può obbligarlo. Avrà anche sbagliato mestiere e non può recriminare nulla perché è stata la sua scelta. Se un testimone di Geova decide di intraprendere la carriera di ematologo non può non conoscerne le conseguenze. Ma la struttura sanitaria pubblica sarà comunque obbligata, lei sì, a erogare il servizio e quindi ad assumere solo medici in grado di fornirlo.

Il problema dell’obiezione di coscienza è proprio il principale liberticida a trazione religiosa quando si parla dell’aborto, diritto riconosciuto da una legge e successivamente confermato da un referendum votato paradossalmente (ma neanche tanto) da molti cattolici. In varie province italiane il servizio non viene proprio erogato con il risultato che le donne si trovano a dover letteralmente migrare altrove con tutte le conseguenze del caso. Saranno contenti Bagnasco e Bergoglio, che certamente non avranno mai bisogno di chiedere una Ivg. A loro della gogna alla quale vengono messi quei medici che stoicamente aiutano le donne, rifiutando di conformarsi a un clima di vera e propria inquisizione, non interessa, no. Come nel caso della dott.ssa Ciccone, dirigente e ginecologa non obiettrice in un ospedale irpino che è stata perfino definita sarcasticamente “portinaia del paradiso degli aborti”, cosa in un certo senso vera visto l’inferno da dove provengono molte donne che si affidano a lei. Anzi, ben venga la gogna se è funzionale alla causa moralista, l’umanità sarà così redenta e tutti saranno salvi. Loro in testa. Le presunte aperture bergogliane in coda.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità