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Legge elettorale: è in arrivo il “suinellum”

A quanto pare siamo in dirittura di arrivo per la nuova legge elettorale, che tanto nuova poi non è. Procediamo con ordine, iniziando dalla Camera le cui novità, grosso modo, sarebbero le seguenti:

1 Il premio di maggioranza da variabile (oggi attribuisce il 54% dei seggi alla coalizione arrivata prima, qualsiasi sia la percentuale di voti ottenuta) diventa fisso (+15% dei seggi per il Pd, + 10% per Udc e Pdl).
In via subordinata viene ipotizzato dal Pd di mantenere l’attuale meccanismo di premio al 54% dei seggi alla prima coalizione.

2 La soglia di sbarramento viene aumentata dal 4% al 5% nazionale, anche se non è ancora chiaro se la cifra va riferita a ciascuna lista o alla coalizione, per capirlo occorrerà vedere l’articolato di legge. Sembrerebbe che il riferimento debba intendersi alle singole liste (come è nell’attuale legge), ma così potrebbe verificarsi il caso di una coalizione di 8 partiti, tutti al di sotto della soglia del 5%, ma al di sopra del 4%, che resta del tutto esclusa dal Parlamento, pur avendo totalizzato quasi il 30% dei voti. Anzi, potrebbe verificarsi –in teoria- il caso di una coalizione che vince le elezioni arrivando prima, ma, essendo composta solo da liste sotto quoziente, ottiene solo il 15% dei seggi del premio di maggioranza. Vice versa, se dovessimo intendere che il 5% debba essere raggiunto dalla coalizione, si tratterebbe di un quoziente quasi inefficace ed irrazionale: potrebbe accadere che sei liste ciascuna intorno alla 0,9% dei voti ottenga la rappresentanza, mentre un partito che si presenti da solo ottenendo il 4,9% ne resti escluso. Aspettiamo di capire cosa vogliono.

3 I seggi sarebbero distribuiti su base circoscrizionale, ma qui le proposte dei partiti divergono: il Pd propone che il 75% dei seggi sia articolato per collegi uninominali interni alla circoscrizione ed il 25% su lista bloccata circoscrizionale (più o meno come era nel “Mattarellum”), il Pdl (per una volta un po’ più democratico del Pd) propone 1/3 su lista bloccata e 2/3 con preferenza in ogni collegio e l’Udc prevede lo stesso meccanismo ma con un listino bloccato al 25% dei seggi. Resta da capire se, nella distribuzione dei seggi interna a ciascuna lista, il listino bloccato preceda nel suo totale i seggi ottenuti nei collegi o sulla lista con preferenze oppure se il listino assorba solo 1/3 o 1/4 dei seggi ottenuti dalla coalizione ed il resto vada ai collegi o ai preferenziati.

4 Resta in tutti i casi un’unica scheda, ma mentre il Pd la riferisce ai collegi uninominali, quella degli altri due partiti pensano ad una scheda di circoscrizione con preferenza.

E veniamo al Senato: l’attuale sistema basato di circoscrizioni regionali sarebbe sostituito da un sistema nazionale identico a quello per la Camera. La cosa però comporta un piccolo inconveniente: si tratterebbe di una legge incostituzionale perché il primo comma dell’art 57 stabilisce che “Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale” e quindi non prevede né soglie di sbarramento né premi di coalizione a livello nazionale. Si potrebbe procedere a revisione costituzionale ed abrogare quel comma, ma non ci sarebbero i tempi tecnici ed, inoltre, questo non sarebbe coerente con la trasformazione del Senato ad indirizzo federale appena votata dal Parlamento. Personalmente sono contrario ad ogni forma di federalismo, ma il problema di coerenza fra le diverse norme si porrebbe oggettivamente. Il Parlamento può benissimo approvare la legge ignorando il problema e, magari, altrettanto “distratto” potrebbe essere il Capo dello Stato, al caso invocando una qualche emergenza, ma come evitare che, dopo le elezioni, fiocchino i ricorsi giurisdizionali con relativa eccezione di costituzionalità? Di fatto, chiamiamo le cose con il loro nome, si tratterebbe di un colpo di Stato per consentire ai partiti di aggirare il rischio di un Senato senza maggioranza precostituita.

Ma veniamo alla Camera. La novità maggiore riguarderebbe il premio di maggioranza non più fisso (54% dei seggi al vincitore): questo significa che la legge elettorale non assicura più che il primo arrivato abbia automaticamente la maggioranza alla Camera. Ad esempio può capitare che, in una situazione in cui ci siano molte coalizioni e quella che vince ha solo il 30%, essa potrebbe fermarsi sotto il 50% dei seggi (in quel caso occorre vedere quanti siano i seggi da redistribuiti per il mancato raggiungimento del quoziente da parte dei minori). E qui già si intravedono i giochi dei singoli partiti: il Pd, che gioca a vincere la partita da solo o quasi, aumenta il premio al 15% (o addirittura ipotizza di lasciare l’attuale premio al 54% dei seggi), calcolando che, con gli alleati, il 35% dei voti lo supera; al contrario, il Pdl lo abbassa al 10%, proprio nella speranza che il Pd non ce la faccia ad avere la maggioranza dei seggi ed i giochi si riaprano per un nuovo governo di unità nazionale come il presente. L’Udc, come si sa, si sta orientando all’ alleanza con il Pd e, quindi, dovrebbe essere interessata ad un alto premio di coalizione, ma non è affatto sicuro che questa alleanza vada in porto, per cui gioca sul sicuro abbassando il premio di coalizione, con lo stesso calcolo del Pdl. Peraltro, questo rafforza il suo peso contrattuale con il Pd, perché un rovesciamento di fronte o la ri-nascita del terzo polo –magari intorno a Cordero di Montezemolo- potrebbe mettere seriamente a rischio la vittoria del Pd che, a questo punto, deve concedere a Casini tutto quello che gli chiede.

Il gioco si fa scoperto al Senato dove il Pdl introduce una clausola di sbarramento del 10% in almeno due regioni (nella speranza che Grillo non superi questa soglia in più di una regione ed il calcolo è fatto anche considerando che la base elettorale del M5s è in parte considerevole di under 25) ed il Pd del 10% in almeno una regione (e qui il riferimento, più che a Grillo sembra rivolto a rendere la vita più difficile ad un eventuale polo Idv-Sel).

La questione della soglia di sbarramento pone un problema: (considerando l’ipotesi della clausola applicata alle singole liste) dove vanno i seggi mancati dalle liste sotto quoziente? Vanno alla coalizione di appartenenza, distribuiti fra le liste che hanno superato il 5% o tornano nel canestro comune, suddivisi fra tutti? La soluzione più logica appare la prima, ma, in questo caso, questo incoraggerebbe i partiti maggiori a contornarsi del maggior numero possibile di micro liste collaterali, sia per sfruttare l’apporto di preferenze dei candidati, sia per l’effetto “lista civetta”. Ma questa è una questione marginale.

Venendo alle questioni maggiori, è divertente la questione delle preferenziali: la destra berlusconiana e gli eredi del Pci hanno da sempre odiato le preferenziali, nella convinzione che fosse un diritto dei partiti (o del proprietario del partito) designare deputato chi gli pare. Il Pd (e prima il Pds) si è sempre nascosto dietro il dito dei collegi uninominali, come se questo non significasse ugualmente che l’elettore non ha altra possibilità che scegliere il simbolo accettando a scatola chiusa il o i candidati impostigli. Berlusconi ha sempre preferito il metodo lista bloccata (che peraltro era parzialmente presente anche nel Mattarellum tanto amato dal Pds). Quando venne approvato il Porcellum il centro sinistra tuonò contro il “Parlamento dei nominati”, la “Camera degli autisti e dei maggiordomi” ecc. Ora ci si immaginerebbe che la sinistra riscopra le preferenze e la destra si ostini a difendere il meccanismo della nomina regia. E invece, la sinistra – nel suo afflato brezneviano- torna di bel nuovo a proporre listino bloccato e collegi uninominali, cioè un Parlamento composto al 100% di lacchè di partito. Come dire: “vota questa bestia che ti presento nel collegio uninominale, perché, in cambio, contribuirai ad eleggere la lista di teste di legno del listino circoscrizionale”. Ma come volete che questa sinistra possa mai governare una società civile che non capisce e che, nel suo intimo, disprezza?

La destra berlusconiana, invece, riscopre le preferenziali: non perché siano rimasti a corto di autisti ed escort da eleggere, ma perché sperano di aggirare l’ondata di protesta e, nello stesso tempo, di raccogliere un po’ di voti in questa maniera (ma questa più di Berlusconi deve essere una idea dei suoi che mirano a mettere la poltrona al sicuro dai colpi di testa del capo che minaccia sfracelli generazionali).

Insomma stiamo per abolire il Porcellum ma solo per approvare il “suinellum”. D’altro canto, da una classe politica di maiali cosa vi aspettate?

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