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Legge elettorale | Con il “Rosatellum” maggioranza a portata dei tre poli

Ecco le simulazioni del “Rosatellum”, la proposta del PD per una nuova legge elettorale: come andrebbe a finire se si votasse con questo sistema?

di Salvatore Borghese

La notizia politica di questi giorni (anzi, di queste ore) è quanto sta accadendo alla Camera in commissione Affari costituzionali. Dopo l’elezione di un relatore “di minoranza”, il presidente della Commissione Andrea Mazziotti, eletto da tutti i partiti ad eccezione del Pd, era stato da quest’ultimo presentato un testo base “minimalista”: la proposta Mazziotti era in pratica il cosiddettoLegalicum, ossia l’estensione anche al Senato del sistema elettorale in vigore per la Camera dei Deputati dopo gli interventi con cui la Corte costituzionale aveva bocciato alcune parti dell’Italicum (in primis, il ballottaggio ).

Fatto sta che il “Legalicum” prevedeva che, se nessuna lista avesse raggiunto il 40% dei voti, si sarebbe applicata una ripartizione proporzionale con soglia di sbarramento al 3%. E questo, stante l’improbabilità che una lista in uno scenario tripolare (come quello attuale) raggiungesse il 40%, si sarebbe tradotto facilmente in una garanzia di ingovernabilità. A ciò si è opposto il Pd, che ha annunciato il suo voto contrario costringendo Mazziotti a ritirare il testo e a dimettersi da relatore.

A quel punto il nuovo relatore è diventato Emanuele Fiano (Pd), che ha presentato una sua proposta, molto diversa dal “Legalicum”: un sistema misto, 50% maggioritario e 50% proporzionale . Nel testo, che qualcuno ha ribattezzato “Rosatellum” (dal nome del capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato), sono previsti per la Camera 303 collegi uninominali e altrettanti seggi proporzionali da distribuire in collegi plurinominali, ciascuno i quali eleggerebbe da 2 a 4 deputati. Alla ripartizione proporzionale avrebbero accesso solo quelle liste che superino il 5% su base nazionale. Previste anche norme per la parità di genere (la % di candidati dello stesso sesso non può superare il 60% per nessuna lista).

Di fatto, come ha fatto notare Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, un sistema per certi versi simile al Mattarellum (in vigore nelle elezioni 1994, 1996 e 2001), con alcune differenze: nel Mattarellum era diversa la proporzione tra quota maggioritaria e quota proporzionale (era infatti 75-25); la soglia di sbarramento era del 4%; si votava su due schede separate (alla Camera); ed esisteva il famigerato “scorporo”, che serviva ad attenuare la distorsione maggioritaria generata dai collegi uninominali. Nulla di tutto ciò si trova nella proposta Fiano, che contempla invece una scheda unica e una ripartizione dei seggi “indipendente” tra parte maggioritaria e parte proporzionale.

Somiglianze

Se le caratteristiche di questa proposta vi ricordano qualcosa, non vi sbagliate: somiglia davvero molto, infatti, alla proposta che noi di YouTrend abbiamo presentato, quasi esattamente un mese fa, alla Camera dei Deputati. Vi sono alcune differenze, a cominciare dalla soglia di sbarramento, che nella nostra proposta era più bassa (al 3%, per garantire un diritto di tribuna alle forze minori). Ma è identico l’impianto di fondo, e cioè la divisione esattamente a metà tra quota maggioritaria, basata sui collegi uninominali, e quota proporzionale di lista. Com’è ovvio, è praticamente identico anche il numero di collegi, che nella nostra proposta erano stati persino ritagliati a livello comunale. E proprio sulla base di questo lavoro di ritaglio dei collegi, siamo in grado di rispondere alla domanda che tutti – addetti ai lavori e non – si stanno ponendo in queste ore, e cioè: cosa accadrebbe se si votasse con questo sistema?

Simulazione “esatta” è impossibile

Prima di rispondere, va fatta una premessa metodologica: simulare il risultato esatto di una competizione basata (seppure solo per metà dei seggi in palio) su collegi uninominali non è tecnicamente possibile. L’esito finale infatti sarebbe la somma di una pluralità (nel nostro caso, 309) di sfide indipendenti, in cui si molti seggi particolarmente “combattuti” possono essere vinti o persi per una manciata di voti, a fronte di spostamenti anche impercettibili sul totale nazionale dei voti espressi. Per questa ragione, se partiamo da quest’ultima variabile (i voti espressi nazionalmente) possiamo produrre solo delle stime, sotto forma di intervalli di seggi: posto che consideriamo un seggio “contendibile” se il vantaggio del partito/coalizione in testa è compreso tra 0 e 5 punti percentuali, proviamo quindi a fornire una stima minima in cui ipotizziamo che tutti i seggi contendibili vengano persi; e un’altra stima, massima, in cui invece ipotizziamo che tali seggi vengano tutti vinti.

Lo scenario tripolare

Lo scenario attuale, secondo tutti i sondaggi (che potrete leggere a parte, nella nostra Supermedia aggiornata) è tutt’ora uno scenario quasi perfettamente tripolare. I tre poli (M5S, PD, centrodestra) sono tutti compresi tra il 28 e il 30 per cento dei consensi. Ecco allora come sarebbero distribuiti i 618 seggi alla Camera se si votasse domattina con la proposta Fiano:

Ripartizione dei seggi

(attuali intenzioni di voto – esclusi i 12 seggi della circoscrizione Estero)

Centrodestra: 222 seggi (min: 191 – max: 251)

Movimento 5 Stelle: 200 seggi (min: 171 – max: 229)

Partito Democratico: 196 seggi (min: 183 – max: 222)

Come si vede, nessuno dei tre poli, neanche nella migliore delle ipotesi, otterrebbe la maggioranza assoluta (310 seggi) in grado di formare un governo. Ma a ben vedere, questo non solo è normale, ma è persino giusto. Con tre poli di eguale peso, tutti intorno al 30% dei voti, un sistema che garantisse ad uno solo di essi una maggioranza assoluta (in un turno di votazione unico) sarebbe estremamente distorsivo, forse troppo per essere giudicato costituzionalmente legittimo. Ma ipotizziamo invece che uno dei tre poli ottenga invece un risultato nettamente superiore agli altri due: diciamo, il 35% a fronte del 28% raccolto dagli altri due. Ecco come cambierebbe lo scenario:

Se il 35% lo avesse…

…il Centrodestra: 282 seggi (min: 256 – max: 311)

…il Movimento 5 Stelle: 275 seggi (min: 246 – max: 314)

… il Partito Democratico: 281 seggi (min: 237 – max: 321)

Sorpresa: tutti e tre i poli, con il 35% dei seggi, potrebbero – se si verificasse il caso a loro più favorevole – ottenere, seppur di pochissimo, la maggioranza assoluta. Anche secondo la stima “media”, ciascuno di loro potrebbe comunque ottenere tra i 275 e i 282 seggi, di fatto divenendo indispensabile per formare una maggioranza di governo.

E cosa accadrebbe se invece uno dei tre poli riuscisse a fare addirittura il 40%? Vediamo:

Se il 40% lo avesse…

…il Centrodestra: 324 seggi (min: 285 – max: 356)

…il Movimento 5 Stelle: 327 seggi (min: 299 – max: 353)

… il Partito Democratico: 341 seggi (min: 294 – max: 379)

Poco sorprendentemente, in questo caso chiunque ottenesse il 40% avrebbe la quasi certezza di avere una larga maggioranza parlamentare, almeno alla Camera. Un’altra particolarità di questo sistema è la sua replicabilità quasi perfetta anche al Senato (utilizzando naturalmente un numero di collegi pari alla metà). Anzi, la necessità di ripartire i seggi non più a livello nazionale bensì a livello regionale – come prevede la Costituzione – avrebbe come effetto quello di alzare la soglia di sbarramento “implicita” e di risultare ulteriormente premiante per i partiti maggiori.

I prossimi giorni saranno decisivi per il destino di questa proposta di legge: se non nel suo impianto generale, senz’altro nei suoi dettagli. Quando si parla di leggi elettorali, infatti, questi ultimi possono fare la differenza tra la vita e la morte (in senso figurato) di una forza politica.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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