Legge di stabilità: qualcosa di laico sull’8×1000?

Il 23 dicembre è stata approvata la legge di stabilità voluta dal governo Letta. Nel clima di urgenza e di confusione (vedi l’assalto alla diligenza sul decreto salva-Roma, con tanto di 500.000 euro destinati al santuario di padre Pio), è stato scarso lo spazio di manovra per introdurre riforme laiche. Ma arriva una novità importante: la destinazione dell’8×1000 dello Stato anche per il mantenimento dell’edilizia scolastica pubblica.
Ancora una volta i partiti hanno perso l’occasione per incidere davvero su certi privilegi, a parte timidi segnali, giochi al ribasso e qualche gesto concreto. Solo il Movimento 5 Stelle ha proposto emendamenti per ridimensionare i costi della Chiesa: in particolare il salario minimo di cittadinanza coperto con l’imposta sugli immobili di proprietà ecclesiastica, con annessa interrogazione sull’Ici.
Costi che gravano ancora di più sulle tasche di tutti i cittadini in un momento di crisi come quello odierno. Anzi, in alcuni casi sono stati confermati certi trattamenti di favore. Mentre per esempio i finanziamenti all’ospedale vaticano Bambin Gesù sono garantiti (ben 80 milioni), al Gaslini di Genova toccano le briciole (5 milioni). Sono rimasti intatti, rivendica il sottosegretario all’istruzione Gabriele Toccafondi (già Pdl ora Nuovo centrodestra, nonché ciellino), anche i fondi per le scuole paritarie, a stragrande maggioranza cattoliche: quasi 500 milioni quest’anno e altri 500 l’anno prossimo.
Ma in tutto questo è stato comunque approvato un articolo che rischiava di passare inosservato, visto l’oscuro riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222. Grazie a un emendamento proposto da Francesco Cariello del Movimento 5 Stelle, l’articolo 48 della legge di stabilità 2014 allarga infatti il campo della quota dell’8×1000 che finisce allo Stato. Che ora potrà utilizzarla non solo per “gli interventi straordinari per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali”, ma anche per “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”.
Una riforma di cui si parla da anni, almeno dal settembre 2011, quando nonostante la contrarietà del governo venne approvato un ordine del giorno con primo firmatario Antonino Russo (Pd). E ora almeno su questo si va proprio, anche se con timidezza, nella direzione laica auspicata dall’Uaar: che già espresse apprezzamento allora, nonostante fosse consapevole della portata limitata del voto e del rischio di foraggiare anche le scuole private cattoliche. Un rischio che ora sembra essere stato superato.
Sappiamo bene che il sistema dell’otto per mille è sbilanciato a monte, perché favorisce le Chiese — e in particolare quella cattolica — ed è auspicabile la sua abolizione per lasciar finanziare a chi vuole la propria confessione religiosa, come abbiamo più volte chiesto. Ma fa piacere vedere come dopo tanti anni di impegno qualche risultato cominci ad arrivare: la novità contenuta nella legge di stabilità fa seguito alla decisione del governo Monti di destinare il gettito di pertinenza statale alle calamità naturali e al risanamento del bilancio.
L’Uaar non ha mai dato indicazioni sulla scelta da compiere: l’alternativa è tra confessioni religiose e uno Stato che, in passato, spesso ha utilizzato i suoi fondi per scopi poco nobili, addirittura a favore di beni di proprietà ecclesiastica. Ora il meccanismo è forse un po’ più equilibrato, e lo sarà ancora di più se le istituzioni – a cominciare dai Comuni, a cui competono i costi dell’edilizia scolastica – avranno il coraggio di promuovere una corretta e dettagliata informazione sull’8×1000: anche sui mass media e sulla tv pubblica, ora monopolizzati da spot clericali.
Perché i cittadini devono sapere che un’alternativa alla Chiesa c’è: comprende scopi umanitari, calamità naturali, beni culturali e, da oggi, finalmente anche la scuola. E scuola significa cultura, educazione alla cittadinanza, consapevolezza. Soprattutto ora che la scuola pubblica versa in grave crisi, è svilita, subisce tagli indiscriminati e ha disperato bisogno di denaro per essere rilanciata — o anche solo per mettere a norma i tanti edifici ormai in condizioni disastrate.
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