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Legge di Stabilità: stabilmente treccartari, divorano il futuro

In base alle prime indiscrezioni sulle bozze della legge di Stabilità, l’impressione è che ci troviamo di fronte all’ennnesimo gioco delle tre tavolette. E per l’ennesima volta non finirà bene.

Intanto, l’impianto generale: la manovra è moderatamente espansiva, visto che il deficit-Pil strutturale, cioè corretto per il ciclo, passa da 0,7% del consuntivo 2013 allo 0,9% per il 2014. Di fatto, il governo lascia operare gli stabilizzatori automatici, portando il deficit-Pil assoluto al 2,9%, in linea col deterioramento congiunturale, e su quello negozierà con la Ue. Tra le cose certamente positive c’è l’eliminazione dall’Irap del costo del lavoro. Una manovra che andava fatta almeno quattro anni addietro, a dirla tutta. Ma eravamo troppo impegnati a discettare di “abolizione” Imu prima casa ed altre idiozie. Le buone notizie finiscono qui.

Riguardo il resto della manovra, dal lato delle coperture ci sono 15 miliardi di euro che vengono presentati come “spending review“, ma che in realtà sono normali tagli di spesa, e comunque ancora avvolti nella nebbia. Ad esempio, il governo prevede un taglio di 4 miliardi, a legislazione invariata (cioè sul tendenziale) per le Regioni. Ciò si traduce in una riduzione nominale di spesa di 2 miliardi per il 2015. Considerato che il governo, nelle bozze della Legge di Stabilità, ha confermato per i prossimo anno l’aumento di 2 miliardi del Fondo sanitario nazionale, sarà interessante capire dove avverranno i tagli (Fondo nazionale trasporti?). La verità è che quei 15 miliardi di interventi sulla spesa sono al momento una black box.

Poi ci sono gli aspetti comici, o quasi. Ad esempio, il Tfr in busta paga. Secondo le prime bozze, le banche dovrebbero fungere da tesoreria per Inps, affinché esista ponderazione nulla ai crediti erogati alle imprese i cui dipendenti chiederanno la liquidazione del Tfr in busta paga. Ma questo rischia di causare, per interpretazione Ue, un aumento secco del debito pubblico italiano, a causa della garanzia. Ma non è tutto: le bozze prevedono (art.6) che l’importo potrà essere liquidato mensilmente dal primo gennaio e la richiesta, se fatta, sarà irrevocabile sino al 2018. Ma soprattutto, l’importo sarà assoggettato a tassazione ordinaria, cioè ad aliquota marginale Irpef. Commenti? Insulti? Varie ed eventuali?

Riguardo l’azzeramento triennale dei contributi per neo assunti a tempo indeterminato, le bozze prevedono un approccio molto restrittivo, in termini di eleggibilità. Il taglio dei contributi, infatti, non varrà per assunzioni di lavoratori che nei sei mesi precedenti sono stati occupati con contratto a tempo indeterminato “presso qualsiasi datore di lavoro”. In pratica, il lavoratore dovrà essere alla ricerca di prima occupazione o disoccupato da almeno sei mesi o con contratti diversi da quello a tempo indeterminato. Il taglio dei contributi per i neo assunti a tempo indeterminato avrà inoltre un limite massimo annuo di 6.200 euro. L’azzeramento dei contributi arriva quindi fino a circa 19 mila euro annui di retribuzione. La misura appare calibrata in sinergia con le nuove norme del Jobs Act, ma resta il caveat di fondo: se l’economia va male, le aziende non domandano lavoro, punto. Quindi sarebbe utile evitare di dire scemenze del tipo “ora le aziende non hanno più alibi”, e questo vale soprattutto per i giornalisti, un po’ ultrà ed un po’ cocoriti.

Tra le altre misure, continua a non esserci chiaro come si possa usare come copertura (per 3,8 miliardi) la voce “lotta all’evasione fiscale” senza aspettarsi di essere mandati a stendere dalla Ue, ma forse ci sfugge qualcosa. E veniamo alla voce “rendite”, quella che nel 2015 dovrà fornire 3,6 miliardi di euro, di cui 2,4 già acquisiti con la manovra di tassazione delle “rendite pure” fatta quest’anno. La differenza di 1,2 miliardi di nuova tassazione viene dalle Fondazioni bancarie e dai fondi pensione. Riguardo questi ultimi, girano le voci più disparate. Ad esempio, che il risultato annuale di gestione sarebbe tassato non più all’11,5% (già aumentato quest’anno, peraltro) bensì al 20%, mentre per le casse professionali si parla del 26%. Se così fosse, sarebbe la certificazione che il governo vuole l’eutanasia del secondo pilastro previdenziale, proprio mentre il passaggio generazionale al contributivo determinerà tassi di sostituzione sensibilmente più bassi. Poi, se a Renzi e Padoan avanza tempo, suggeriremmo un bel testo base di matematica finanziaria, al capitolo capitalizzazione composta. Magari aiuta.

Ultima cosa, per ora. Renzi ribadisce ad ogni piè sospinto che questa manovra è rivoluzionaria. Ha ragione, non foss’altro perché questa manovra ha inserito la clausola di salvaguardia sulla clausola di salvaguardia. In pratica, funziona così: la legge di Stabilità sterilizza, annullandoli, i tagli per 3 miliardi previsti dal governo Letta alle agevolazioni fiscali nel 2015, cioè disinnesca una clausola di salvaguardia ma – come clausola di salvaguardia al quadrato – prevede che dal 2016 possano aumentare l’Iva e le accise della benzina. Spingendo le tasse ed il dissesto più in là. Non avevamo mai visto una cosa del genere, sinora. La crisi induce sofisticate forme di perversione.

Quindi, riassumendo: questa gente vuole tutto ed il contrario di tutto. Vuole che i sudditi consumino, per edonismo o per fame, e di conseguenza sblocca il Tfr (e la previdenza complementare), ma tassa tutto ad aliquota marginale, depotenziando in modo definitivo l’impatto della misura. Poi, questa gente vuole tassare a sangue i risparmiatori, appena respirano, dopo aver attuato una operazione “culturale” di pura depravazione, che arriva a definire “rendita” il risparmio previdenziale (e qui vergognati, Renzi, per quella slide. Ma tanto, se ne sei capace).

A questo fine si raddoppia la tassazione sul risultato di gestione annuale dei fondi pensione, azzoppando il montante futuro. Epperò questa gente vuole anche stimolare gli agonizzanti investimenti, ignorando che il risparmio di oggi determina investimenti domani. Se ammazziamo il risparmio oggi, niente investimento domani. E invece no, non ci arrivano. Quando un paese riesce a produrre simili aberrazioni, è giusto che vada incontro al proprio destino. Altro da aggiungere non vi è.

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.115) 17 ottobre 2014 10:39

    L’imbarazzo che si prova nel prestare attenzione a certe trovate della classe politica italiana è simile al disagio che si prova in una riunione importante nel vedere che uno degli astanti si mette le dita nel naso o scorreggia rumorosamente.
    La differenza è che nel secondo caso si può far finta di niente.

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