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Le proposte di nuova legge elettorale: ovvero come ti frego il M5s

E’ la terza volta in 10 giorni che inizio questo articolo: per due volte, appena l’avevo finito, veniva fuori un’altra proposta che superava la precedente: prima Renzi sembrava andare verso il sistema tedesco, poi si scopriva che, in realtà era una mediazione fra il sistema tedesco ed il Mattarellum ( la Legge Mattarella approvata nel 1993 e che ha avuto vigenza sino al 2002, quando venne introdotto il cosiddetto “Porcellum” cioè Legge Calderoli), poi è venuto fuori il “Rosatellum” (da Rosati) che era un “Mattarellum” peggiorato, poi Berlusconi è tornato al modello tedesco e Renzi ha subito accolto l’idea accantonando il Rosatellum che, però resta come base di discussione per mediare con Berlusconi. 


In realtà, si tratta della stessa legge truffa con varianti di dettaglio pure sensibili ma che richiederebbero ciascuna un lungo ragionamento tale da asfissiare i lettori. Per cui, non faremo esame approfondito delle varie proposte di legge, che richiederebbero anche una attenta analisi dei vari combinati disposti con tutte le altre norme esistenti; qui ci limitiamo a una prima ricognizione complessiva, spiegando per grandi linee la logica dei progetti in questione che, in definitiva, si riducono ad un solo obiettivo: far fuori le opposizioni (M5s in primo luogo, ma anche Sinistra Italiana, Articolo 1-Mdp e Lega).

Partiamo da una cosa: si può ragionare intorno al modello tedesco (più correttamente detto “metodo Geyerhahan, dal nome del suo ideatore), ma tenendo presente alcuni limiti che la Costituzione italiana pone e tenendo conto che non ci sono i tempi per una eventuale modifica costituzionale ma stando attenti a non snaturare la cosa contrabbandando per modello Geyerhahan una cosa diversa.

Mi spiego, il sistema tedesco è un sistema proporzionale puro che funziona così: l’elettore riceve una scheda su cui esprime due voti, quello per il candidato del suo collegio uninominale e l’altro per la lista bloccata del partito che preferisce. Dopo di che i seggi vengono divisi con rigoroso metodo proporzionale sulla base dei voti ai singoli partiti (voti della seconda scheda). I candidati sono per metà quelli dei collegi uninominali e l’altra metà quelli delle liste bloccate di partito. Ad esempio 100 uninominali e 100 nelle liste bloccate. Si procede in questo modo: il totale dei 200 seggi viene diviso proporzionalmente sulla base dei voti di partito, da questi, poi vengono sottratti i seggi che quel partito ha già ottenuto nei collegi uninominali e quel che resta viene preso dalla quota delle liste bloccate che abbiano superato il 5%.

Esempio:

Cdu 40%, Spd 30%, Fdp 10%, Verdi 20%, quindi, questo significa che il totale dei seggi sarà distribuito così: democristiani 80 seggi, socialdemocratici 60, liberali 20, verdi 40.

Considerato che nei collegi uninominali la Dc di seggi ne ha presi 70, i socialdemocratici 25, i verdi e i liberali nessuno, i 100 seggi di quota proporzionale saranno divisi cosi: 10 ai Dc, 35 alla Spd, verdi 35, liberali 20. Chiaro?

Però può accadere che un partito nei collegi uninominali abbia avuto più seggi di quelli che gli spetterebbero in tutto. Ad esempio, i liberali che dovrebbero avere 20 seggi in tutto, per un caso hanno vinto in 25 collegi uninominali e, quindi, sono andati oltre quel che dovrebbero avere. In questo caso la legge prevede che vengano “aggiunti” agli altri partiti tanti seggi quanti sono necessari a ristabilire l’equilibrio proporzionale. Questa non è una ipotesi teorica, perché in Germania è accaduta effettivamente nel 1961, quando la Dc andò oltre il totale che gli spettava, avendo conquistato troppi collegi uninominali e si aggiunsero seggi a liberali e socialdemocratici per raggiungere l’equilibrio proporzionale.

Ma in questo modo, il totale dei parlamentari cresce, e questo si può fare perché la Costituzione lo consente. Ma in Italia il numero dei deputati è fisso e non modificabile, per cui una pura e semplice trasposizione del modello tedesco non è possibile sic et simpliciter.

Quello che in Germania è stato un rischio quasi meramente teorico (avveratosi una sola volta nel 1961) in Italia sarebbe, invece una probabilità piuttosto elevata. Infatti, considerato che abbiamo tre/quattro aree elettorali distinte, più una serie di liste minori, è molto probabile che un partito vinca nei collegi uninominali con uno scarso 30-33%. Considerato che:
a.  il M5s si difende piuttosto male nelle competizioni a sfondo locale, dove il candidato fa premio sul simbolo, e che esclude di poter avere alleanze
b.  la destra sembra per ora divisa fra Lega e Forza Italia, per cui difficilmente otterrà più di una manciata di seggi uninominali (prevalentemente della Lega che ha un elettorato concentrato nell’arco alpino e poco più)
c.  che il Pd ha alleati possibili tanto nelle piccole formazioni centriste quanto in quelle alla sua sinistra e che ha un insediamento territoriale diffuso quasi dappertutto

E' del tutto plausibile che qualcuno (e che questo qualcuno sia il Pd è più che probabile) prenda nei collegi uninominali più di quello che gli spetterebbe in totale. Ad esempio, se il Pd ottenesse il 27% dei voti di lista, ma vincesse nel 55% dei collegi uninominali, saremmo già in questa situazione (la cosa sarebbe tanto più probabile se passasse una disposizione del progetto Rosati di cui diremo a breve).

Solo che, se qualcuno prendesse più seggi del dovuto, non resterebbe che dividere i seggi metà in un modo e metà nell’altro, per cui salta il criterio proporzionale complessivo. Si può anche ragionare su un adattamento al caso italiano del modello di Geyerhahan, ma messa così come la prospetta il Rosatellum non si tratta del modello tedesco ma di una cosa diversa. Se di modello tedesco vogliamo parlare dobbiamo fare almeno due cose:
1.  introdurre lo scorporo dei seggi ottenuti nell’uninominale sul totale dei seggi dei vari partiti, quindi distribuendo i seggi di quota proporzionale in modo inversamente proporzionale (e attenti alle liste civetta!). Senza lo scorporo parlare di modello tedesco è una truffa.
2.  Ridurre adeguatamente i seggi di quota uninominale rispetto alla quota proporzionale (potrebbe andare un rapporto di 1/3 di maggioritario contro 2/3 di proporzionale), in modo da ridurre il rischio di sovrarappresentazioni.

Ora veniamo all’esame un po’ più di dettaglio del “Rosatellum” che, allo stato dei fatti, è la base su cui i “ladri di Pisa” (Pd e Forza Italia) cercheranno l’accordo.

Si tratta di è una rielaborazione in senso più disrappresentativo del Mattarellum

Limitiamoci alla Camera: i 630 seggi sono così suddivisi:
303 collegi uninominali maggioritari ad un turno
12 seggi pe le circoscrizioni degli italiani all’estero


1 seggio uninominale alla Val d’Aosta
316 seggi per i collegi proporzionali plurinominali.

I collegi uninominali sono raggruppati in piccole circoscrizioni (circa un centinaio) cui corrispondono le liste bloccate della quota proporzionale.

Il cittadino dispone di un’unica scheda e di un’unica espressione di voto sia per il candidato uninominale, diversamente dal Mattarellum e dal modello tedesco che prevedevano due schede distinte. Sempre a differenza dal Mattarellum e dal Geyerhahan, non è previsto alcuno scorporo (né totale né parziale) dei voti ottenuti nell’uninominale, per cui chi avesse vinto nella maggioranza dei collegi uninominali (in teoria anche in tutti) sommerebbe semplicemente quelli della quota proporzionale. E che sistema proporzionale sarebbe?

A questo occorre aggiungere l’innalzamento della soglia di sbarramento al 5% (nel Mattarellum era il 4% che poi era stato portato al 3% nell’Italicum) con forti rischi di una elevata “mortalità” delle liste minori. La misura ha tre obiettivi: quello diretto è ammazzare le liste scissioniste del Pd e Sinistra Italiana o costringerle ad entrare sotto il tetto del Pd ed, ovviamente scegliendo chi si e chi no: Pisapia si, D’Alema no, Fratoianni no, gli scissionisti di Sel si e così via), il secondo è rendere la vita difficile a Fratelli d’Italia, indebolendo l’unico alleato della Lega, il terzo ostacolare la nascita di eventuali nuove formazioni. I centristi potrebbero scegliere se rischiare di restare fuori o accucciarsi ai piedi di Fi o Pd. Se ci fosse una forte dispersione (poniamo un 12-13%) questo premierebbe ulteriormente le liste maggiori, ”arrotondando” ulteriormente il loro bottino.

Ma la norma più pericolosa del “Rosatellum” è un’altra: la possibilità di formare coalizioni, ma (attenzione!) non a livello nazionale, bensì di circoscrizione e per tutti i collegi uninominali di quella circoscrizione; per cui, ad esempio, il Pd (acquisendo una centralità a tutto campo) potrebbe coalizzarsi con Articolo 1 e Campo Progressista in una circoscrizione, poi con Alfano e Verdini in un’altra, poi con Forza Italia in una terza, con una lista locale in una quarta eccetera, con tutti i cocktaills possibili e fra alleanze differenziate, desistenze, liste civetta, eccetera, sarebbe in grado di vincere nella grande maggioranza dei collegi uninominali. Questa delle coalizioni di circoscrizione è una patacca indigeribile, anche perché, con coalizioni a scacchiera, non ha senso parlare di elettori che scelgono “chi governerà” come pretenderebbero i sostenitori di una quota di maggioritario.

Tanto per capirci facciamo un esempio concreto (arrotondiamo a 600 i seggi ed a percentuali senza decimali e trascuriamo i collegi all’estero per comodità; ovviamente sono cifre che usiamo convenzionalmente):

voto di lista ottenuti:
M5s 28%, Pd 26%, Fi 17%, Lega 15%, Fdi 4%, Articolo1-Sinistra Italiana-Rifondazione Comunista 4%, Centristi non coalizzati con nessuno 3%, altre minori e minoranze nazionali 3%

I 300 seggi uninominali risultano così suddivisi:
M5s 50, Pd (ed alleati) 180 , Fi (ed alleati) 30, Lega-Fdi 32 , Articolo1-Sinistra Italiana-Rifondazione Comunista 2 , Centisti non coalizzati con nessuno 1 , altre minori e minoranze nazionali 5

300 seggi proporzionali
M5s 98, Pd 91 , Fi 59, Lega , 52

TOTALI Seggi
M5s 148, Pd 271, Fi 89, Lega-Fdi 82, Articolo1-Sinistra Italiana-Rifondazione Comunista 2, Centisti non coalizzati con nessuno 1 , altre minori e minoranze nazionali 5.

Tanto per capirci: il Pd con il 26% dei voti si prende il 45% dei seggi. Ma ovviamente possono esserci anche risultati più sorprendenti: ad esempio che un partito con il 29% si prenda il 54% dei seggi, che è esattamente quello che la Corte costituzionale ritenne una distorsione irragionevole del principio di rappresentanza che, comunque, dovrebbe prevalere su quello di governabilità. Ma l’ardito legislatore, ha fatto di più: ha creato un modello che, pur manipolando fortemente la rappresentatività, non assicura neppure la governabilità. Infatti, considerando che:
1.  non è scritto da nessuna parte che la maggioranza di seggi della Camera sia la stessa del Senato (come infatti accadde nel 2013 e come Mattarella si rifiuta di prendere atto)
2.  il maggioritario uninominale assicura (e non sempre) una maggioranza assoluta omogenea solo se il corpo elettorale è diviso sostanzialmente in due blocchi, mentre in Italia abbiamo un formato tri o quadri polare del sistema politico
3.  inoltre, c’è una forte quota proporzionale, che attenua, pur senza annullarli, gli effetti maggioritari del sistema
l’ipotesi di un blocco omogeneo che prenda la maggioranza assoluta è decisamente improbabile ed è ragionevole pensare che si stia andando ad una coalizione dei “partiti di sistema” (Pd, Fi e reggicoda relativi), quelli che Berlusconi chiama i “partiti normali”. Ed i meccanismi manipolatori che abbiamo descritto servono a trasformare un 40-45% di voti di quell’area di “normali” in una maggioranza confortevole sia alla Camera che al Senato.

Vedremo ora in cosa consiste il “proporzionalismo” germanizzante di Berlusconi.

Ultima riflessione: la proposta del Pd presenta diversi rilievi di incostituzionalità, almeno stando alle due sentenze della Corte sulle leggi elettorali, in particolare segnaliamo l’assoluta impudenza con cui si aboliscono le preferenze, ripristinando la norma dei parlamentari nominati dall’alto (tutti, cioè peggio dell’Italicum). Per quanto riguarda il Senato segnaliamo una altra ragione di incostituzionalità: si stabilisce che ammessi alla divisione dei seggi proporzionali siano i partiti che hanno avuto il 55 nazionale i il 20% nella regione in questione, ma la Costituzione dice che il Senato è eletto su base regionale e dunque non può trovarvi applicazione una norma di carattere nazionale e propone una legge che comporta il rischio di tassi di disrappresentatività anche del 40%, una cosa non propriamente conforme al dettato costituzionale.

Per fortuna, al Senato ci sono buone speranze che il Rosatellum non passi: ovviamente dò per scontato che ci sia l’opposizione del M5s che non può fare altro, dato che una linea diversa sarebbe un incomprensibile suicidio, altrettanto dicasi della Lega e di Si e Art. 1 cui, ragionevolmente, dovrebbero unirsi anche i centristi, obiettivamente interessati al massimo di proporzionalità. E la somma è sfavorevole al Rosatellum anche con l’appoggio di Fi. Poi c’è sempre la possibilità che qualcuno “sbagli” facendo un favore al Pd, ma pagherebbe un salatissimo prezzo politico. Stiamo a vedere.

Aldo Giannuli

Questo articolo è stato pubblicato qui

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