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Le contraddizioni dei nostri giorni: lotterie, vincite e premi contro fame, miserie e sifferenze

Una volta, in numerosi paesi del Salento, per appagare la fantasia e i «miraggi» di grandi e piccini, esisteva unicamente (e bastava) l’albero della cuccagna .
Il palo, spalmato di grasso o di altre sostanze scivolose, veniva di solito issato al centro della piazza in occasione della festa del santo patrono o di qualche tradizionale sagra, recando legate saldamente alla sommità una «cocuzza» di mortadella, poche coroncine di salsicce, un fiasco di vino e, eccezionalmente, una bottiglia di marsala.

Non c’è che dire, un monte premi «faraonico» per gli impavidi che si cimentavano nella scalata della suddetta asta di legno.

Eppure, appariva tantissima la passione che i valorosi, tutti indistintamente, ponevano nell’impresa; per non parlare, del vincitore della gara il quale, quasi quasi, assurgeva al ruolo di eroe.

Così poco, per di più riservato a ricorrenze assolutamente rare, valeva, insomma, a seminare gioia, interesse ed entusiasmo di partecipazione collettiva.
Noi, abitanti del villaggio globale del terzo millennio, ci ritroviamo invece circondati, pressoché quotidianamente, da veri e propri campionati (o campionari) di vincite, premi miliardari, cotillon di ogni tipo.

Al riguardo, credo che sia viva nella mente di ognuno la grande kermesse dell’ormai istituzionale Lotteria Italia, evento che viene organizzato e gestito da un organismo di emanazione statale.

Nella fatidica serata conclusiva della manifestazione in parola, talvolta concomitante con la solennità dell’Epifania, sono distribuite alcune decine di milioni di euro (!) ad una schiera di fortunati estratti, insieme di persone decisamente sparuto rispetto ai milioni di acquirenti dei tagliandi della lotteria. Ciò, in aggiunta alle considerevoli somme assegnate sotto la voce di vincite settimanali.

Saltellando con il telecomando, una sera mi è capitato di assistere ad una delle trasmissioni TV collegate, appunto, alla Lotteria Italia e, in tal modo, ho acquisito diretta testimonianza dell’elargizione ad un telespettatore, a seguito di semplice chiamata telefonica, di un premio della bellezza di centomila euro.

Sennonché, ironia del palinsesto, durante la medesima fascia temporale, un altro canale della televisione pubblica andava proponendo una trasmissione di ben diverso genere, presentando la tragica realtà sociale di alcuni paesi africani: immagini tanto crude e drammatiche, da farmi avvertire una sensazione struggente, come se la tristissima sorte di quella povera gente arrivasse a penetrarmi fin dentro, negli occhi e nel cuore.

Volti di bambini gravemente ammalati o morenti, denutriti, ridotti a scheletri, oltraggiati da sciami di mosche; seni letteralmente avvizziti, e di conseguenza offerti con dubbio esito a lenire la fame di creature disgraziate, penzolanti da madri magari ancora giovani, i cui tratti, però, si ragguagliavano ad un’età di 60/70 anni .
Una pena indescrivibile. Nondimeno, fotografia cruda di un mondo attanagliato da una morsa di fame, sofferenza e miseria, un mondo che, al contrario, dovrebbe poter godere degli stessi diritti del «nostro» mondo.
E’ giusto siffatto stato di cose?

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