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Le belve selvagge di Oliver Stone

Il buon vecchio Oliver Stone firma l’ennesimo lavoro degno di nota. Le belve (lasciamo perdere il discorso sull’ennesima traduzione italiana cervellotica dell’originale Savages) è un film con l’anima e c’è poco altro da dire.

Ben, Cho e Ophelia vivono un gratificante rapporto a tre in una ricca casa della California. Questo perché i due uomini sono i produttori della miglior marjuana al mondo. Ben è un ex soldato, Cho ha due lauree e con i soldi che guadagna ha aperto una fondazione per aiutare alcuni villaggi africani. Non si può nemmeno parlare di delinquenti gentiluomini, i due ritengono la loro una normale attività imprenditoriale e attendono solo che l’erba venga legalizzata.

Peccato che nello stesso campo agisca anche un cartello di spietati trafficanti che vorrebbero inglobare nel loro gruppo le attività dei due ragazzi. E ad un cartello così letale diventa davvero difficile dire di no…

Tutta la vicenda è narrata dalla voce di Blake Lively che però ci avverte fin dall’ottima intro che alla fine della faccenda potrebbe anche essere morta.

Il film è elegante, spesso teso, narrato con grande maestria da uno che se ne intende.
Alcune sequenze sono possenti, crude, da ricordare.

La cosa più curiosa è però l’utilizzo degli attori.
Ai due protagonisti Aaron JohnsonTaylor Kitsch fanno da contraltare nomi ben più famosi come John Travolta, Salma Hayek e Benicio Del Toro relegati però a ruoli secondari che interpretano con grande maestria dando lustro e spessore all’intero film.

Bello anche il finale (in due tempi) che comincia con un omaggio al cinema western e ai suoi duelli (con tanto di musichetta classica) e si chiude riportando i protagonisti in paradiso, chiudendo simbolicamente il cerchio aperto con le sequenze da sogno iniziali dopo un lungo e crudo viaggio all’inferno.

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