• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Europa > Le Pen e la sovrana illusione di un euro a deficit

Le Pen e la sovrana illusione di un euro a deficit

Venerdì scorso, sul Corriere, un colloquio del corrispondente Stefano Montefiori con Marine Le Pen sul radioso futuro dell’ossimorica internazionale sovranista. Nulla di inedito, neppure l’abituale illusione (o cinismo verso gli elettori) di riuscire a “cambiare l’Europa”, tutti assieme isolazionisticamente.

Oggi non si chiama più Front National bensì Rassemblement National. Punta sempre all’abituale slogan “prima i francesi”, e la sua leader torna sulla sua sconfitta alle presidenziali. Che non fu realmente per mano di Emmanuel Macron, che si trovò invece a beneficiare del suicidio della sovranista Marine proprio sul tema centrale della campagna elettorale: “euro, che fare”?

La Le Pen, forse ispirandosi alle stronzate teorie che in quel tempo venivano ricicciate furiosamente in Italia, come la doppia circolazione monetaria (yawn), provò a farfugliare qualcosa di simile spingendosi, per culmine di elaborazione autonoma, a pensare di poter rimettere il dentifricio nel tubetto oppure a riportare la frittata allo stato di uova, ipotizzando -udite, udite- il ritorno dell’Ecu.

I francesi, che oltre che specialisti in grogne (lamentela, tipicamente accompagnata da borbottio), sanno pure far di conto e difendere i propri risparmi, decisero che non era proprio il caso ed elessero senza troppo entusiasmo il giovane ex banchiere d’affari. Che nel frattempo ha fatto discreti casini di natura regressiva, sul piano fiscale, ed ora appare come un’anatra morta, più che azzoppata.

Tornando alla Le Pen, è fatale che la signora punti a fare un simulacro di cartello con il “nostro” (il “loro”, per quanto mi riguarda) Matteo Salvini, che sta vivendo una stagione di grande protagonismo, tra un travestimento e l’altro. Nulla di inedito: tutto è parte della caducità dei destini umani, che nella politica italiana sono ancor più effimeri, visti i livelli di autoinganno ed illusionismo spacciati ad un elettorato ansioso di berseli a garganella. Passerà anche Salvini, in sintesi.

Ma che dice la Le Pen, di rilevante? Che quello dell’euro è ormai un non-problema. Perché

Ora possiamo cambiare l’Europa dall’interno, uscire e adottare una nuova moneta non sono più le priorità. I trattati sono interpretabili a piacere, basti guardare cosa ha fatto la Bce con il Quantitative easing.

Interessante. Par quindi capire che la Le Pen punti ad avere una Commissione che alteri il mandato della Bce, forse non necessariamente a mezzo modifica formale di trattati, e metterla al servizio del deficit del Popolo, magari anche mediante monetizzazione del deficit, perché no? Ecco perché non servirebbero più monete parallele e consimili amenità.

In questo modo la Le Pen pensa di riuscire a rassicurare i francesi che tengono ai propri risparmi espressi in euro. Ma sottostima molte cose. In primo luogo, che avere in tasca una moneta chiamata euro non garantisce alcunché, se questa moneta diventa poco credibile perché soggetta a deprezzamenti e giochetti politici tali da minare l’autonomia della Bce.

In secondo luogo, la francese pensa che tutti gli elettorati europei sarebbero d’accordo con questa specie di reflazione a mezzo debasementdella moneta unica. E qui casca l’asina, e non solo lei. Pensare che tedeschi, olandesi, finlandesi, baltici ed altri, inclusi quelli nazionalisti e sovrani, sarebbero d’accordo con questa operazione, è ipotesi eroica.

Gli interessi nazionali sono inoltre destinati a restare e persino a prendere accenti più duri ed aggressivi, quanto più posizioni come quella della Le Pen diverranno visibili e dichiarate. Quindi no, la Le Pen non è astuta, nel suo mimetismo rassicuratorio dei risparmiatori. Semmai il contrario.

E da ultimo, scontata ciliegina sulla torta, resteranno gli aspetti nazionalistici in economia. È la stessa leader del Rassemblement National a ribadirlo nell’intervista, parlando dell’aggregazione Fincantieri-Stx, oggi congelata da indagine antitrust europea sollecitata da francesi e tedeschi: se al comando ci fosse lei,

Lo Stato francese rimarrebbe proprietario di STX. Non costa niente o molto poco, e permetterebbe allo Stato di condurre la sua strategia industriale e di mostrare la sua azione. […] Io mi auguro che STX resti francese al cento per cento.

Ovviamente. I nostri nazionalisti da deficit e debito avranno un risveglio molto ruvido, ma inutile ribadirlo. Questi sono quelli che invocavano i dazi a difesa del Made in Italy salvo lamentare che il rallentamento globale attuale è causato dai dazi. In un paese meno popolato da zombie decerebrati, queste prese di posizione sarebbero prese a pomodorate e a monetine. Da noi non accade, pazienza.

Quindi, ribadiamolo: anche se i no-euro hanno deciso che alla causa serve solo più deficit, fatto con la stessa moneta, è assai difficile che ciò accada, per usare un understatement. E se dovesse accadere, sarebbe effettivamente la fine dell’euro. Ma forse è questo il geniale piano B dei nostri nazionalisti incravattati (dal debito).

Quanto alle strategie per fare dei sovranisti il terzo e decisivo polo in Europa, tutto può essere. Ma avere il candidato dei Popolari alla presidenza della Commissione, il tedesco Manfred Weber, che dice che per lui non sarebbe un problema allearsi coi populisti (ricordando che Viktor Orban ed il suo Fidesz sono nel PPE), pare suggerire una strategia di disarticolazione ed assimilazione dei nazionalisti. Sotto il segno della disciplina dei conti pubblici, mi sento di scommettere.

Quindi niente Transfer Union, cari ragazzi mediterranei. La vostra dipendenza dal deficit dovrete curarla in altro modo. O forse tentare di disintossicarvi. I primi a svegliarsi in malo modo saranno gli italiani. E questa è la più facile delle profezie.

(Foto: Global Panorama/Flickr)

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità