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Lazio, sanità agonizzante: ringraziamo Polverini?

Ricordate lo slogan della Polverini? "Sicuramente la salute. Eliminare gli sprechi, non gli ospedali". Come volevasi dimostrare: la Presidente della regione Lazio ha dismesso una marea di presidi ospedalieri, sottoponendo a grave rischio la vita dei cittadini. Il diritto alla salute non si taglia!

 

Se, malauguratamente, doveste avere l’urgente necessità di un pronto soccorso o di un ricovero ospedaliero immediato, nel Lazio, sappiate che (in casi gravi) potreste anche morire, prima di trovare accoglienza o nell’attesa di essere salvati.

L’ultima tragedia umana si è appunto verificata nei giorni scorsi, quando un infartuato bisognoso di soccorso medico, non ha trovato un solo posto disponibile in tutto il comprensorio laziale. Costretto a rivolgersi addirittura fuori regione, viene accolto finalmente in Molise, nell’ospedale d’Isernia. Quest’uomo ce l’ha fatta. Ma quanti rischiano la pelle, strada facendo, nell’attesa spasmodica di venire accettati dalle strutture sanitarie regionali?

E’ successo e succederà ancora, grazie alla bocciata politica della Presidente, Renata Polverini, la quale ha dismesso una marea di presidi ospedalieri, mandando in corto circuito quelli restanti. Il suo cavallo di battaglia: Sicuramente, la salute. Eliminare gli sprechi, non gli ospedali. A quanto pare ha fatto l’esatto contrario! Cambogia imperante, ormai, sia nei centri capitolini che in quelli provinciali, dove il personale insufficiente, oltre che mal redistribuito, è costretto a turni impossibili e spesso a ruoli non competenti. Questo perchè gli organi preposti hanno trasferito selvaggiamente molti dipendenti, dai centri chiusi ad altri presidi, senza tener conto delle effettive qualifiche.

Troppe le lamentele del personale medico e paramedico, dei portantini costretti a sostituire infermieri scarseggianti e super occupati. Per non parlare dell’assenza di alcuni farmaci come un banale antistaminico, che il malcapitato paziente di turno deve comprare personalmente e consegnare (assurdamente) agli infermieri, per ricevere le cure necessarie. Inoltre, si avverte la presenza di troppi anziani “depositati” per lunghe degenze, quando, malati cronici del genere dovrebbero essere ospitati in case di riposo, o assistiti in abitazione propria o di familiari. Dunque, non solo le poche strutture rimaste sono sovraffollate e mal gestite, ma sarebbero anche occupate in modo inidoneo.

La cronaca locale recente rende bene l’idea dell’indegno disservizio sanitario. Pochi mesi fa, un cinquantunenne meno fortunato ha perso la vita, dopo aver preso porte in faccia da almeno quattro ospedali romani. Rimbalzando nella malasanità laziale, fino a morire. Tutto ciò è inammissibile.

Il sistema ospedaliero del territorio ove risiede la capitale d’Italia, è ormai al collasso. I cittadini sono stufi e arcistufi di sopportare simili disagi. La Polverini avrebbe dovuto piuttosto incentivare i piccoli presidi, ossigenarli, anziché praticare iniezioni letali per sanare i conti pubblici. Non si taglia il diritto alla salute. Nel Lazio la cura al paziente è stata vergognosamente negata da una rappresentante incapace di governare la sanità pubblica, già malconcia, riuscendo a peggiorare notevolmente la situazione nel suo complesso. Chi ne paga le conseguenze è purtroppo il malato, oltre al personale allo sbando e sovraccarico di lavoro.

Le drammatiche condizioni che affliggono i cittadini laziali esigono dunque maggiore ed equa risonanza, mentre poco se ne parla, rispetto alla gravità dei fatti. Tremo per me, i miei figli, nipoti, parenti, amici e conoscenti. Tremo al solo pensiero della via crucis che potrebbe attendere chiunque, in caso di seria e tempestiva necessità. Tremo e inorridisco dinanzi all’inquietante privazione delle minime garanzie di sopravvivenza.

Di questo passo solo pochi individui potranno permettersi il lusso di ammalarsi. E chissenefrega se in tanti rischiano invece di crepare. Vero, Renata?
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