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Lavitola, De Gregorio e Vespa: Vieni”Avanti”, amico dell’amico

Il “salvataggio” di De Gregorio e le ultime nomine degli organismi di vigilanza evidenziano come la strenua difesa dei privilegi sia tutt’altro che morta.

Sembra incredibile ma, nonostante il clima di violenta antipolitica che aleggia nel paese, gli amici degli amici sono ancora padroni del campo. Non è un caso infatti che due episodi perlomeno discutibili si siano succeduti a poche ora di distanza nei giorni scorsi. Il primo è il voto parlamentare che ha negato l’autorizzazione all’arresto nei confronti del senatore PdL, De Gregorio. Il secondo è la elezione, sempre da parte del parlamento, della moglie di Bruno Vespa alla carica di garante della privacy. I due episodi, apparentemente scollegati, sono invece la prova di come, il circolo chiuso e buio della casta sia tutt’altro che sconfitto nel nostro paese, alla faccia del ricambio, della trasparenza, della meritocrazia. In definitiva tutte belle parole che la politica neppure si sogna di adottare rimanendo piuttosto nel pantano dell’interesse personale.

Si deve sapere che De Gregorio, secondo i magistrati, sarebbe legato in loschi affari all’ex direttore dell’Avanti, Lavitola, ora in carcere per corruzione internazionale. Entrambi risulterebbero poi legati al Cav. Il primo, De Gregorio, perché passato dall’IdV al Pdl a seguito, pare, del generoso interessamento dello stesso Berlusconi, il secondo, Lavitola, per essere stato l’emissario, il braccio operativo dell’operazione. Movimenti strani, insomma, che ancora una volta hanno trovato la sponda nella casta parlamentare che, con i voti del Pdl e Lega, come si diceva ha negato gli arresti. Ma la cosa sconcertante è che, complice il voto segreto, anche altri parlamentari hanno votato proprio per negare l’arresto, sembra come “voto di scambio”, un favore insomma da ricambiare quando in aula arriverà la stessa richiesta per Lusi, il noto ex tesoriere della Margherita, che con un disinvolto uso della finanza creativa ha sottratto parecchi milioni di euro dalle casse del partito. Tutti soldi nostri s’intende.

Eppure la logica più banale direbbe che, dato il clima di forte avversione “all’inciucio” dilagante in un paese ormai spossato da tali pratiche, la politica dovrebbe quantomeno avere la decenza di comportamenti al disopra di ogni sospetto. Invece no, anzi. Come si diceva, la moglie di Bruno Vespa, da alcuni definito “l’Emilio Fede della Rai” per le note piaggerie nei confronti dei “poteri forti”, è infatti stata nominata Garante della Privacy. Ora, senza nulla togliere alla professionalità della Signora Vespa, viene proprio da pensare come sia possibile, con tutte le candidature eleggibili, che si sia puntato proprio su un nome così fortemente sospetto. Anche solo per motivi di opportunità, per evitare polemiche e chiacchiericcio, sarebbe stato meglio scegliere diversamente.

E che sotto ci sia del marcio lo si evince anche dal fatto che lo stesso Vespa, col la “spalla” di uno dei suoi figli, si sia prodigato in un patetico teatrino nel quale si è sperticato nella difesa della moglie, teatrino andato in onda sulla rete radiofonica RTL, sempre naturalmente legata all’immancabile Berlusconi. “Tua madre ha sempre adorato la magistratura” sembra abbia detto il povero Vespa nell’intervista. Che sia stata una strategia per allontanare il solito giudice comunista? Non credo, ma sta di fatto che ormai la politica è così sfrontata che non si preoccupa certo dei cittadini tanto che, conscio della deprecabile situazione e dell’umore della gente, il Presidente del Consiglio, Mario Monti, si è sentito in dovere di indicare i candidati ai vertici della Rai pescando fuori dalla solita melma indicata dai politici. E le reazioni non si sono certo fatte attendere. Il PdL parla apertamente di “commissariamento” dell’azienda. Già, e cosa mai dovremmo aspettarci dopo anni di colonizzazione selvaggia? Ma ciò che importa è il risultato, e questo senz’altro è stato raggiunto. La casta è salva e la lottizzazione compiuta.

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