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Lampedusa: isola di sogno e teatro di drammi umani

Con riferimento alle incessanti e spesso drammatiche – come è purtroppo accaduto anche in questi giorni – operazioni, o tentativi, di sbarco di clandestini sull’isola di Lampedusa, ho ancora impressa nella mente la seguente denuncia «morale» lanciata qualche anno fa dal vescovo di Agrigento, nella cui giurisdizione rientra l’arcipelago delle Pelagie: «Lampedusa lasciata da sola è diventata un cimitero».

Detta frase sintetizza fedelmente, riuscendo a fotografarla meglio delle colonne dei giornali e dei reiterati dibattiti radio - televisivi, la tragedia degli sbarchi, sulle nostre coste, di decine se non centinaia di migliaia di extracomunitari - nella stragrande maggioranza gente sbandata, affamata e disperata – e nel contesto, anzi nel cuore, di tali eventi, il dramma che sta vivendo, giustappunto, Lampedusa: non solo come realtà dalle eccezionali attrattive turistiche e quindi con naturale vocazione a tutt’altro, ma intesa, anche, come comunità, insieme della gente che vi dimora.

Chi ha avuto occasione di portarsi, magari in vacanza, su quel lembo di terra affiorante nel Canale di Sicilia, più prossimo alle coste africane che alla nostra isola maggiore, è rimasto sicuramente affascinato dalle eccezionali meraviglie dell’habitat, un susseguirsi, o meglio ancora un intervallarsi di rocce a strapiombo, promontori quasi pianeggianti e baie ridenti, il tutto immerso in acque che, per la loro trasparenza, vanno addirittura oltre il concetto di cristallina luminosità.

Lampedusa, l’isola della beltà in cui eleggono di andare a nascere ed a crescere, in familiare consuetudine con le diffuse presenze di pesci e crostacei, altre fantastiche creature quali sono le tartarughe marine. Tanto fascino d’insieme, non risultò «turbato» neppure dai missili indirizzati sull’isola, in una stagione ormai da un pezzo alle nostre spalle, dal leader libico Gheddafi.



Da molti anni, invece, gravi e pesanti turbative vanno cadendo sul suo suolo, a causa di una catena, un drammatico rosario, di approdi di gente disperata. Tragedia nella tragedia, accanto ai vivi che ce la fanno a toccare terra, e ciò grazie soprattutto al lodevole prodigarsi dei nostri militari e agenti preposti alla vigilanza sulle coste e sui traffici marittimi, si debbono purtroppo registrare tanti loro compagni di sventura che, durante il tragitto, soccombono per via degli stenti – fame, sete, freddo o caldo - oppure semplicemente a causa della «rabbiosità» del mare, precipitando in un cimitero senza confini, quale è il fondo degli abissi: infausto sbocco che, certamente, non avevano messo in conto durante la preparazione e all’inizio del «viaggio della speranza».

Corpi di uomini, donne, vecchi e bambini, in fondo al mare. Il solo pensare ad immagini di tal genere, così crudelmente reali, non può non infondere in ciascuno di noi un marcato senso di tristezza. Nello stesso tempo, fa rabbia sapere che, accanto alla mala sorte e al crudele destino che tocca ad innumerevoli nostri simili, allignano, realizzando cospicui lucri, schiere di affaristi, trafficanti di morte, traghettatori di disperati.

Il problema è davvero troppo grande: in effetti, le autorità del nostro Paese da sole – non dovendosi ovviamente trascurare i fondamentali principi morali dell’accoglienza e dell’assistenza in favore di gente più sfortunata - non ce la possono fare. Occorre, quindi, che tutta l’Europa, ancor meglio ora che si è già fatta ampia e andrà, progressivamente, ad allargarsi ancora, sia coinvolta, si prenda carico degli interventi e delle risorse necessari per poter fronteggiare l’emergenza nel migliore dei modi.

Sembra, insomma, il momento giusto perché il nostro Governo, nell’ambito della sua azione politica in campo internazione, si ponga forte il dovere e la responsabilità, alla stregua di un punto d’onore prioritario e irrinunciabile, di farsi promotore e di insistere, senza stancarsi, presso i responsabili degli altri Paesi della Comunità, ai fini della messa a punto e della rapida attuazione di normative e provvedimenti concreti, con cui tentare, collettivamente, di dare un’idonea e adeguata soluzione al problema.

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