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“La visione laica del mondo”: intervista a Paul Cliteur

Paul Cli­teur, olan­de­se, in­se­gna di­rit­to al­l’U­ni­ver­si­tà di Lei­da, dopo aver in­se­gna­to fi­lo­so­fia a quel­la di Del­ft. Re­pub­bli­ca­no con­vin­to, è an­che av­vo­ca­to ed è at­ti­va­men­te im­pe­gna­to in fa­vo­re del se­co­la­ri­smo, tan­to da es­se­re sta­to pre­si­den­te del­l’as­so­cia­zio­ne uma­ni­sta olan­de­se. È au­to­re di nu­me­ro­si sag­gi su temi qua­li i di­rit­ti uma­ni, la tol­le­ran­za, l’e­ti­ca lai­ca.

La vi­sio­ne lai­ca del mon­do, il suo la­vo­ro tra­dot­to in Ita­lia da Nes­sun Dog­ma, è in li­bre­ria, nei ne­go­zi on­li­ne e nel­lo shop del sito Uaar.

Lei so­stie­ne che “una vi­sio­ne lai­ca del mon­do è es­sen­zia­le af­fin­ché la ci­vil­tà eu­ro­pea, e più in ge­ne­ra­le quel­la oc­ci­den­ta­le, ab­bia­no la pos­si­bi­li­tà di so­prav­vi­ve­re e fio­ri­re”. Non ri­tie­ne che sia una tesi trop­po pro­vo­ca­to­ria per i cre­den­ti?

Cli­teur — Beh, non vuol cer­to es­se­re pro­vo­ca­to­ria in al­cun modo. Quel­lo che vo­glio dire è che la ci­vil­tà eu­ro­pea è, qua­le dato di fat­to, mul­ti­for­me. In al­tre par­ti del mon­do si ha an­co­ra una cer­ta una­ni­mi­tà re­li­gio­sa, ma non in Eu­ro­pa. Le sta­ti­sti­che ci mo­stra­no che esi­sto­no di­ver­si grup­pi di cre­den­ti che de­vo­no — in un modo o nel­l’al­tro — con­vi­ve­re. E quin­di la do­man­da na­sce spon­ta­nea: qua­le strut­tu­ra co­sti­tu­zio­na­le o po­li­ti­ca è la più pra­ti­ca­bi­le per re­go­la­re que­sto pro­ces­so? La lai­ci­tà o lo Sta­to re­li­gio­sa­men­te neu­tra­le è la ri­spo­sta più con­vin­cen­te a que­sta do­man­da, cre­do.

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A suo dire, “l’a­tei­smo come par­te del­la vi­sio­ne lai­ca del mon­do deve es­se­re prin­ci­pal­men­te atei­smo pri­va­to o non tei­smo: scet­ti­co ver­so l’a­tei­smo pub­bli­co e ri­so­lu­to nel ri­get­ta­re l’a­tei­smo po­li­ti­co”. Per­ché?

Per­so­nal­men­te e come es­se­re uma­no io sono un ateo, nel sen­so che non cre­do nel­l’e­si­sten­za di un Dio per­so­na­le che ha crea­to il mon­do e che mi ga­ran­ti­sce una vita eter­na nel­l’al­di­là. Ma non è ne­ces­sa­rio che si con­di­vi­da que­sta con­vin­zio­ne con me per vi­ve­re ar­mo­nio­sa­men­te in­sie­me. L’a­tei­smo è una “con­vin­zio­ne pri­va­ta”. Gli ideo­lo­gi so­vie­ti­ci ave­va­no tor­to quan­do han­no tra­sfor­ma­to l’a­tei­smo in una dot­tri­na po­li­ti­ca — han­no fat­to del­l’e­li­mi­na­zio­ne del­la re­li­gio­ne un com­pi­to del­lo Sta­to. Ma con la lai­ci­tà è di­ver­so: essa è ne­ces­sa­ria come idea­le po­li­ti­co per lo Sta­to. E non si vio­la­no i di­rit­ti uma­ni di al­cu­no fa­cen­do­la ri­spet­ta­re nel­la so­cie­tà.

Due del­le quat­tro par­ti del li­bro sono de­di­ca­te ai “ca­pi­sal­di” del li­be­ro pen­sie­ro: la cri­ti­ca del­la re­li­gio­ne e la li­ber­tà di espres­sio­ne. Si­gni­fi­ca dun­que che un tei­sta non può es­se­re un li­be­ro pen­sa­to­re?

Pen­so che sia più dif­fi­ci­le per un tei­sta con­vin­to es­se­re un li­be­ro pen­sa­to­re.

Nel te­sto smen­ti­sce che i li­be­ri pen­sa­to­ri sia­no ani­ma­ti dal de­si­de­rio di of­fen­de­re, anzi, per es­se­re più pre­ci­si, dall’”aspi­ra­zio­ne a in­sul­ta­re gli al­tri a cau­sa di ciò che cre­do­no”. Tut­ta­via è ciò che pen­sa­no non solo qua­si tut­ti i cre­den­ti, ma per­si­no non po­chi non cre­den­ti. Come se ne esce?

Pen­so che sia espe­rien­za co­mu­ne che, quan­do ci si con­fron­ta con un pun­to di vi­sta to­tal­men­te alie­no e for­se an­che un po’ ri­pu­gnan­te, si ha l’i­dea che le per­so­ne che spo­sa­no quei pun­ti di vi­sta deb­ba­no ave­re cat­ti­ve in­ten­zio­ni. A vol­te, quan­do leg­go in un gior­na­le un ar­ti­co­lo di qual­cu­no col qua­le sono pro­fon­da­men­te in di­sac­cor­do, pen­so: “lo scri­ve per in­fa­sti­dir­mi”. Ma na­tu­ral­men­te non è vero. L’al­tra per­so­na è per­fet­ta­men­te se­ria nel­l’e­spor­re le sue opi­nio­ni. Allo stes­so modo atei, li­be­ri pen­sa­to­ri, lai­ci e cri­ti­ci del­la re­li­gio­ne non di­co­no e fan­no quel­lo che di­co­no e fan­no per in­fa­sti­di­re i cre­den­ti, ma per­ché ri­ten­go­no che sia cor­ret­to e giu­sto.

Nel­l’ul­ti­ma par­te del li­bro si sof­fer­ma sull’”eti­ca del co­man­do di­vi­no”: ov­ve­ro, la ri­nun­cia al­l’au­to­no­mia mo­ra­le in cam­bio del­l’a­de­sio­ne a una mo­ra­le ester­na, “di­vi­na­men­te” san­ci­ta at­tra­ver­so le sa­cre Scrit­tu­re. In pas­sa­to essa ha eser­ci­ta­to una no­te­vo­le at­tra­zio­ne. La vi­sio­ne lai­ca del mon­do sem­bra in­ve­ce ca­rat­te­riz­zar­si per un mo­de­ra­to ot­ti­mi­smo sul fu­tu­ro. Cosa ac­ca­drà nel ter­zo mil­len­nio?

Se­con­do me la se­co­la­riz­za­zio­ne con­ti­nue­rà o pre­var­rà — usa­te i ter­mi­ni che pre­fe­ri­te. Ma al mo­men­to stia­mo as­si­sten­do a un cer­to ri­sve­glio re­li­gio­so, sti­mo­la­to dal­la no­stal­gia e dal­la pau­ra.

Vuo­le dire qual­co­sa ai let­to­ri ita­lia­ni, in oc­ca­sio­ne del­l’u­sci­ta del suo li­bro?

Che io amo il vo­stro pae­se. Amo la vo­stra lin­gua an­che se, pur­trop­po, non la par­lo. Non sono tut­ta­via d’ac­cor­do con la pre­sen­za dei cro­ci­fis­si sui muri del­le scuo­le pub­bli­che. E sono ab­ba­stan­za de­lu­so dal fat­to che la Cor­te eu­ro­pea di Stra­sbur­go non ab­bia an­nul­la­to la nor­ma­ti­va ita­lia­na in ma­te­ria. Ma c’è sem­pre qual­co­sa per cui lot­ta­re. Pen­so che ri­bal­ta­re la sen­ten­za sul caso Lau­tsi sia un obiet­ti­vo im­por­tan­te per il mo­vi­men­to lai­co.


In­ter­vi­sta a cura del­la re­da­zio­ne. Tra­du­zio­ne di Mas­si­mo Re­dael­li, re­spon­sa­bi­le del­le re­la­zio­ni in­ter­na­zio­na­li Uaar

 

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