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La strategia elettorale dei candidati repubblicani

E’ successo l’impensabile. Appena sette giorni fa Newt Gingrich sembrava aver battuto Mitt Romney senza possibilità di tornare indietro, in soli due giorni invece il team dell’ex governatore è riuscito ad escogitare un piano per vincere in Florida: rendere l’avversario meno ostico e rendere Mitt più cattivo. E i sondaggi gli danno ragione.

Oltre quattro milioni di elettori, sessantasette contee divise in quatto mercati televisivi fra i più cari degli Stati Uniti, cinquanta preziosissimi delegati, la roccaforte della dinastia Bush e una miriade di identità, in gran parte latinoamericane. Questa è la Florida che domani andrà alle urne per le primarie del Grand Old Party. Delle 67 contee sono 10 quelle che mantengono il 50 per cento degli aventi diritto: Miami-Dade, Pinellas, Palm Beach, Hillsborough, Browward, Duval, Orange, Brevard, Lee e Sarasota.

Domenica scorsa, all’indomani dell’imbarazzante sconfitta in South Carolina, il team di Mitt Romney ha delineato un nuovo approccio alla campagna elettorale: mettere da parte l’attenzione più acuta sul presidente Obama e stringere su Newt Gingrich. Trovare le linee guida per pungolare Gingrich non è stato difficile, lo è stato invece mostrare Romney arrabbiato e cattivo al punto giusto per non lasciare spazio di risposte all’avversario. Il candidato del Massachusetts è riuscito a portare i dibattiti sullo scontro personale, in modo che a tremare non sia più lui ma Gingrich. I due dibattiti televisivi a Tampa e Jacksonville ne sono stati la provaRomney all’attacco, Gingrich sulla difensiva senza possibilità di rispondere a tono come solito fare. I sondaggi lo stanno premiando.

La settimana in South Carolina ha evidenziato come Gingrich sia un avversario di tutto rispetto, e la doppia cifra alle primarie lo hanno pienamente dimostrato. Romney in Florida sta giocando esattamente la stessa carta che ha usato il suo concorrente la settimana precedente: cattivo, risoluto e – come qualcuno ha riferito – presidenziale. Il team strategico ha messo in luce alcuni difetti del front runner, ed ha fatto in modo di ribaltarne le abitudini. Non abbiamo più visto Romney trascurare le stoccate degli avversari, lo vediamo rispondere con più cattiveria quando la domanda è su Bain Capital (la private equity da lui fondata e diretta), e soprattutto non attacca solo Obama in vista di una eccessiva fiducia nella nomination, ma parla discute e fronteggia chi gli sta davanti: perché il primo ostacolo è l’avversario alle primarie non le presidenziali che verranno dopo.

Gingrich è riuscito a farsi sostenere da un super PAC decisamente congruo, e il sostegno di Sarah Palin – soprattutto dopo l’exploit su Fox Business – ha reso meno evidenti le lacune dell’ex speaker della Camera. Ma non basta e non basterà se Newt non si adegua immediatamente al linguaggio di Mitt. Se Romney ha cambiato strateghi riuscendo a ribaltare i dati di appena sette giorni fa, Gingrich avrebbe dovuto fare lo stesso adattandosi giorno dopo giorno, e improvvisando da quel che arrivava da Romney. Del resto il favorito è e rimarrà comunque l’ex governatore, indi per cui non ha alcun senso fare il frontman in uno Stato ostile, ma adeguarsi a Mitt alzando l’asticella chiedendo sempre di più dall’avversario. Gingrich, come Romney nel dopo Iowa, si è cullato dei larghi consensi in South Carolina e non si è affatto preoccupato che l’avversario poteva cambiare approccio. Anzi ha quasi dato l’impressione che la campagna finiva nel Deep South. L’errore dell’ex speaker per di più è duplice: cantare vittoria ovunque come se fosse lui l’unico eleggibile, e non riuscire a cambiare strategia in base a chi aveva davanti. Tanto che durante il dibattito a Jacksonville di giovedì scorso, aveva tentato di riprendere Wolf Blitzer come aveva già fatto a Charleston con John King, ma il giochetto stavolta non ha funzionato.

Vengono impiegate tutte le armi e tutte le tattiche visibili e invisibili della guerra politica. Mercoledì scorso diversi consiglieri, donatori e sostenitori di Romney, hanno discusso nei minimi dettagli di ciò che si sarebbe perso in Florida e come potevano sopravvivere alla sconfitta. Da qui il cambio di squadra e strategia: il comando del team strategico è passato nelle mani di David Kochel. Innanzitutto si è fatto in modo che ad ogni dibattito televisivo Romney avesse la sua claque pronta a sostenerlo e deridere gli avversari; si è poi passato ad inviare informazioni privilegiate tramite le mailing list per rendere inaffidabile Gingrich come candidato a sfidare Obama; sono stati acquistati maggiori spazi nelle tv locali per gli spot elettorali incentrati sul discredito dell’avversario. E infine sono stati mandati i sostenitori ai dibattiti pubblici di Gingrich in modo da fischiarlo e deriderlo nei momenti topici: il deputato dello Utah Jason Chaffetz è talmente entrato nella parte, che ad un certo punto si è quasi azzuffato con l’addetto stampa di Gingrich mentre davanti alle telecamere sciorinava le bugie dell’ex speaker. Inoltre, a rendere necessario l’investimento di una montagna di dollari, è il fatto che la Florida ha quattro diversi mercati televisivi: Miami, Tempa, Jacksonville e Orlando. Ciò significa che uno spot in tv per essere efficace deve essere trasmesso da quattro emittenti diverse ogni singolo giorno, quadruplicando i costi.

Non è sicuramente il massimo dell’etica, però è una strategia che funziona: a 24 ore dalle primarie Mitt Romney è in media avanti di 11,3 punti, e l’ultimo sondaggio di Nbc News lo dà in vantaggio addirittura di 15 punti. Domani sapremo la verità.

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