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La straordinaria stagione del "progressive" italiano

L’occasione per scrivere di musica, stavolta, mi viene fornita dalla lettura dell’interessante volume di Donato Zoppo, "Premiata Forneria Marconi 1971-2006. 35 anni di musica immaginifica" (Roma, Editori Riuniti 2006). Avendo vissuto i miei anni più giovani proprio nei vivaci e movimentati seventies, del libro che ha ad oggetto i trascorsi artistici e la notevole produzione musicale di uno dei gruppi italiani di progressive rock più talentuosi attivi e longevi, ho apprezzato non tanto il carattere quasi sempre acriticamente elogiativo nei confronti della band milanese, ma sopratutto il fatto che esso inquadra disco per disco l’attività della PFM nel generale contesto musicale italiano fornendo di quest’ultimo una panoramica tutto sommato esaustiva e un quadro puntuale delle mutazioni e delle evoluzioni subite dal rock di casa nostra nel corso degli anni fino a oggi. La straordinaria stagione del progressive rock italiano coincide con la prima parte della lunga carriera artistico musicale della PFM.

Il movimento progressive inizia a svilupparsi soprattutto in Europa e in Italia a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Il genere progressive segue e talora si affianca o si sovrappone ad altri generi popolari allora in auge come il R&R, il rock delle ultime produzioni beatlesiane, quello dei dischi di maggiore impegno compositivo degli Stones, il beat e la musica dei gruppi della british invasion, la canzone d’autore più intimistica o protestataria, la psichedelia. I movimenti di contestazione e le istanze studentesche di fine anni Sessanta unitamente alla generalizzata voglia di cultura e di sperimentazione a trecentosessanta gradi, l’urgenza tutta giovanile di crescere musicalmente e il graduale diffondersi di forme artistiche più elaborate e innovative determinano il costituirsi di numerosi gruppi composti da musicisti giovani e di grande talento e il dilagare del fenomeno progressive. La tendenza sfrenata a sperimentare trova attuazione e terreno fertile allorché i gruppi progressive iniziano ad attingere dal repertorio musicale classico e antico, dal jazz e da altre forme di espressione musicale di grande impegno.

Al movimento progressive i giovani tributano immediatamente notevolissimo successo. Ciò giustifica l’elevato numero esistente di gruppi musicali e di singoli musicisti che risultano coinvolti in una esperienza creativa originalissima e senza precedenti. In tutta Europa (il Regno Unito per numero di gruppi fa la parte del leone, seguito dall’Italia) sono circa centoventi, tra noti e meno noti, i gruppi di un certo rilievo che oggi vengono classificati come progressive. Tra essi circa una sessantina sono italiani, ciò che ci consente di sostenere che negli anni in cui andava per la maggiore, la musica progressive ebbe, nel nostro paese, un seguito veramente straordinario. “Il progressive”, scrive Cesare Rizzi, “è l’idea di un rock colto per gente colta, nato istruito già in partenza e non educato nel tempo; un rock che per la sua stessa natura non avrebbe mai potuto coinvolgere un pubblico come quello giovane americano, per il quale Roll over Beethoven […] è stato il maggior approfondimento classico negli USA, quindi, la vecchia guardia rock si guardò bene dal farsi coinvolgere in un fenomeno incomprensibile…” [da: Cesare Rizzi, Atlanti musicali Giunti, Progressive, Milano 2009, p.6].

I caratteri di questo stile musicale sono ben noti: i brani, spesso molto lunghi, sono articolati in interminabili suites (il termine suite è francese e viene mutuato dalla musica barocca; esso sta ad indicare un’opera musicale complessa che si snoda attraverso diversi movimenti) e i testi, mai banali e disimpegnati, non di rado appaiono anzi di largo spessore intellettuale e letterario. Il progressive si ispira ai movimenti artistici d’avanguardia e in buona misura è alimentato da una consapevolezza nuova da parte dei musicisti che ad esso si rifanno: essa consiste certamente nel volere ricalcare canoni musicali conosciuti ma anche, soprattutto, nello sperimentare stili inediti e nel suonare la propria musica con strumenti musicali modernissimi. Soprattutto gli strumenti elettronici a tastiera avranno un ruolo fondamentale e saranno funzionali a processi di ricerca musicale che per alcuni lustri produrranno risultati artistici straordinari.

Nel periodo di maggior vigore del genere di cui parliamo in Inghilterra si distinsero i Camel, gli EL&P, i Genesis, i Gentle Giant, i Jethro Tull, i King Krimson, i Pink Floyd, i Van Der Graaf Generator, gli Yes. Osannati da miriadi di fans in tutto il pianeta personaggi come Rick WakemanSteve Howe (rispettivamente, negli Yes, tastiere e chitarre), Robert Fripp (chitarra nei King Crimson), Peter Hammill (voce, chitarra e pianoforte nei VDGG), Peter Gabriel e dopo, in sua sostituzione, Phil Collins (entrambi voce nei Genesis), Jan Anderson (flauto e voce nei Jethro Tull), Syd Barrett, Roger Waters, David Gilmour (rispettivamente chitarrista degli esordi, bassista e chitarrista nei Pink Floyd), Keith Emerson (istrionico tastierista, ai limiti dell’esibizionismo, degli ELP), diedero vita ad un modo nuovo di comporre, di suonare, di essere e di porsi di fronte al proprio pubblico. Essi diventarono punti di riferimento imprescindibili per le successive generazioni di musicisti anche dopo il graduale declino, a partire dagli anni Ottanta, del rock progressivo.

Sono nomi conosciutissimi, ricordati ed amati ancora oggi soprattutto da chi in quegli anni si dedicava all’ascolto di uno dei generi musicali che maggiormente si contraddistinguevano, sia in Italia che nel Regno Unito, per la grande diversità degli stili e dei contenuti. Costituiscono un trait d’union tra il pop progressivo inglese e quello italiano i nomi di Pete Sinfield e Peter Hammill. Il primo, poeta e musicista, è piuttosto conosciuto perché oltre a essere legato agli ambienti della poesia britannica "colta" scrisse testi per il "nostro" Angelo Branduardi e quelli di "Photos of Ghosts" (di fatto la versione inglese del secondo album di Mussida & co, "Per un amico") della Premiata Forneria Marconi, il secondo, cantante del gruppo dei VDGG, curò i testi in inglese di uno degli album più interessanti delle Orme, "Felona e Sorona". La Manticore è invece la casa discografica fondata da EL&P che nel 1976 curò la pubblicazione nel Regno Unito, tra gli altri, di "As in the last supper" , versione inglese dell’album "Come in un’ultima cena" del Banco del Mutuo Soccorso.

Il progressive rock made in Italy non è esente da momenti di romanticismo e di lirismo profondo, come dimostra, tra le tantissime altre, una bella canzone dalle molte influenze classicheggianti di uno dei gruppi progressive di area romana all’epoca più in vista, il Rovescio della Medaglia. La canzone si intitola "La mia musica" e tra i suoi autori si ritrova quello stesso Luis Enriquez Bacalov che compose le musiche del Concerto grosso per i New Trolls. Eccone il testo:

“Lei è in me ed in lei c'è tutto me./Nasce ed io, io mi sento io. E nella luce del pensiero anche un ricordo vago si fà chiaro,/io la rincorro quando fugge via, per farla ancora mia,/per farla ancora, ancora mia./Canti sopra al tetto e ti chiamo rondine,/canti sulla riva e ti chiamo mare,/sento mille voci, sento mille voci./Cantano i segreti chiusi in fondo all'anima,/cantano i pensieri di una mente libera./E' per me che cantano, è per te che cantano,/e tutte le altre voci che hai, che hai e cantano, cantano, cantano/ed ora nella luce del pensiero anche il ricordo vago si fà chiaro,/e lei mi corre incontro da lontano, finché ritorna mia./Adesso è qui, adesso è mia, è mia.” 

E a parte il romanticismo e il lirismo profondo dei testi delle canzoni, i nomi dei gruppi progressive, spesso bizzarri e fantasiosi, sono essi stessi dimostrazione, di volta in volta, della grande ispirazione che animava i musicisti e della creatività senza limiti, a briglia sciolta, che contraddistingueva il pop di quegli anni: Premiata Forneria Marconi (poi PFM), New TrollsStormy Six, Balletto di bronzoNew DadaNuova ideaOrmeBiglietto per l’infernoAreaBanco del Mutuo Soccorso, Acqua Fragile, Osanna, Goblin, Franco Battiato, Rovescio della medaglia, Trip, Raccomandata con ricevuta di ritorno, Il volo, sono solo alcuni di essi. 

Anche nel nostro Paese, come nel resto del continente, il progressive si rivela la tipologia musicale più adatta a veicolare contenuti e significati pregnanti e difficili (molti gruppi daranno spiegazione compiuta del proprio messaggio tra i solchi di numerosi concept album) e variamente articolati e storie le cui trame e significati complessivi vengono trasferiti all’ascoltatore mediante un intrecciarsi di frammenti musicali (canzoni e brani strumentali) spesso di ampio minutaggio. Albums di questo genere si trovano nella discografia del Rovescio della Medaglia (La Bibbia), delle Orme (Felona e Sorona), del Banco del Mutuo Soccorso (Darwin, Io sono nato libero, Come in un’ultima cena) della prima e della più recente PFM (Storia di un minuto, Dracula), e di molti altri. Proprio in Dracula, con rara maestria e con la compattezza di insieme che da sempre contraddistingue la band meneghina, la PFM, "resuscitando" in qualche modo nel 2006 il genere progressive, qua e là pizzica le corde del sublime. 

Il progressive rock del nostro Paese, pur non di rado traendo ispirazione da lavori di formazioni inglesi più conosciute sul piano internazionale, ebbe proprie originalissime caratteristiche musicali e di contenuto. Totalmente volto alla sperimentazione è, per esempio,"Aria" (1972), del partenopeo Alan Sorrenti. La voce di Sorrenti si libra su un tappeto sonoro creato dal violino di Jean Luc Ponty e dalla onnipresente chitarra acustica. Su questo insieme musicale, che pare avere una certa familiarità con il sogno, si innestano dei testi spesso surreali che sembrano rispecchiare le sensibilità, i desideri, le aspirazioni più profonde e le aspettative giovanili di un’epoca di grandi evoluzioni creative, di impegno politico e spirituale, di istanze libertarie. Ciò vale anche, almeno in parte, per il disco di Claudio Rocchi "Volo magico n°1" (1971), altro disco memorabile che rappresenta un periodo storico fondamentale per la musica pop italiana. La prima rock opera italiana, Orfeo 9, scritta da Tito Schipa Jr., figlio del celebre cantante d’opera e attore Tito Schipa, fu rappresentata a Roma nel 1970 e tratta del problema della droga; uscì su doppio LP nel 1972.

Sul fronte della contaminazione, estremo interesse rivestono le opere dell’ensemble partenopeo Napoli Centrale e quelle del Perigeo di Giovanni Tommaso e Franco d’Andrea (il pianista farà parte del gruppo durante tutto il suo periodo più fecondo, cioè fino al 1977). Sono formazioni influenzate dai gruppi rock jazz inglesi e d’oltreoceano (Weather report, Soft Machine, etc.). I due ensamble hanno il merito di innestare nelle loro composizioni elementi etnici partenopei (Napoli Centrale produce sonorità urbane pulsanti e nervose esprimendo allo stesso tempo una spiccata verve popolare di matrice partenopea) e mediterranei. I contenuti marcatamente politici, il Jazz, la musica contemporanea e la sperimentazione vocale più avanzata portata avanti dal cantante Demetrio Stratos sono invece alla base dell’attività discografica e concertistica del gruppo di area milanese Area (il gruppo storico, quello degli anni Settanta, era composto da Paolo Tofani, Demetrio Stratos, Giulio Capiozzo, Ares Tavolazzi, Patrizio Fariselli).

La discografia progressive italiana è quantitativamente rilevante. I dischi dei vari gruppi non sono tutti ugualmente facili da reperire, ma in commercio esiste molto che valga la pena di ascoltare.

Buon ascolto!

 

Foto: Matt Gibson/Flickr

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