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La scuola dei ricchi che studia sesso nei bagni

Bravata giovanile o sintomo di nichilismo: così si scopre il sesso e ci si vende per comprarsi l’i-Pod

La scuola dei ricchi che studia sesso nei bagni

Solitudine e disperazione oppure cinico ammiccamento all’avidità? Se il corpo è “la forma dell’anima”, secondo O. Wilde, cosa può giustificare lo svilimento di esso, e del suo prezioso e fragile contenuto, a puro oggetto di mercimonio e squallido ludibrio?

Qui, Quo e Qua rincorrevano il taccagno miliardario Zio Paperone per avere la loro paghetta settimanale e se non bastava la Disney ci racconta di prestiti o lunghe attese, ma se vivessero oggi i tre nipotini non si dannerebbero a contare i risparmi, piuttosto si prostituirebbero a scuola.

É un fenomeno ormai dilagante, tra l’uno e il quattro per cento dei giovani italiani ha “giocato” al gioco del “do ut des” con il proprio corpo come merce di scambio.

Funziona così: esiste un circolo (se non esiste sei in tempo a crearlo), ci entri e metti il tuo corpo a disposizione in cambio di soldi, alcool o droga.

Le ragazze forniscono il proprio corpo ed è un divertimento, un gioco che permette un’autonomia economica che la paghetta limita.

Il problema dubito, tuttavia, che sia di natura economica perché la maggior parte delle persone coinvolte nel giro sono provenienti da famiglie benestanti, si tratta di ragazze che percepiscono dai 20 ai 40 euro ogni week-end .

Il nocciolo della questione ritengo sia da ricercare nel rapporto che oggi gli adolescenti hanno con il sesso.

Con l’avvento della rete, che fornisce materiale pornografico gratuitamente e senza richiedere dati anagrafici, anche un bambino di sei anni può guardare un film porno, e se a sei e troppo presto oggi il primo film porno in media viene visto a 12 anni.

I ragazzi crescono con il sesso che il perseguita ovunque, nel web molti siti hanno delle finestrelle di chat che si aprono in ogni momento con immagini provocanti, le pubblicità sono cariche di doppi sensi e, quindi, normale che alle medie si scambieranno i video sul cellulare e al liceo inizieranno a girarli, sempre così, per gioco.

Si accorgeranno troppo tardi dell’errore, e il sesso non consente dietro-front.

Nelle metropoli il fenomeno è ormai dilagante, con veri e propri giri di ragazzi, animaleschi per natura, che vogliono sempre nuove esperienze sessuali e di ragazze annoiate che vogliono pagarsi gli extra e trasgredire.

Le bravate adolescenziali le hanno fatte tutti e credo che chi non le ha fatte a suo tempo se ne sia poi pentito, il punto è conoscere il limite.

C’è in ogni cosa, situazione o caso, un limite da non superare e questo fenomeno li supera tutti.

Ma come può un ragazzo accorgersi di un limite se non alla fine della corsa?

É scomparsa una figura in questa storia, un personaggio in meno calca le scene.

Peccato che dovrebbe essere un ruolo principale.

I genitori sono morti.

A lavoro, tra una corsa in bus e un’altra, o dall’estetista, troppo stanchi per curare un figlio, troppo nervosi per discutere ancora, non si accorgono dei “mostri” che vivono soli, muti e da soli fanno sesso, perché ora non è condivisione, ma appagamento di un bisogno fisiologico, appagamento che ciascuno effettua per conto suo utilizzando l’altro come strumento.

É un monito ai genitori: non aspettate che suoni l’allarme, la casa si controlla a vista, perché quando suonerà i ladri potrebbero già aver sottratto quanto basti.

Solitudine e disperazione oppure cinico ammiccamento all’avidità? Se il corpo è “la forma dell’anima”, secondo O. Wilde, cosa può giustificare lo svilimento di esso, e del suo prezioso e fragile contenuto, a puro oggetto di mercimonio e squallido ludibrio?

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