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La responsabilità politica del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Invece di dimettersi anticipatamente, per facilitare l’elezione del suo successore, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto una mossa disperata. 

Per rompere lo stallo politico, dopo il fallimento del tentativo di Pierluigi Bersani di formare un governo, il Capo dello Stato ha nominato un paio di gruppi di esperti, detti impropriamente “saggi”, con il compito urgente di sviluppare una piattaforma di riforme politiche ed economiche che potrebbero essere adottate in Europa e in Italia. Ora, quei saggi, hanno sentenziato che le cose da fare sono quelle sempre discusse nell’ultimo ventennio: trasparenza, riduzione parlamentari, contenimento della spesa pubblica, lavoro, sostegno alle imprese, riforma fiscale per pagare meno tasse, conflitto d’interesse, legge anticorruzione, legge elettorale e via così fino alla perla di assoluta saggezza: il finanziamento ai partiti non può essere cancellato.

Già questo singolo e ultimo punto ci illumina sulla reale “saggezza” di costoro. Infatti, considerando che un referendum avrebbe abolito nettamente il finanziamento pubblico ai partiti, cosa che la casta ha sempre ignorato, fa emergere quanto questi esperti siano, in pratica, assai poco saggi e ancor meno navigati di quel che si pensava. A fare copia-incolla dei buoni propositi previsti dai programmi elettorali di tutti gli schieramenti politici, erano buoni in tanti. Gli esperti non forniscono alcuna indicazione di chi potrebbe governare il paese, che è l’unico punto su cui i partiti divergono fino a determinare lo stallo attuale. È Napolitano stesso che, ringraziando i saggi, precisa che il loro lavoro non sarà utile a se stesso, bensì al suo successore. Sembra quasi un’affermazione di “sfiducia intellettuale” nel prossimo presidente o che sia considerato talmente stupido, a prescindere di chi sarà, fino al punto che sarà necessario illuminarlo preventivamente sulle cose da fare attraverso le conclusioni dei saggi e che, quindi, non ci potrà mai arrivare da solo.

Strano modo per terminare il suo settennato: bacchetta i politici che non hanno voluto impegnarsi, responsabilmente per il bene del paese, e lui se ne “lava le mani” adottando le due relazioni dei saggi copioni?

Napolitano chiede ai capi di partito ad assumere la gravità e l’urgenza della crisi, ma il suo appello è caduto nel vuoto, ed è lampante la paralisi attuale dell’Italia. Lui ha chiamato Mario Monti per salvarci e, bisogna ammetterlo, non c’è riuscito. Come non è stato risolutivo nemmeno in questa occasione, anche se tutti, in Italia e in Europa, avevano fiducia in lui e nella sua illuminante capacità istituzionale.

Intanto la situazione economica continua a peggiorare e non solo a causa della mancata adozione di riforme per la modernizzazione istituzionale, ma anche per una legge elettorale che favorisce l’illegalità. Oltre a questa grave situazione, si iniziano a intravedere i primi malumori fra i politici, i partiti iniziano a spaccarsi e a litigare al loro interno. Questo fatto è la causa della perdita di reputazione che fa precipitare il consenso quando emerge che tutti, nessuno escluso, sono miopi, senza coraggio e senso di responsabilità per decidere, ma seriamente.

L’Italia ha un bisogno assoluto di risolvere i problemi, non serve solo ed esclusivamente un presidente della Repubblica. È importante eleggere il Capo dello Stato, ma non è quella la soluzione di tutti i nostri malesseri, a parte di essere l’unica strada che possa farci ritornare alle urne.

Il senso di responsabilità politica di Giorgio Napolitano l’ha portato solo a passare la patata bollente al suo successore al Colle?

Probabilmente il nuovo presidente della Repubblica non leggerà nemmeno le relazioni dei saggi. Non serve un quoziente intellettivo tanto alto per capire che, se non ci sarà l’inciucio PD-PDL, non ci sarà nemmeno un governo che tenga. Perciò, al nuovo inquilino del Colle non resterà altro da fare che sciogliere le Camere e chiamare gli italiani al nuovo voto, ancora con il vecchio porcellum.

Mario Monti?

È lui il premier, è lui il governo! Sembra una contraddizione inconsulta e, di fatto, lo è. Monti è quello che non ha vinto, però governa; Bersani è quello che ha vinto, ed è sull'orlo di una crisi di nervi.

È così che funziona in Italia… parola di Giorgio Napolitano.

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