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La religione favorisce la generosità? Solo tra confratelli

Le re­li­gio­ni sti­mo­la­no la coo­pe­ra­zio­ne, ma solo tra per­so­ne della stessa fede. E’ quello che emerge da uno studio della Not­tin­gham Uni­ver­si­ty Bu­si­ness School, a cui ha con­tri­bui­to anche il go­ver­no bri­tan­ni­co, per stu­dia­re il ruolo della re­li­gio­ne nella so­cie­tà. I ri­cer­ca­to­ri hanno chie­sto a un gruppo di vo­lon­ta­ri pro­ve­nien­ti dalla Ma­le­sia, tra cui cri­stia­ni, isla­mi­ci, hindu, bud­d­hi­sti e non cre­den­ti, di par­te­ci­pa­re ad un espe­ri­men­to per te­star­ne la ge­ne­ro­si­tà. I vo­lon­ta­ri do­ve­va­no donare agli altri somme di denaro vir­tua­li e po­te­va­no vin­cer­ne, in base alle scelte fatte.

I non re­li­gio­si non ri­sul­ta­no af­fat­to essere più egoi­sti dei cre­den­ti

Dal test è emerso che vi era mag­gio­re ge­ne­ro­si­tà e coo­pe­ra­zio­ne tra i par­te­ci­pan­ti che sa­pe­va­no di con­di­vi­de­re la stessa cre­den­za. Inol­tre, i non re­li­gio­si non ri­sul­ta­no af­fat­to essere più egoi­sti dei cre­den­ti. Nel­l’e­spe­ri­men­to, a coppie, il grado di coo­pe­ra­zio­ne era in­tor­no al 30% quando i par­te­ci­pan­ti non sa­pe­va­no di che re­li­gio­ne fosse l’al­tro e quando sa­pe­va­no che era di una fede e di una etnia di­ver­sa. Ma saliva al 45,4% quando i due ave­va­no la stessa etnia e re­li­gio­ne.

Se­con­do il dottor Robert Hof­f­man, pro­fes­so­re as­so­cia­to di Eco­no­mia presso l’a­te­neo e tra gli autori dello studio, è comune “im­ma­gi­na­re che la carità in­trin­se­ca in molti noti ar­ti­co­li di fede po­treb­be avere un qual­che im­pat­to nei com­por­ta­men­ti di tutti i giorni”. “Ma non ab­bia­mo sco­per­to alcuna prova di ciò quando ab­bia­mo esa­mi­na­to cosa accade quando le per­so­ne re­li­gio­se in­te­ra­gi­sco­no con­sa­pe­vol­men­te con quelli che hanno una fede dif­fe­ren­te o non ne hanno alcuna”, spiega.

Quando i cre­den­ti sanno di in­te­ra­gi­re con i cor­re­li­gio­na­ri, “im­prov­vi­sa­men­te la loro fede inizia a spie­ga­re le loro azioni”, rileva. La con­clu­sio­ne per Hof­f­man è che “la re­li­gio­ne non in­fluen­za il com­por­ta­men­to delle per­so­ne in ter­mi­ni ge­ne­ra­li, piut­to­sto in­fluen­za come questi si re­la­zio­na­no con dif­fe­ren­ti in­di­vi­dui”.

Le co­mu­ni­tà re­li­gio­se, alla prova dei fatti, si com­por­ta­no dunque in ma­nie­ra più o meno tri­ba­le: l’u­ma­ni­tà eletta ri­stret­ta al “noi” del gruppo, con ten­den­za alla de­ni­gra­zio­ne, alla de­mo­niz­za­zio­ne e con­flit­to verso gli altri. L’Antico Te­sta­men­to or­di­na­va di “non uc­ci­de­re”, ma il co­man­da­men­to valeva sol­tan­to nei con­fron­ti degli ebrei. Anche oggi la logica è simile. Per fare un esem­pio no­stra­no, Co­mu­nio­ne e li­be­ra­zio­ne alza da sempre il ves­sil­lo della sus­si­dia­rie­tà: ma a be­ne­fi­ciar­ne in Lom­bar­dia, come ormai emerge dalle di­chia­ra­zio­ni degli stessi in­qui­ren­ti, sono sol­tan­to gli amici suoi.

Uno stato laico non do­vreb­be di norma pre­fe­ri­re un gruppo par­ti­co­la­re. Men che mai un gruppo for­te­men­te au­to­re­fe­ren­zia­le come una con­fes­sio­ne re­li­gio­sa.

 

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