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La “personalizzazione” e la politica “urlata”

La “personalizzazione” nella politica ha avuto tra i suoi maggiori esponenti Silvio Berlusconi. L'ex-premier ha più volte trasformato le consultazioni elettorali in referendum pro o contro di lui. In questo fenomeno, “l'uomo politico” è l'imprenditore di se stesso, vince come persona e non come esponente appartenente ad una tale partito.

Tutto questo “ha avuto successo” (e Berlusconi non è l'unico esempio) grazie a tanti fattori presenti nella società italiana: l'appiattimento culturale, la massificazione, “l'indebolimento ideologico” dei partiti, la desertificazione del sapere e tanto altro ancora.

Nella politica italiana odierna, per ricordarsi di un movimento spesso si pensa al leader di quel partito: Casini per l'UDC, Bersani per il PD, Di Pietro per l'Italia dei Valori e così via. Nei mesi recenti un altro metodo, già presente da tempo nella politica italiana, “si sta estremizzando” ossia il dialogo “urlato”, “violento”, spesso definito come antipolitica, demagogia o populismo. Riguardo a questo, i maggiori esponenti possono essere individuati in Di Pietro, Matteo Renzi e soprattutto in Beppe Grillo

Questi "signori" della scena italiana più recente si avvalgono di messaggi “diretti”, “provocatori”, “destabilizzanti”, spesso anche oltremodo offensivi.

Il loro linguaggio “politico” fonda la sua forza su “epiteti” o parole “chiave” che “destano” l'attenzione delle folle. Oltre a ciò si avvalgono di concetti e temi “chiave” che appartengono a parte dell'opinione pubblica, come del web.

La personalizzazione politica come la discussione “urlata”, demagogica e populista, stanno avendo molto successo perché, in momenti di difficoltà come questo, “le masse” sono più facilmente “impressionabili”: la gente cerca qualcosa o qualcuno in cui credere, na figura che li guidi, motti che canalizzino la loro rabbia, il loro malcontento e il loro dissenso

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