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La nuova geografia dell’innovazione

Enrico Moretti, giovane e brillante studioso che insegna Economia a Berkeley, ha pubblicato un saggio dove descrive gli intrecci culturali e sociali dell’economia americana dell’innovazione.

Il libro “La nuova geografia del lavoro” (Mondadori, 2013) è molto scorrevole e Moretti riporta molti esempi per comprendere meglio le sue riflessioni, che descrivono bene l’evoluzione delle imprese tecnologiche americane, a volte paragonabile a quella dei distretti italiani delle piccole e medie imprese. Negli Stati Uniti si possono definire tre principali aree produttive: ad alta, media e bassa densità di imprese. L’alta densità di imprese in un determinato settore economico permette ai lavoratori di trovare l’impresa più adatta a loro e viceversa permette agli imprenditori di assumere le persone con le competenze più adatte alle loro aziende e ai loro nuovi progetti.

Moretti ha dimostrato che una persona “può ottenere una retribuzione molto diversa in base a quanti lavoratori qualificati ha intorno a sé. Questa correlazione vale per tutti i settori, ma è particolarmente pronunciata nel caso dei professionisti dell’hi-tech” (p. 102). E “l’effetto del numero di laureati sui salari degli altri lavoratori è tanto maggiore quanto minore è il loro grado di scolarità” (p. 103). Quindi in ogni impresa e in ogni città, la maggiore presenza di lavoratori molto istruiti e molto specializzati determina un aumento della creatività e della produttività generale. 

Comunque anche per “i cluster dell’innovazione”, nonostante la rapidità e la presenza 24 ore su 24 dei moderni mezzi di comunicazione aziendale, la prossimità fisica dei migliori cervelli delle diverse discipline risulta sempre fondamentale per l’incubazione e la diffusione delle nuove idee, che si arricchiscono e si amplificano grazie alle interazioni personali dirette. In molti casi le persone amano dialogare per imparare e per insegnare, e anche i venture capitalist preferiscono seguire di persona i progetti finanziati. Perciò i titolari delle aziende in fase di start-up e interessate ai grandi finanziamenti devono trovare una sede a non più di 40 km di distanza dai finanziatori.

Nei settori ad alta competenza professionale si evitano i traslochi aziendali che abbassano il costo del lavoro: “Nel mondo dell’innovazione produttività e creatività sono molto più importanti dei costi del lavoro” (p. 126). Anzi, conviene investire nelle star aziendali. Secondo Zucker e Darby nelle biotecnologie e “nell’alta tecnologia il successo, specialmente negli anni di gestazione, è legato a un piccolo numero di scienziati straordinari, caratterizzati da grande capacità di visione e perfetta padronanza delle tecniche più avanzate” (p. 182). Inoltre in questi settori è molto frequente la nascita di nuovi tipi di lavoro (le professioni che non esistevano dieci anni fa).

Del resto l’investimento privato in ricerca e sviluppo ha “un ritorno privato per l’azienda che lo effettua, ma anche un ritorno sociale di cui godono altre aziende. Il problema è che, non potendo godere appieno dei ritorni dei propri investimenti, il mercato investe nell’innovazione meno di quanto sarebbe socialmente auspicabile. L’unico modo per correggere questa carenza del mercato è un intervento della mano pubblica volto a compensare chi investe” con sussidi o sgravi fiscali.

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