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La misteriosa sparizione di un maldestro saltatore

In un angolo del cortile giardinetto retrostante la casa d’abitazione della mia famiglia era rimasto in piedi un albero di mandorlo: per la verità, esso faceva bella figura non tanto per la resa in frutti, ma più che altro per il delicato profumo delle sue bianche infiorescenze stagionali.

All’età di sette od otto anni, in un pomeriggio d’avvio estate, mi stavo intrattenendo in detto spazio in compagnia della mia sorella minore, la quale, da poco, si era ”lasciata”, aveva, in pratica, iniziato a camminare da sola.

Scalavo il tronco, fermandomi poi sui primi rami della pianta: da lì saltavo a terra fra le risate di gioia della piccola. Così, due, tre, infinite volte; sennonché, all’ennesima esibizione, il piede d’appoggio toccava il pavimento purtroppo in posizione scoordinata, procurandomi un leggero indolenzimento che m’induceva ad interrompere l’esercizio.

Dopo di che, porgevo la mano alla sorellina accompagnandola in casa e, non so dietro quale misteriosa ispirazione, andavo a sdraiarmi all’interno della sua culla di legno, munita di fiancate alte come una minuscola barca, nella camera da letto dei miei genitori, dove prendevo quasi immediatamente sonno.

Scorrevano le ore e giungeva la sera: il “saltatore” maldestro si era come dileguato, invano la mamma e i fratelli lo cercavano in casa, dai nonni nelle vicinanze, per le strade adiacenti. Io ero sparito e, intanto, si era fatto buio.

Ad un certo punto, per fortuna, a qualcuno dei parenti capitò di entrare nella camera da letto e di posare lo sguardo all’interno della culla: il terribile discolo era proprio lì beatamente addormentato. Veniva in tal modo a svanire l’incubo del panico che si era ingenerato, ma rimaneva a risuonare, per un bel pezzo, il coro di rimbrotti, del tutto meritati, al mio indirizzo. 

 

 

Foto: Affabilel

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