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La libertà religiosa e la coscienza accantonata

Di Raffaele Carcano

Anche quest’anno, la fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre” ha diffuso un rapporto sulla libertà religiosa nel mondo. È stato ovviamente enfatizzato dai mass-media cattolici, da Radio Vaticana ad Avvenire, ed è stato ripreso altrettanto acriticamente dalla stampa non cattolica, dal Giornale alla Stampa fino a Repubblica. “I cristiani sono i più perseguitati al mondo, i nuovi martiri”, è il verbo che viene annunciato ovunque.

Gli estensori del rapporto se la prendono anche con l’ateismo di Stato, e questo è comprensibile: la stessa Uaar lo critica senza timori di sorta. Ma non finisce qui: i cristiani, sostengono, cominciano a essere “perseguitati” anche nei paesi democratici. Non ci credete? Nel rapporto è scritto nero su bianco che “nei Paesi occidentali, le tensioni religiose sono in aumento a causa di fenomeni recenti come “l’ateismo aggressivo”, il laicismo liberale e le ondate di migranti e rifugiati che appartengono a fedi e culture diverse da quelle del Paese ospitante”. La scheda sull’Europa Occidentale menziona i “tentativi di legalizzare il matrimonio e l’adozione gay”, mentre “in Italia si teme che il disegno di legge Scalfarotto-Leone, proposto per combattere l’omofobia, possa risultare nella criminalizzazione di ogni critica dell’omosessualità”. Addirittura ogni critica! Nessuno nega che i cristiani siano il gruppo religioso più perseguitato. In fondo, è anche quello più numeroso. È ancora fresca l’orrenda notizia proveniente dal Pakistan, dove Shahzad e Sama, una coppia cristiana, è stata picchiata e bruciata, accusata da una torma di invasati di aver profanato il Corano, di essere “blasfemi”. Il rapporto sulla libertà religiosa nota come le “persecuzioni” contro i cristiani siano quasi tutte compiute in paesi dove l’islam è religione di Stato. E già questa circostanza dovrebbe spingere le gerarchie ecclesiastiche a ragionare sul fatto che la religione non è un fenomeno automaticamente “buono”. Anzi.

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Si capisce bene, dunque, dove voglia andare a parare il rapporto. Consultiamo la scheda dedicata all’Italia. Tra i (pochi) esempi portati a comprova delle “sofferenze” si cita una vignetta di Vauro. Si dà conto di qualche atto di vandalismo, che anche l’Uaar saltuariamente ha subito e subisce. E quasi un terzo della scheda è dedicata al caso Lautsi. Ricordate? È la socia Uaar che, con l’appoggio dell’associazione, avviò un’iniziativa legale contro la presenza dei crocifissi nelle scuole, finendo poi battuta — e soltanto in appello — alla Corte europea di Strasburgo. I cattolici credono dunque che chiedere che sia abolito un privilegio esclusivo rappresenti un “aggressivo” attacco alla loro libertà religiosa.

La scheda contiene peraltro anche un’autentica perla: “si registrano fatti e situazioni che […] possono essere ricondotti ai livelli del c.d. «Piano inclinato» (si inizia con l’intolleranza, seguono discriminazioni da cui spesso nascono crimini di odio alla fede), un concetto elaborato dal professor Massimo Introvigne, uno dei massimi studiosi mondiali dei rapporti fra religione e società”. Evidentemente non sanno che il piano inclinato è un noto errore argomentativo, come si trova scritto anche su Wikipedia. E che Massimo Introvigne, che ha insegnato soltanto in facoltà pontificie, è il principale diffusore della tesi secondo cui, nel mondo, viene ucciso un cristiano ogni cinque minuti. Un mantra, più che una tesi, privo ancora oggi di evidenze a supporto.

Tanto scrive una fondazione di diritto pontificio. La Chiesa sembra dirci che soffre anche quando le si vuole negare la libertà di vietare l’altrui libertà. L’unica libertà che le sembra interessare è la propria.

Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti. Ora lo dicono anche i giornali cattolici, in autorevole e istituzionale compagnia. Ma il mondo cattolico dimentica sempre qualche parola: “frocio”, “troia”, forse anche “blasfemo”. Le parole sono importanti e possono costare caro: in Italia, la blasfemia contro la religione e la divinità cattoliche è punita ancora oggi. Basta una bestemmia in autostrada per essere multati, basta esporre un manifesto che annuncia la “buona notizia” che Dio non esiste per rischiare l’incriminazione. Alla Chiesa di papa Francesco sembra proprio che vada bene così, nonostante anche l’Onu abbia chiesto di superare ogni legislazione sulla blasfemia. La fondazione di diritto pontificio e la Chiesa tutta sarebbero più credibili se si sono occupassero anche delle sofferenze che procurano a chi non la pensa come loro. La loro coscienza ha qualcosa da dire, in proposito?

E dire che, nel mondo, c’è anche chi soffre per causa della Chiesa. E non solo quella ortodossa, che fa incarcerare e condannare per blasfemia chi la denigra, in Russia come in Grecia. A Malta, la piccola e cattolica Malta, 99 cittadini sono stati condannati in un solo anno per blasfemia, la stessa accusa per cui sono stati assassinati i cristiani Shahzad e Shama. L’Iheu, l’unione internazionale di cui fa parte anche l’Uaar, ha a sua volta pubblicato lo scorso anno un rapporto sulle discriminazioni e “persecuzioni” di cui sono vittima, nel mondo, i non credenti. La libertà di religione si deve sempre accompagnare alla libertà dalla religione. Noi ci battiamo contro ogni negazione della libertà di coscienza, che le racchiude entrambe. La Chiesa cattolica, come la pensa?

Foto: Emanuele, Flickr.

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