La legge 40 e il destino degli embrioni in eccesso
Non c’è proprio pace per la famigerata legge 40/04, che in una ipotetica classifica delle leggi meno laiche di sempre sarebbe certamente tra i primi posti, se non addirittura in testa. E meno male, diremmo, perché se a non avere pace è lei allora vuol dire che chi, pur non potendo procreare, spera nella possibilità concreta di avere una prole, a quella pace può invece legittimamente ambire.
E magari può anche sperare che la scienza faccia il possibile perché quella prole goda di buona salute, cosa che la formulazione originale della legge 40 di fatto negava stabilendo che gli embrioni prodotti fossero tutti impiantati obbligatoriamente e a prescindere.
A suo tempo fu necessario ricorrere alla giustizia europea per chiarire quello che avrebbe già dovuto essere chiaro di per sé: obbligare una donna a ricevere un embrione potenzialmente non sano costituisce violazione dei suoi diritti. Ma, ancora prima della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, già la nostra Corte Costituzionale aveva smantellato quella parte della legge che limitava a tre il numero di embrioni da produrre mediante tecniche di procreazione assistita, e che obbligava all’impianto di tutti gli embrioni prodotti in un unico intervento, facendo di riflesso decadere anche il divieto di crioconservazione degli embrioni ottenuti.
Ora, non è possibile obbligare una donna ad avere impiantati tutti gli embrioni prodotti, da ciò consegue che si ha una certa quantità di embrioni crioconservati e bisogna capire a cosa possono essere destinati.
La legge 40 vieta esplicitamente di destinarli alla ricerca scientifica, ma proprio su questo punto pendono diversi ricorsi alla Corte Costituzionale, l’ultimo dei quali potrebbe scaturire dal ricorso di una coppia al Tribunale di Milano che, avendo già avuto ben tre figli da due dei tre embrioni da loro prodotti, chiede appunto di poter donare a scopo di ricerca l’ultimo dei suoi embrioni e chiede altresì di sollevare l’eccezione di incostituzionalità della norma. Qualora tale ricorso andasse a buon fine potrebbe costituire un vero colpo di grazia per questa fallimentare legge, di cui a quel punto rimarrebbe ben poco. Tra l’altro proprio a riguardo della ricerca sugli embrioni umani si registra il fallimento della petizione “Uno di noi”, rivolta alla Commissione europea per chiederne appunto il divieto.
Un’altra possibilità di impiego degli embrioni in soprannumero potrebbe essere quello dell’impianto in donne che hanno chiesto di accedere alla procreazione assistita di tipo eterologo, altro paletto posto originalmente nella legge ma rimosso recentemente dalla Corte costituzionale. E in teoria proprio grazie a questa rimozione parte degli embrioni potrebbe essere semplicemente donata a coppie sterili. In teoria, appunto, perché in pratica allo stato attuale ciò non è possibile per via di quanto contenuto nell’accordo sottoscritto dalle Regioni italiane dopo la caduta del divieto di fecondazione eterologa. A segnalare il problema è un articolo apparso su Galileo in cui l’autrice spiega i punti dell’accordo che rendono difficile l’attuazione di tecniche eterologhe per la fecondazione assistita.
Si va dalla qualità richiesta per il seme dei donatori maschi, che si vuole esageratamente ricco di spermatozoi, all’assenza di rimborsi spese per tutti i donatori. Ma soprattutto si punta il dito sull’assurda richiesta che gli ovociti da donare provengano da donne che non abbiano infezioni vaginali in corso, come se tale infezione potesse in qualche modo compromettere la salute delle due donne, donatrice e ricevente, o del futuro embrione.
La verifica dovrebbe essere fatta prima del prelievo dell’ovocita mediante tampone vaginale, e poiché nessun embrione crioconservato è accompagnato dall’esito di un simile test vien da sé che non sarà possibile utilizzarne nessuno per questo scopo. Di più: visto che nessun paese europeo richiede questo screening preliminare non si potranno nemmeno utilizzare embrioni importati. Insomma, al momento siamo di fatto condannati a riempire le banche di embrioni congelati senza nessuna possibilità di impiego; non ci rimane che sperare che qualcuno si renda conto dell’assurdità della situazione e si attivi per porvi rimedio.
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