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La guerra NATO contro l’ex Jugoslavia

Il 24 marzo di venticinque anni fa aveva inizio l’operazione “Allied Force”, una serie di bombardamenti della Nato sulla Repubblica di Jugoslavia che ha visto coinvolti Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Canada, Spagna, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Turchia, Paesi Bassi e Belgio.

La campagna di bombardamenti NATO iniziata il 24 marzo terminò l’11 giugno 1999, dopo 78 giorni, coinvolgendo fino a 1.000 aerei, operanti principalmente da basi in Italia e portaerei di stanza nel mar Adriatico.

Nel venticinquesimo anniversario, solo Euronews e l’agenzia di stampa Italpress hanno ricordato l’evento. Quets’ultima ricordando che il Kosovo non è ancora riconosciuto come stato indipendente. Gli altri media dominanti hanno oscurato al notizia.

La violenza della guerra della NATO alla Jugoslavia

« In 78 giorni, i bombardamenti sul territorio della Serbia e del Kosovo provocarono molti morti e distruzione. Oltre agli obiettivi militari, come in ogni guerra, vennero colpiti anche quelli civili. Vennero distrutte case, ospedali, scuole, edifici pubblici e culturali, lasciando un numero indefinito di vittime. Le stime parlano di cifre che variano fra i 1200 e 2500 morti, oltre 12000 feriti e un numero di profughi che varia da 700 mila a un milione » [1].

« Ancora una volta l’ONU ha dimostrato la sua impotenza senza neppure salvare la faccia – commentò Bandiera Rossa -. Ancora una volta, i governi dell’Unione Europea, quasi tutti diretti da socialdemocratici, in certi casi appoggiati dai Verdi, sono andati a rimorchio della superpotenza americana e uno di essi, l’Italia, si è trasformato in una gigantesca portaerei » [2].

In Italia il governo era guidato dal “socialdemocratico” Massimo D’Alema.

« L’operazione militare NATO si sviluppò inizialmente con l’intento di togliere alla Serbia ogni capacità di offesa e difesa aerea, tramite il sistematico bombardamento di aeroporti militari, postazioni missilistiche antiaeree e radar. Successivamente si passò a colpire anche bersagli civili, nel tentativo di paralizzare il paese, colpendo i ponti, le centrali elettriche e le telecomunicazioni, per obbligare il governo serbo – sostenuto per un periodo da Russia e Cina – ad una resa incondizionata » [1].

L’8 maggio l’ambasciata cinese a Belgrado venne bombardata causando la morte di tre persone e un grave incidente diplomatico internazionale.

Il problema dei kossovari

« La guerra a Milosevic [ il presidente della Serbia, NdR ] deriva direttamente dalla decomposizione della Jugoslavia, dalla transizione violenta al capitalismo, dagli scontri tra differenti cricche ( serba, croata, slovena e bosniaca ) prodotte dalla vecchia nomenclatura, che si fanno la guerra per appropriarsi delle ricchezze e dei mezzi di produzione » [3].

«La Nato … ha imposto la sua versione: proteggere la popolazione kosovara contro Milosevic attraverso attacchi militari. […] Ma una simile manipolazione è piena di contraddizioni: fino a quando la gente accetterà bombardamenti sempre più devastanti ( compresi i loro “errori” ) con la scusa dell’obiettivo umanitario ? La sola base politica che le è stata data, con una propaganda grossolana e cinica, è quella che assimila Milosevic a Hitler e il martirio kosovaro al genocidio degli ebrei » [3].

La guerra di Milosevic contro il popolo kosovaro era reale, anzi chiarì Bandiera Rossa che, tuttavia, condannò la scelta della guerra come strumento di pacificazione.

« Ci opponiamo alla guerra della NATO nell’ex Jugoslavia innanzitutto perché ci opponiamo alla NATO stessa – spiegò Bandiera Rossa -. Gli Stati Uniti cercano in questa guerra con l’ex Jugoslavia di riaffermare il loro potere di comando. […] L’espansione della NATO rafforza il nazionalismo di destra russo … ». « Non siamo a favore della “liberazione” del Kosovo attraverso la distruzione, da parte NATO, delle città e degli abitanti della Serbia … sosteniamo il diritto dei kosovari a combattere per la propria sopravvivenza con ogni mezzo di cui dispongono, sia attraverso il movimento antiguerra di resistenza civica che con la lotta dell’UCK [ milizia separatista albanese, NdR ] » [4].

Insomma, a loro parere, doveva riaffermarsi il principio della non ingerenza esterna negli affari interni di un dato Paese affermato dall’articolo 2 comma 4 dello statuto ONU che obbliga i Paesi ad « astenersi dall’uso della forza contro l’integrità territoriale » e dal comma 7 dello stesso articolo che « non autorizza ad intervenire in questioni che appartengono essenzialmente alla competenza interna di uno Stato » fermo restando l’impegno per « promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo » ( articolo 1, comma 3 ).

Fonti e Note:

[1] Centro documentazione Livio Maitan, “24 marzo 1999: bombardamenti Nato sulla ex Jugoslavia”.

[2] Bandiera Rossa, n. 88 aprile 1999, “Il sonno della democrazia e i suoi mostri: No alla guerra”.

[3] Bandiera Rossa, n. 90 giugno 1999, “L’Europa, la guerra e la sinistra”.

[4] Bandiera Rossa, n. 90 giugno 1999, “La via della Nato verso al rovina”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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