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La fabbrica dei corpi di Patricia Cornwell

Così a naso direi che La fabbrica dei corpi è il migliore dei romanzi di Patricia Cornwell che ho finora affrontato nella mia serie. Più intenso, più spesso, più duro, anche più macabro, sicuramente più drammatico dei precedenti.

Il terzetto magico Scarpetta, Benton e Marino si trasferisce in blocco in un paesino della North Carolina, dove una bambina di undici anni è stata rapita e poi barbaramente uccisa e violentata. La dinamica ricorda quella di un fatto simile avvenuto tempo prima il cui colpevole era sfuggito al trio di inquirenti e così loro si fiondano sul posto convinti di conoscere il nome del responsabile.

In realtà poi il paesino si rivela pieno di sorprese. Personaggi inquietanti si aggirano per le strade, le sicurezze vacillano, ci sono nuovi omicidi. E il tutto sembra intrecciarsi in maniera misteriosa con la vicenda di Lucy, l’amata nipote di Kay Scarpetta, che ha qualche difficoltà nel suo ingresso in FBI.

L’intreccio è interessante, complicato, arzigogolato a tratti, ma alla fine funziona. Alla vicenda centrale si annodano questa volta in maniera importante le storie personali dei protagonisti. Assistiamo al dramma psicologico di Marino e al cambio di rapporto tra Kay e Benton. Peggio che mai le cose in famiglia, dove i rapporti con la nipote, la sorella e perfino la madre si incrinano in maniera drammatica.

Insomma, un bel drammone che intreccia storie personali, rapporti tra i singoli e intreccio narrativo legato agli omicidi seriali.

Poi ci sono, e questa è una bella sorpresa, risvolti quasi macabri, con un paio di descrizioni di autopsie che scendono in dettagli finora sconosciuti alla penna della Cornwell. Insomma siamo di fronte ad un romanzo più duro e crudo dei precedenti, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico (forse soprattutto da quello psicologico).

Il personaggio di Kay non è statico, cresce, evolve, si porta dietro le fatiche di anni di contatto diretto con i cadaveri, soffre, rischia il tracollo (ovviamente la vita), ma alla fine, inevitabilmente, trionfa.

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