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La crisi dei call center. Infocontact... una storia già vista

-“Ingegnere lei ha realizzato il sogno della sua vita”
-“Probabilmente sì, anche se non ci tiro fuori niente di materiale”
-“Sta facendo sognare migliaia di persone giovani soprattutto”
-“Io spero di si”

Era il 2011 e il tgR Calabria con il servizio qui sotto dipingeva Alfonso Graziani come un benefattore per migliaia di giovani calabresi che con tanto di laurea in informatica “sognavano di andare a lavorare nel suo call center” Infocontact nelle sedi di Lamezia e Catanzaro. E cosi dai 2650 dipendenti del 2011 che fatturavano circa 50 milioni di euro (niente di materiale!) oggi sono diventati circa 1800 che rischiano di andare a casa grazie alla perdita di grandi commesse come quella della Wind, che già ne aveva annunciato la scadenza per il 31 gennaio e che ha deciso di prorogare di altri 3 mesi l’incarico alla Infocontact.

Il giochino è sempre lo stesso: spostare la commessa dove è possibile pagare meno i salari e licenziare più facilmente. Qualcuno ha cominciato a chiamarla ”La crisi dei call center”: Accenture (262 lavoratori licenziati a Palermo e circa 300 in procinto di essere licenziati a Napoli) la 4U (390 dipendenti licenziati a Palerm), Teleperformance a Taranto (2700 dipendenti in esubero da dicembre), Almaviva (circa 3000 lavoratori in esubero nel 2015) e adesso anche Infocontact. Ma i call center non sono in crisi.

Cambia la commessa, cambia il padrone ma la storia è sempre la stessa: si annunciano esuberi e si aprono i tavoli di trattative al MISE; se tutto va bene, gli esuberi rientrano per qualche periodo con l’utilizzo degli ammortizzatori sociali per “uscire dalla crisi”, facendo ricorso ai contratti di solidarietà che vengono pagati dagli stessi lavoratori; se tutto va male la commessa viene delocalizzata e delle multinazionali si perde ogni traccia.

Questo è il sistema col quale si gestiscono le crisi nel settore dei call center, settore che oggi comprende 80 mila dipendenti impiegati in 160 aziende sparse sul territorio italiano, molte delle quali in crisi o in procinto di delocalizzare all’estero per aumentare i propri profitti a discapito dei salari dei lavoratori. Nel 2006 la circolare Damiano aveva stabilito anche per i call center il divieto di utilizzo dei contratti a progetto. Lo Stato ha introdotto incentivi per le aziende che trasformavano queste posizioni in contratti a tempo indeterminato con una serie di sgravi pieni al Sud. Ecco perché sono sorti come funghi call center nel Mezzogiorno e perché grossi benefattori come Alfonso Graziani si siano lanciati in progetti ambiziosi come la Infocontact.

Ora però gli incentivi sono in scadenza. In molte città, soprattutto al sud ma anche al nord, assistiamo al ritiro delle commesse di grosse multinazionali che davano lavoro a migliaia di lavoratori per i quali ormai l'unica via di uscita sarà il ricorso ai nuovi ammortizzatori sociali dell’era Renzi e Co. il lavoratore sarà totalmente in balia delle Agenzie per il Lavoro che disporranno del suo tempo e della sua totale disponibilità in cambio di pochi spiccioli. 

Chissà se il tour mondiale di Matteo Renzi  che si vanta delle nuove leggi italiane “che rendono moderno e competitivo il mercato del lavoro”, create ad uso e consumo delle imprese, che comporteranno salari da fame e licenziamenti facili per i lavoratori (non che prima fosse impossibile!) non colga nel segno e non convinca altri “benefattori” a restare: la storia di Sergio Marchionne insegna.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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