La NATO ha sessant’anni ma flirta con la UE
È divisa un po’ su tutto: sui tempi e le modalità di una sua ulteriore espansione ad est; sull’atteggiamento da assumere nei confronti di Russia, Cina ed Iran; sul programma di escalation militare dell’amministrazione Obama in Afghanistan e Pakistan; sui futuri piani di ammodernamento dei sistemi militari, ritenuti fortemente pregiudiziali per le industrie europee. Ma quando poi si decide d’intervenire e bombardare - così com’è stato nei Balcani o in Medio oriente - o d’intraprendere nuove avventure nucleari e spaziali, le frizioni interne scompaiono e si confermano unità d’intenti e di azione tra i paesi membri. Si presenta così
Dopo i massacri di civili in Kosovo, Serbia e Montenegro e la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan, la NATO aspira a penetrare in Pakistan e a seguire le avventure nel continente africano del nuovo comando delle forze armate USA “Africom”.
In Africa, l’alleanza militare, due piedi ce li ha messi già: unità militari NATO operano a sostegno dell’ambigua missione dell’Unione Africana in Darfur o nel pattugliamento delle coste somale in funzione anti - pirati.
“La NATO ha bisogno di adeguare le sue strategie alle nuove sfide”, ha dichiarato la prima ministra tedesca Angela Markel. “Dobbiamo sviluppare un nuovo concetto strategico a partire dal summit che si terrà il 3 e 4 aprile 2009, per dare risposta alle odierne e future minacce.
In quest’ottica la NATO ha bisogno di definire e rafforzare le sue relazioni con le organizzazioni partner, come le Nazioni Unite, l’Unione Africana e le organizzazioni non governative, e di cooperare più strettamente con l’Unione europea”.
Una NATO che sia sempre più “organismo politico” oltre che militare e che “proietti stabilità” in aree di crisi, “favorisca il dialogo, promuova la democrazia e contribuisca alla ricostruzione e al consolidamento istituzionale”, come aggiungono i massimi vertici dell’alleanza da Bruxelles.
Un’organizzazione dunque estremamente flessibile e capace di affrontare qualsivoglia minaccia che possa minare la “sicurezza” dei paesi membri e dei liberi mercati.
“Una possibile dissoluzione della zona euro, un grande evento speculativo nei circoli finanziari, potrebbero avere un impatto significativo sulla sicurezza e la difesa europea”. Fronteggiare queste minacce globali richiederà partenariati di vasta portata ed una forte sinergia tra la NATO e l’Unione Europea, conclude il centro di studi olandese.
La posta in gioco non permetterà né tentennamenti né astensioni di ogni sorta. Per questo a Bruxelles si lavora per emendare la Carta costitutiva dell’Alleanza Atlantica, che ha consentito sino ad oggi agli stati membri di dissociarsi dal partecipare alle guerre con cui si è in disaccordo.
Quello che è stato sino ad oggi un fidanzamento, il 4 aprile 2009 si trasformerà in vero e proprio matrimonio. Ospiti d’onore, gli alti comandi di Washington e Bruxelles e buona parte dei capi di stato dei 27 paesi dell’Unione, 21 dei quali fanno già parte della NATO, mentre cinque dei sei che ne restano fuori (Austria, Finlandia, Irlanda, Malta e Svezia) sono membri del programma “Partneriato per la Pace” dell’Alleanza Atlantica.
“La NATO e l’Unione europea dovrebbero focalizzarsi sul rafforzamento delle loro capacità fondamentali, sull’incremento dell’interoperabilità e sul coordinamento di dottrina, pianificazione, tecnologie, equipaggiamento e addestramento”, scrive su Nato Review, Adrian Pop, docente della National School for Political Studies di Bucarest, Romania.
Per il professor Pop, la cooperazione NATO-UE, deve divenire “la spina dorsale di una forte comunità euro - atlantica”, per “combattere il crimine organizzato, il traffico di droga, delle armi leggere e di piccolo calibro, come pure quello di esseri umani”.
Nel febbraio 2001, al culmine del conflitto scoppiato nell’ex repubblica jugoslava di Macedonia tra la comunità albanese e le forze di sicurezza interne, furono proprio la NATO e l’Unione a coordinare i negoziati tra le parti che sei mesi più tardi sfociarono nell’accordo di Ohrid.
Contemporaneamente la NATO avviò una vasta operazione per disarmare gli insorti albanesi che si protrasse sino al marzo 2003, quando le truppe dell’alleanza militare furono sostituite da una task force battente bandiera UE (“Operazione Concordia”). A Skopje continuò ad operare un piccolo quartier generale della NATO per assistere le autorità macedoni e i militari dell’Unione.
Lo stesso sta accadendo in questi ultimi mesi nel Kosovo tutt’altro che pacificato: la Kosovo Force (KFOR), la sola autorizzata dalle Nazioni Unite con la risoluzione 1244 del 1999, sta trasferendo il comando delle fallimentari operazioni di controllo del territorio alla missione europea denominata EULEX.
Altra area geografica dove NATO ed UE fanno coppia fissa e si scambiano le flotte armate è il Golfo di Aden, nell’ambito della crociata mondiale contro i pirati che minacciano mercantili e petroliere (per la task force “EUNAVFOR Atalanta”, si tratta del primo intervento “out-of-area” dell’Unione).
Nel novembre 2006 la Commissione europea ha approvato 10,6 milioni di euro per favorire la distribuzione in Afghanistan di “servizi e una migliorata governabilità attraverso i Gruppi di ricostruzione provinciale (PRT), guidati dalla NATO”.
Analoghe forme collaborative starebbero per essere avviate in Iraq, paese dove la NATO è l’attore principale nella gestione dei “programmi di formazione” delle nuove forze armate locali, avvalendosi in particolare del “Defence College” di Roma.
La NATO Response Force (NRF) - con più di 25.000 uomini appartenenti alle forze terrestri, di mare e aree dell’Alleanza - è stata attivata per la prima volta a fine 2005 per intervenire “umanitariamente” in Pakistan dopo un violento terremoto.
Nell’estate 2006, davanti agli osservatori di mezzo mondo, la NRF ha realizzato la prima grande esercitazione di dispiegamento a Capo Verde (Africa occidentale). Oggi uno dei suoi maggiori centri operativi funziona da Solbiate Olona (Varese).
Il primo passo sarà quello di standardizzare tecnologie e apparati di guerra di NATO e UE, tema all’ordine del giorno del summit di Strasburgo che però potrebbe causare nuove tensioni tra gli Stati partners.
Un’insanabile frattura si è consumata in ambito NATO solo qualche mese fa con la scelta d’insediare nella base siciliana di Sigonella, il centro di comando AGS (Alliance Ground Surveillance), il nuovo sistema di sorveglianza terrestre alleato che, per imposizione di Washington, vedrà l’utilizzo di aerei senza pilota Global Hawk di esclusiva produzione USA.
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