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La Meritocrazia di Ieri, di Oggi e di Domani

Roger Abravanel, un italiano di formazione anglosassone, in un libro sicuramente polivalente (Meritocrazia, Garzanti, 2008), ci racconta la nascita del concetto di Meritocrazia e la sua azione “politica”, iniziando dall’opera di Michael Young nel Regno Unito, per poi arrivare ai giorni nostri descrivendo gli enormi sviluppi socioeconomici che quest’idea ha portato nel continente americano grazie alle Università, alle Multinazionali e alle Società di Consulenza.

Spaziando dalla Francia a Singapore, presenta una serie di esperienze pilota nelle aziende, nella pubblica amministrazione, nei sistemi educativi e nelle organizzazioni militari. Questa puntuale analisi e quattro proposte concrete ci consentono di andare oltre le tradizionali denunce contro il sistema delle raccomandazioni e le vaghe dichiarazione dei politici a favore del merito, e restituiscono ai consumatori, ai cittadini, alle donne e ai giovani un ruolo centrale e nuove opportunità (per un’analisi del ruolo femminile nel business si può visionare il sito www.catalyst.org).

Prima dell’avvento della meritocrazia l’anzianità godeva di uno splendido vantaggio: quello di essere misurabile. Quindi anche il merito deve essere misurato perché la vaghezza della sua misura porta al suo rifiuto (Michael Young). Un altro problema da considerare è che la mediocrità non significa solo intelligenza media, ma significa soprattutto intelligenza media che si oppone e invidia chi è migliore (Ayn Rand). Ma essere meritevoli non significa solo e necessariamente essere i più intelligenti. Bisogna avere molte altre caratteristiche, come l’abilità di trattare e negoziare con le persone, di saper conquistarne la fiducia e di creare opportunità per tutti, non solo per se stessi. Anzi, il merito morale è il primo pilastro su cui si regge il castello del merito “razionale” in tutte le società meritocratiche. Infatti in Italia, dove chi sbaglia non paga e chi merita non viene premiato, non c’è meritocrazia: c’è solo sfiducia per tutti e per tutto. Per fortuna alcune isole di meritocrazia esistono anche in Italia e Abravanel cita alcuni esempi privati e pubblici: Luxottica, Unicredit, Premio Nazionale per l’innovazione, Tribunale di Torino (che ha posto un limite alle trattative in corso tra gli avvocati delle due parti, che, essendo retribuiti dal nostro sistema giudiziario a tempo, non hanno quindi nessun interesse a ridurre i tempi dei processi), ecc. Comunque il permanere dello stato di estrema carenza di Meritocrazia e della presenza dell’atavico “familismo amorale” (E. C. Banfield, 1976) nella società italiana, che privilegia la consanguineità, l’età e l’opportunismo affaristico privato e familiare (e spesso illegale), come nelle primitive tribù nomadi e contadine, condannerebbe senz’appello l’Italia ad almeno due generazioni di miserie morali, intellettuali ed economiche.

E per riflettere sull’attuale e patetico caos sociale italiano, ripieno di snobismo culturale, perdonismo burocratico catto-comunista, paraculismo, ignoranza, incapacità, inciviltà, tristezza e paura, cito alcuni aforismi molto significativi: “Coloro che si vantano dei propri antenati pubblicizzano la propria insignificanza” (Benjamin Franklin); la paura priva la mente del suo potere di agire e ragionare (Edmund Burke); “Il mondo è quel disastro che vedete non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare” (Albert Einstein), “Ho già tante difficoltà a prendere le decisioni giuste che non devo provare anche a essere buono” (Primo Ministro Inglese dell’Ottocento), “La luce del sole è il migliore dei disinfettanti” (Louis Brandeis, Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1914).

P.S. Segnalo alle donne e agli uomini di buona volontà, che stiamo retrocedendo anche dalla zona retrocessione della competitività: l’Italia è all’84° posto del Global Competitiveness Report (www.gcr.weforum.org).

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