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La Corte Suprema Usa istituzionalizza le preghiere

“Una di­sfat­ta per la neu­tra­li­tà re­li­gio­sa”. È sta­to que­sto il la­pi­da­rio com­men­to del New York Ti­mes alla no­ti­zia che la Cor­te Su­pre­ma ha le­git­ti­ma­to le pre­ghie­re in aper­tu­ra del­le se­du­te di un con­si­glio co­mu­na­le. In ef­fet­ti, quel­lo che Tho­mas Jef­fer­son de­fi­ni­va “il muro di se­pa­ra­zio­ne tra Sta­to e Chie­sa” è sta­to pic­co­na­to non poco da una de­ci­sio­ne pa­le­se­men­te cle­ri­ca­le.

La vi­cen­da ruo­ta in­tor­no a una pra­ti­ca in­val­sa a Gree­ce, una cit­ta­di­na del­lo Sta­to di New York, dove da una doz­zi­na di anni i con­si­gli co­mu­na­li sono pre­ce­du­ti da un’o­ra­zio­ne, ov­via­men­te cri­stia­na. Due cit­ta­di­ne, un’e­brea e un’a­tea, han­no pre­sen­ta­to ri­cor­so, e il caso è ar­ri­va­to fino alla Cor­te Su­pre­ma. Che, con un voto di stret­ta mi­su­ra (cin­que con­tro quat­tro), ha sta­bi­li­to che tali pre­ghie­re non vio­la­no il Pri­mo emen­da­men­to, quel­lo che im­pe­di­sce di in­tro­dur­re una re­li­gio­ne di Sta­to. Se le pre­ghie­re sono cri­stia­ne tut­ta­via de fac­to una re­li­gio­ne as­su­me ran­go isti­tu­zio­na­le, a di­sca­pi­to di tut­te le al­tre e di chi non ne pro­fes­sa al­cu­na. Come giu­sti­fi­ca­re la de­ci­sio­ne?

Ri­spol­ve­ran­do una vec­chia e fal­la­ce ar­go­men­ta­zio­ne: quel­la del­la tra­di­zio­ne. È in­fat­ti in que­sto modo che il re­la­to­re An­tho­ny Ken­ne­dy (cat­to­li­co) ha mo­ti­va­to la sen­ten­za. Ag­giun­gen­do la de­ri­so­ria con­sta­ta­zio­ne che, a ben ve­de­re, non si trat­ta af­fat­to di una di­scri­mi­na­zio­ne dei non cre­den­ti, ma sol­tan­to del “ri­co­no­sci­men­to del­la lea­der­ship re­li­gio­sa”: le pre­ghie­re po­treb­be­ro del re­sto non es­se­re ri­stret­te alla sola fede cri­stia­na. Di pa­re­re op­po­sto l’al­tro giu­di­ce Ele­na Ka­gan (ebrea) che ha ba­nal­men­te con­sta­ta­to come, in tal modo, si vio­la l’e­gua­glian­za tra i cit­ta­di­ni. Le con­fes­sio­ni di mi­no­ran­za e le or­ga­niz­za­zio­ni di non cre­den­ti han­no na­tu­ral­men­te cri­ti­ca­to la sen­ten­za, sa­lu­ta­ta in­ve­ce con en­tu­sia­smo da qua­si tut­te le Chie­se cri­stia­ne.

La lon­ga ma­nus va­ti­ca­na pro­du­ce dun­que Ol­treo­cea­no gli stes­si ef­fet­ti che han­no ge­ne­ra­to le sen­ten­ze ita­lia­ne sul cro­ci­fis­so, giu­sti­fi­ca­te con la stes­sa iden­ti­ca mo­ti­va­zio­ne — la tra­di­zio­ne. No­no­stan­te l’im­pe­tuo­sa cre­sci­ta dei non ap­par­te­nen­ti, or­mai un quin­to del­la po­po­la­zio­ne sta­tu­ni­ten­se, le di­scri­mi­na­zio­ni del pas­sa­to giu­sti­fi­ca­no le di­scri­mi­na­zio­ni del pre­sen­te e si pon­go­no come pre­mes­sa di quel­le del fu­tu­ro, per­met­ten­do a una sola re­li­gio­ne di con­ti­nua­re a mar­ca­re il ter­ri­to­rio come e più di pri­ma. Non sem­bra­no cam­bia­te mol­to le stra­te­gie di dif­fu­sio­ne del cri­stia­ne­si­mo, da Co­stan­ti­no in poi. Va det­to che, ne­gli Usa, la re­li­gio­ne è sem­pre sta­ta, in sen­so ge­ne­ra­le, pre­do­mi­nan­te sul­la non cre­den­za, tan­to che sono nu­me­ro­se le leg­gi an­ti-atee, il mot­to uf­fi­cia­le del­la na­zio­ne (In God We Tru­st) te­sti­mo­nia la fede in Dio per­si­no su­gli stes­si dol­la­ri, e la stes­sa am­mi­ni­stra­zio­ne Oba­ma ha crea­to un uf­fi­cio per rap­por­tar­si con le co­mu­ni­tà di fede. De­ci­sio­ni di que­sto tipo non sono tut­ta­via sor­pren­den­ti an­che in con­si­de­ra­zio­ne del­la com­po­si­zio­ne del­la Cor­te. Vi è al mo­men­to una mag­gio­ran­za as­so­lu­ta di giu­di­ci no­mi­na­ti da presi­denti re­pub­bli­ca­ni: cin­que su nove, pro­prio quel­li che han­no vo­ta­to per la le­git­ti­mi­tà del­le pre­ghie­re. Cin­que giu­di­ci che sono an­che cat­to­li­ci.

 

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