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La Cina ansima, la Russia perde gas

E’ del 22 luglio scorso la notizia che Russia e Cina sarebbero finite in stallo nei colloqui per la realizzazione del secondo gasdotto che dovrebbe rifornire i cinesi di gas russo. Gli accordi di maggio 2014 tra i due paesi hanno dato il via libera alla realizzazione della pipeline Power of Siberia, una direttrice orientale che a regime, cioè dal 2019, dovrebbe fornire alla Cina 38 miliardi di metri cubi di gas e che costerà a Pechino 400 miliardi di dollari.

I colloqui per il gasdotto gemello, di direttrice occidentale e di capacità pari a 30 miliardi di metri cubi annui, sono finiti su un binario morto, e la notizia è filtrata due giorni fa.

I motivi sono soprattutto di due ordini. Il primo è il forte rallentamento dell’economia cinese. Nel 2013, i consumi di gas da parte dei cinesi sono cresciuti del 12-13%, per poi frenare nel 2014 a +8,5% ed impiantarsi nel primo semestre di quest’anno a +2%. Al contempo, la caduta dei prezzi del greggio rende più conveniente l’acquisto di gas naturale liquefatto da fornitori terzi, ad esempio l’Australia. Il secondo motivo è la richiesta di Gazprom di fornire un pacchetto chiavi in mano, costruzione del gasdotto e fornitura di gas. Le autorità cinesi, per contro, vogliono spacchettare il progetto ed indire gare competitive per il gasdotto. Che sui russi ha lo stesso effetto di un raggio di sole su un vampiro, visto che il bundling è lo stile di vita di Gazprom, dietro e dentro il quale si cela di tutto.

Il tentativo russo di diversificare verso oriente le proprie forniture di gas subisce quindi una importante battuta d’arresto, in attesa di tempi migliori. A settembre Putin sarà in visita ufficiale in Cina, ed in quella circostanza si capirà se esistono margini per riattivare l’accordo su basi differenti. A monte di tutto, la visione della Cina come una sorta di ricco zio un po’ sciroccato, sempre pronto a metter mano al portafoglio, si conferma particolarmente naïf. L’economia resta sempre il maggior bastone conficcato tra i sogni di gloria degli stati. E comunque, c’è un prezzo per ogni cosa.

Addendum – Nel frattempo, i filorussi del Sud Ossezia, pseudo-stato che Mosca ha escisso dalla Georgia dopo la guerra del 2008, estendono la zona-cuscinetto ed includono una porzione di territorio dove transita per circa un miglio la pipeline petrolifera Baku-Supsa. Lo stile è inconfondibile, non trovate?

 

Foto: James Vaughan/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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