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La Chiesa al bivio: riforma o controriforma?

Vari segnali indicano che, col pontificato di Francesco, è iniziato il rinnovamento della Chiesa, ma è improbabile che avvenga la “rivoluzione” auspicata da molti fedeli.

Il 13 marzo scorso il cardinale Jorge Mario Bergoglio è stato eletto – a sorpresa – 266° pontefice della Chiesa cattolica, sconfiggendo i favoriti Angelo Scola e Odilo Pedro Scherer. Il conclave ha preferito un gesuita, morigerato nei modi e sensibile alle istanze popolari, anziché un ciellino in odore di berlusconismo o un dirigente del discreditato Istituto per le opere di religione, quasi a voler rimarcare l’intenzione di voltare pagina, dopo i controversi anni del pontificato di Joseph Ratzinger.

Francesco si è segnalato subito per lo stile diverso, in sintonia con la sua tempra di gesuita: ha scelto il nome pontificale in onore di san Francesco d’Assisi; non ha indossato la toga di ermellino, le lussuose scarpe rosse, la croce e l’anello d’oro; si è rivolto con semplicità ai fedeli accorsi in piazza San Pietro; non è salito sull’auto solenne (targata SCV1) per rientrare alla Domus Sanctae Marthae (l’albergo cardinalizio), ma ha preso un pullman. Bergoglio, inoltre, ha ricevuto in piedi i cardinali che lo hanno omaggiato nella Cappella Sistina, senza insediarsi sul trono; ha celebrato la Missa pro Ecclesia con l’altare rivolto non più verso il muro, ma verso i fedeli; ha pagato il conto alla Domus Internationalis Paulus VI, la fondazione presso cui ha soggiornato prima del conclave; ha scacciato dalla basilica di Santa Maria Maggiore il cardinale Bernard Francis Law, accusato di aver coperto i preti pedofili di Boston.

Si tratta di segnali inequivocabili, che fanno ben sperare i fedeli attenti alle questioni morali e sociali (cfr. Giuseppe Frangi, Storia di Bergoglio. La sua chiesa è nelle strade, in www.vita.it). Tuttavia, non ci sembra che Francesco abbia davvero intenzione di realizzare la “rivoluzione” agognata da alcune frange progressiste del mondo cattolico, di cui è portavoce don Andrea Gallo: da cardinale è stato sempre contrario alla teologia della liberazione, nonché restio a concessioni in materia di divorzio, aborto, celibato dei preti, sacerdozio femminile e matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il nuovo papa, comunque, dovrà rilanciare l’immagine del Vaticano tra i poveri, ponendo fine al connubio tra finanza e altare che ha segnato la storia più recente della Chiesa, anche se difficilmente diventerà l’apostolo di un cristianesimo autenticamente francescano.

Molto controversa è la vicenda dei rapporti intercorsi tra Bergoglio e i militari argentini negli anni della dittaturaAdolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la pace, ha scagionato il Santo Padre da ogni addebito e, in un’intervista rilasciata alla bbc, ha affermato quanto segue: «Ci furono vescovi complici della dittatura, ma Bergoglio no». Di parere opposto è il giornalista Horacio Verbitsky, che, in un’intervista pubblicata su Il Fatto Quotidiano del 18 marzo 2013, ha ribadito le accuse, apostrofando severamente la politica del nuovo capo della Chiesa: «Populismo conservatore, imprescindibile per sbiancare i sepolcri vaticani, aperti per il riciclaggio del denaro, la pedofilia e la lotta tra fazioni».

Un compito non semplice attende, dunque, Francesco, chiamato a ridare credibilità al Vaticano, infangato da una serie scandali e dilaniato dalla rivalità tra Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Vedremo se il suo pontificato riformerà davvero la Chiesa o si limiterà a misure moralizzatrici di stampo “controriformistico”.

Foto

Francesco I durante la conferenza stampa del 16 marzo 2013

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