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La Cgil manifesta e compatta l’Italia oltre le rivendicazioni sindacali: “Il futuro è dei giovani e del lavoro

E’ gremita di gente la piazza che anima i due cortei che si muovono a Roma da piazzale dei Partigiani e piazza della Repubblica per ritrovarsi a piazza San Giovanni in Laterano, ed è impossibile quantificare per numeri e contenuti i Km di dissenso che la Cgil, il più grande sindacato italiano, ha portato, dai tetti alle piazze per la manifestazione nazionale del 27 novembre. “Il futuro è dei giovani e del lavoro, non è solo il titolo della manifestazione, è il nostro fare, è il nostro impegno”, così Susanna Camusso, neoeletta alla segreteria nazionale della Cgil, parla alla piazza in uno dei momenti più difficili del conflitto sociale per il nostro paese. Dalla Sicilia alla Val d’Aosta gli striscioni rappresentano il volto di un paese che non è ripiegato su se stesso, studenti, precari e lavoratori della conoscenza, cassintegrati, disoccupati, metalmeccanici, migranti, pensionati e tanti altri in fermento chiedono un’agenda politica che abbia al centro il lavoro e non gli equilibrismi di una maggioranza disgregata e allo sbando.

Diversi i punti al centro della piattaforma che ha portato il sindacato in piazza. "Un lavoro stabile e dignitoso - spiega la confederazione di Corso d’Italia -, minacciato ancor di più oggi dall'approvazione del “collegato lavoro”; la riforma degli ammortizzatori sociali, oggetto di una proposta dalla Cgil, che possa tenere insieme inclusività, equità nella contribuzione e sostenibilità economica; il rinnovo dei contratti e la contrattazione, che sta “subendo un gravissimo attacco con le scelte della Fiat, di Federmeccanica e del Governo". Nell’agenda politica del sindacato il tentativo di riconquistare un’idea di futuro, nel quale giovani e lavoro abbiano la giusta centralità delle politiche economiche e sociali. Mai come adesso l’urgenza della sfida è ridisegnare un sistema di welfare e di servizi pubblici inclusivo, solidale, equo, democratico.

Molti i giovani e gli studenti in piazza. Le settimane che hanno preceduto la manifestazione hanno ben rappresentato nelle piazze d’Italia la consapevolezza che i giovani si ribellano ad un paese che non gli consegna un futuro dignitoso, sono gli stessi studenti che hanno occupato le scuole e gli atenei della capitale ad esprimere il dissenso che deriva dalla distruzione della scuola pubblica, dell’università e della ricerca come emerge dalla controriforma Gelmini. Sono uniti nella lotta e nelle speranze, si ribellano al paese reale che la politica e la crisi globale gli sta consegnando e sfilano insieme a tutte le categorie, insieme ai pensionati o i loro genitori colpiti dalla cassa integrazione, ai migranti, ai precari, a chi non avrà mai una pensione, a chi vive nell’indigenza, ai senza casa.

In questo clima complessivo è difficile comprendere come la ministra del più discusso Ddl non abbia capito il perché la società intera si è compattata, e ancor di più risuonano amare le sue dichiarazioni a commento di questo 27 novembre: “francamente vedere gli studenti, i giovani manifestare a fianco dei pensionati mi fa uno strano effetto”, ancor peggio qualche giorno prima: “giovani strumentalizzati dai centri sociali e dai baroni”. Parole vuote che accostano simmetrie diverse dello stare al mondo e che mortificano l’idea che le cose possano cambiare, chè i punti di vista sono preziosissimi perché molteplici e non possiamo non farci i conti. È per questo, ministra, che i giovani scendono in piazza, è per cambiare un’idea di società, e lo fanno con i propri padri, le proprie madri e i propri nonni, perché i tagli al futuro fanno davvero uno “strano effetto”.

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