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La Banda della Magliana: il legame coi servizi segreti e i "neri"

La Banda della Magliana deve il nome al quartiere romano di alcuni dei suoi esponenti, ma, in realtà, si trattò dell’aggregazione di diverse bande di quartiere. Sino alla metà degli anni settanta, la criminalità romana era dedita a piccoli traffici (prostituzione, furti, rapine, usura), mentre i grandi affari (droga, sequestri di persona ecc.), era in mano ai clan siciliani ed ai marsigliesi di Allbert Bergamelli e Jacques Berenguer (legati alla P2). Quando, nel 1976, essi vennero arrestati, Francesco Giuseppucci, capo di una banda del Testaccio, pensò che la mala vita romana poteva fare il “salto di qualità”, assumendo direttamente la gestione dei grandi affari. Al primitivo nucleo di Giuseppucci, si aggiunsero man mano altri gruppi di Trastevere e Testaccio (Danilo Abbruciati ed Enrico De Pedis), del Tufello (Gianfranco Urbani), della Magliana (Maurizio Abbatino) di Ostia (Nicolino Selis) .

Il gruppo stabilì subito una rete di rapporti con le maggiori organizzazioni criminali: Selis con la Camorra, i testaccini con la Cosca di Stefano Bontade, Urbani con la N’drangheta e con la mafia catanese dei Santapaola. E tutti avevano rapporti stretti con il loro gemello milanese: il clan di Francis Turatello.

L’esordio della banda avvenne con il rapimento del duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere (novembre 1977): il riscatto miliardario fu pagato, ma il duca venne ugualmente ucciso. Si manifestava così la metamorfosi della malavita capitolina - sino a quel punto poco incline all’omicidio - in gangsterismo di tipo americano. L’assassinio di Franco Nicolini (ras delle scommesse all’ippodromo) chiarì al resto della malavita che chi voleva operare in qualsiasi ramo delle attività illegali nella Capitale doveva accettare la supremazia della “Magliana”. In meno di due anni la banda era padrona della città. Mai era accaduto prima che una organizzazione si fosse affermata in così breve tempo, quel che non si spiega solo con il ricorso alla violenza più brutale. E questo con un gruppo disomogeneo e poco numeroso: quando la polizia scoprì il suo deposito d’armi in uno scantinato del ministero della Sanità vi trovò di che armare poco più di una trentina di uomini. Per spiegare questo inedito exploit vanno considerati diversi altri fattori, primo fra tutti, la contiguità ai palazzi del potere.

Tutte le organizzazioni criminali, ad un certo punto della loro storia, hanno “scoperto” la politica, ma la banda della Magliana ci è nata dentro: la pratica antica dell’usura (e quella connessa della ricettazione), aveva creato un rapporto ”complice” con membri della nobiltà nera decaduti, con avidi collezionisti e notai poco scrupolosi, una rete di relazione che era l’ anticamera del “Palazzo”. C’erano poi i rapporti con l’estrema destra: Giuseppucci divenne subito il protettore dei Nar di Massimo Carminati e di Giusva Fioravanti (a loro volta legati alla P2) con i quali la Magliana ebbe costante scambio di favori. Ad esempio, i travellers chéque rapinati dai Nar presso la Chase Manhattan Bank vennero riciclati da Giuseppucci e, per gratitudine, secondo i pentiti Walter Sordi, Angelo Izzo e Cristiano Fioravanti, i Nar si prestarono ad eliminare Mino Pecorelli.

A cementare il rapporto fra Magliana e neri era anche il comune legame con i servizi segreti che il linguaggio politicamente corretto impone di chiamare “deviati”. Tramite fu il criminologo “nero” Aldo Semerari (P2 ed autorevole collaboratore dei servizi segreti) che offriva compiacenti perizie, in cambio dei servigi degli uomini della Magliana.

L’ombra della Magliana ha aleggiato in molti grandi misteri: Moro, Orlandi, strage di Bologna, Calvi, Varisco, Pecorelli, Cirillo ed in molti di questi la Magliana opererà parallelamente al cosiddetto “noto servizio” o, se preferite, "Sid Parallelo".

Ma durò poco la “vita felice” della Banda della Magliana che era un gruppo disomogeneo e recente, non aveva il retroterra sub culturale che le tre grandi mafie del nostro paese si erano formate in più di un secolo. Privo di questa risorsa il gruppo venne dilaniato da una feroce lotta interna e si disfece in breve. Più che probabilmente qualcosa esiste ancora, ma in forme assai più sommerse del passato.

Ma, forse, più che scrivere la storia di una organizzazione criminale, dovremmo scrivere la storia di una “struttura di servizio”.

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