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L’uomo e l’azienda

Quando settimana scorsa Steve Jobs scrisse la sua prima lettera alla comunità Apple annunciando il suo stato di salute, ognuno di noi fu - allo stesso tempo - sconcertato e rinfrancato sulle condizioni del capo di Apple. Una settimana dopo, però, è successa una cosa tanto grave quanto inaspettata: Apple non è più la Apple che conoscevamo.

Il vanto maggiore per l’azienda di Cupertino è l’affidabilità nei confronti dei clienti e dei media in generale. La policy è talmente trasparente che quando nasce un qualsiasi problema in un prodotto Apple, la società ne pubblica immediatamente i resoconti sul proprio sito; la stessa policy è così chiara che tutti i comunicati aziendali e finanziari vengono resi noti immediatamente corredati da fatti e prove nello stesso momento in cui vengono rilasciati alle autorità competenti. Quindi non si capisce nel modo più assoluto come un’azienda che si è sempre comportata in modo così bene, in un attimo, dall’oggi al domani, possa centellinare i comunicati stampa con le condizioni di salute del suo unico e possibile guru Steve Jobs.

Facciamo una differenza tra l’uomo Jobs e l’azienda Jobs. Sull’uomo non si discute, non è una macchina e quindi come tale non è privo di difetti, ma come azienda - perché Jobs è un’azienda: È la Apple - la sua condizione di salute non può, nel modo più assoluto, essere paragonata a qualsiasi malattia di qualsiasi essere vivente normale. Quindi questi continui tentennamenti sulla presenza o meno del Ceo in azienda non possono essere condivisi e rispettati, ne’ tantomeno capiti dalla comunità finanziaria mondiale.

Razionalità umana. Steve Jobs è malato, questo è quanto. Spiace dirlo, spiace saperlo, ma anche lui, come tutti noi, è soggetto alle imperizie della vita mortale. Da un immenso fastidio leggere di un così grande uomo, sapendolo malato (che sia nuovamente cancro non ci è ancora dato saperlo) soprattutto conoscendo le sue manie per il lavoro e la sua passione per tutto ciò che riguarda la mela. Da fastidio ma ce ne faremo una ragione come ne faremmo una ragione se si trattasse di un altro personaggio cha ha fatto grandi cose: è la vita, e la vita regala anche grandi dispiaceri. Proprio per questo continueremo ad andare avanti per la nostra strada, la vita andrà avanti lo stesso.

Razionalità societaria. Qui nascono i primi problemi. Apple si è sempre contraddistinta nei confronti delle altre società del settore quotate in borsa, proprio per il suo saper fare le cose in modo trasparente e democratico: qualsiasi novità, anomalia, o innovazione tecnologica (e sono tante) veniva immediatamente resa nota onde evitare panico sia in borsa che tra l’utenza. Pertanto, quando Apple ha deciso di pubblicare la prima lettera di Steve Jobs sulle sue (presunte) reali condizioni di salute, è stato sì un colpo da maestro manageriale, ma soprattutto ha reso noto le vicissitudini interne all’azienda. Come ha sempre fatto. La seconda lettera è stato uno shock! Nessuno si aspettava questa seconda lettera, men che meno i mercati finanziari, ma non se l’aspettavano principalmente per il basso distacco temporale tra l’una e l’altra.

È stato questa seconda missiva, più che le condizioni di salute di Jobs, a far reclamare la comunità mondiale della brutta piega in cui sta avviandosi la Apple. Tanto che, come riferisce AlleyInsider, possono essere già pronte azione legali negli States, onde evitare perdite agli investitori causati dalla mancata informazione, o perlomeno per la non completa informazione, sulle effettive condizioni di salute di Steve Jobs, perdite finora attestate attorno al 5%.
Ma come può una sola persona essere in grado di decidere le sorti di una società immensa come la Apple. Pensate alla Matrioška: tante bamboline di legno tutte uguali ma di diversa misura, che vanno a inserirsi una all’interno dell’altra fino a formare un’unica grande Matrioška denominata “Madre“. Adesso pensate alla Apple: un’azienda che fattura diverse centinaia di milioni di dollari, ma che fa capo ad un’unica persona che praticamente cura tutto - dalla progettazione alle campagne pubblicitarie ai modelli di vendita - e che questa persona, di colpo, per un qualsiasi motivo non potrà lavorare per mesi. Potremmo dire, o anche solo pensare se vogliamo, che l’azienda di cui stiamo parlando potrebbe - non sono certezze chiaramente -, e dico potrebbe, risentire di questo effetto domino che, per necessità o per natura, si abbatterà sulla sua strada.

Steve Jobs, uomo ovunque della mela morsicata, è assente giustificato. E questo è un fatto.
La Apple è plasmata in un tutt’uno col suo padre-fondatore adesso malato. E anche questo è un fatto.
Steve Jobs ha dato prova negli anni di essere un personaggio straordinario e visionario (sono sue creature la Next e la Pixar, di cui tutti ricordiamo i bellissimi cartoon) che da quando è tornato alle redini della società, è stato tutto un susseguirsi di successi e innovazioni a tutto campo (iPod, iPhone, MacBook, Mac OsX etc.). Altro fatto.
La Apple, di contro, negli anni bui dell’allontanamento di Jobs (dal 1985 al 1997) è andata pericolosamente sempre più in basso fino quasi al punto di crollare definitivamente, mentre poi, col ritorno in plancia di comando, Jobs l’ha riportata agli antichi fasti aggiungendo quel tocco magico che l’ha resa l’azienda innovatrice per antonomasia. Un fatto anche questo… purtroppo.

Apple è quotata in borsa, e le aziende quotate, come si sa, sono soggette agli umori del mercato. Allora perché centellinare le notizie?

Le domande dei media. Jim Goldman, giornalista della CNBC, ha scritto diverse missive alla segreteria di Jobs cercando argomentazioni alle confidenze di alcuni dipendenti - possessori di azioni della società - che si sentono preoccupati per questa continua assenza di informazioni e sulla cattiva gestione con i media. Ancora nessun commento dalla dirigenza. Il Wall Street Journal si chiede invece come farà la società Apple nel caso in cui dovrà andare avanti senza il suo fondatore. Saul Hansell di Bits del New York Times scrive: “l’inevitabile processo di riorganizzazione di tutta la struttura aziendale, il cambiamento della cultura decisionale e del modo in cui i dirigenti interagiscono fra loro comporta (…) una fase di incertezza che dà ragione a quanti, clienti e investitori, si fanno domande preoccupate sul futuro”.

È proprio questa la domanda: che farà Apple senza Steve Jobs? come andrà avanti? saprà riorganizzarsi ed essere innovativa allo stesso modo? ma soprattutto, come sta davvero Steve Jobs? La razionalità umana e quella finanziaria-societaria collimano perfettamente solo in questo punto. L’unica speranza che rimane è che Jobs si rimetta e continui a fare il suo lavoro come ha sempre fatto finora. Il resto sono solo congetture campate in aria: il Re non è ancora morto, e speriamo che continui a governare ancora per lungo tempo.

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