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"L’ultima rosa rossa" di Elena Martignon

L’ultima rosa rossa" è un giallo avvincente, con pennellate di thriller e di paranormale, così ben strutturato che si fa fatica a credere che si tratti dell’opera prima di un’esordiente. Elena Martignon congegna la trama curandola nei minimi particolari. All’interno della narrazione si susseguono capitoli che fanno capo a personaggi diversi, senza che questo disturbi il lettore, senza che gli si faccia perdere il filo.

 

Ai personaggi l’autrice regala il giusto spessore: sono credibili e “bucano il foglio”, come si dice in gergo, arrivando al lettore con tutta la forza delle loro passioni.

Sì, perché i protagonisti di questo giallo così ben congegnato sono animati da passioni primordiali: lussuria, gelosia, rabbia, paura, vendetta, ed è proprio in nome di queste che commettono i loro misfatti, fino a sopprimere le vite altrui, fino ad appropriarsi di ciò che non è di loro proprietà, fino a ergersi a giudici, violando ogni codice morale.

Ne “L’ultima rosa rossa” di straforo si accenna all’intoccabilità di certi politici che salgono al potere grazie ad alleanze molto discutibili e ci si interroga sui rapporti umani e su certi traumi che possono segnare l’esistenza di chi li subisce, finché non si ha il coraggio di affrontarli, per liberarsene in via definitiva, alleggerendo così il proprio carico e sentendosi finalmente degni di essere amati. Questo accade ad Anna, giovane donna dotata di facoltà paranormali che le consentono di prevedere il futuro imprimendo una svolta alle indagini della polizia. Elena Martignon, in maniera inusuale, la fa parlare in prima persona, ricorrendo nel resto della narrazione alla terza. Personalmente questa sua scelta non mi ha disturbato, anche se altri potrebbero criticarla adducendo come motivazione una scarsa omogeneità.

Allora questo romanzo non ha punti deboli?

Purtroppo sì. La consecutio temporum non viene rispettata; spesso i tempi e, a volte, anche i modi dei verbi si danno alla pazza gioia. Ci sono varie ripetizioni: all’interno di una stessa frase, si utilizzano sempre gli stessi termini. Non si ricorre ai sinonimi dove sarebbe necessario. Non mancano i refusi, anche se non sono frequentissimi.

Un vero peccato. Questa autrice, a mio avviso, potrebbe e dovrebbe puntare più in alto. Ne ha tutti i numeri.

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